di PIERGIORGIO MOLINARI
Cinquant’anni fa, nel 1972, scoppiava lo scandalo Watergate, che avrebbe poi costretto il presidente americano Richard Nixon alle dimissioni, primo e unico caso nella storia della presidenza USA. Qual era la terribile colpa di Nixon? Aver tentato di spiare il quartier generale del comitato nazionale democratico alla vigilia delle elezioni (in realtà Nixon ne fu informato solo a cose fatte, ma tant’è).
Da allora, ogni grave scandalo politico viene popolarmente bollato con l’estensione “gate” e Nixon – che pure come presidente repubblicano aveva prima districato l’America dalla catastrofica guerra del Vietnam voluta dai democratici, e poi riavvicinato la Cina e allentato le tensioni con l’Unione Sovietica – fu consegnato alla storia come la macchietta del politico disonesto, bugiardo e maneggione.
Bob Woodward e Carl Bernstein, i giornalisti del Washington Post che avevano condotto l’inchiesta giornalistica sullo scandalo Watergate, furono elevati a modello del giornalismo coraggioso sentinella della democrazia. La democraticissima Hollywood ci fece su anche un discreto film,Tutti gli uomini del presidente, nel quale i ruoli di Woodward e Bernstein sono interpretati – cosa piuttosto lusinghiera – rispettivamente da Robert Redford e Dustin Hoffman.
Mezzo secolo più tardi Biden, un presidente democratico con evidenti difficoltà cognitive collocato al potere attraverso un’elezione alquanto dubbia, il cui figlio tossicomane e debosciato risulta pesantemente coinvolto in società impegnate in oscure ricerche batteriologiche in Ucraina, impegna decine di miliardi di dollari per l’invio di armi al governo fantoccio ucraino, creato a suo tempo dal democratico Obama in combutta con l’allora segretario di Stato Hillary Clinton con il preciso obiettivo di indebolire la Russia. (Per inciso, i documenti che incastrano Hunter Biden, il figlio del presidente Biden, erano conservati in un laptop che Hunter stesso aveva dimenticato di ritirare dal negozio di elettronica dove l’aveva portato per una riparazione. Non solo tossicomane e debosciato, ma anche rimbambito come il padre, dunque).
Pochi giorni fa il campaign manager di Hillary Clinton ha inoltre ammesso di fronte a una giuria che tutto il Russiagate (notare il “-gate”), ossia l’inchiesta sulle presunte ingerenze russe nelle elezioni pResidenziali del 2016, è stata solo una gigantesca campagna di diffamazione orchestrata dalla stessa Clinton contro Donald Trump, e che Barak Obama, già premio nobel per la pace, ne era perfettamente informato.
Eppure, i giornalisti e i testimoni che per anni hanno cercato di parlare dei torbidi legami del clan Obama-Clinton-Biden con l’Ucraina o hanno dubitato della pompatissima inchiesta sul Russiagate sono stati silenziati, derisi, censurati ed emarginati, perdendo in qualche caso anche la vita in circostanze strane. E ora che tutto questo riemerge come un cadavere dalla palude, sono solo lacunose notizie svogliatamente riportate dai media accanto alle previsioni del tempo.
Lascio a voi i mordaci commenti: li ritengo superflui e comunque io non ne ho più voglia.
C’è poco da commentare, da voi in Italia non è che vada meglio, chi parla dell’affare D’Alema/Colombia? Per citarne uno.
In Italia va molto peggio, ma l’America è l’ultimo balurado della civiltà occidentale. Se anche lì cadranno nel sistema italiano, siamo fottuti.