Urne chiuse, verdetto stabilito. La Scozia resterà inglese. Non lascia molti spazi a dubbi e interpretazioni il risultato del referendum indipendentista, peccato. Peccato per loro che hanno perso l’occasione storica di far governare la Scozia dagli scozzesi. E peccato per noi in quanto un’eventuale indipendenza avrebbe rafforzato e tracciato il cammino anche per il Veneto.
Di sicuro gli scozzesi ci hanno dimostrato due cose però: la prima che è possibile decidere per il proprio destino. La seconda che l’incertezza può rovinare la festa organizzata nei migliori dei modi. Analizzando a caldo il voto infatti, notiamo come da una parte gli indecisi stimati tra il 6 e il 10% hanno alla fine votato no e come il fronte del Si non sia riuscito nell’intento di allargare ulteriormente la platea dei favorevoli rispetto al bacino elettorale dell’Snp.
Questi due fattori hanno a mio modo di vedere hanno segnato la sconfitta nel referendum scozzese. Realizzato ciò sorgono di conseguenza delle domande guardando l’indipendentismo di casa nostra: siamo sicuri che l’esito qua non sarebbe il medesimo? Possiamo dirci convinti che accelerare sul referendum senza un’adeguata preparazione della popolazione sia la scelta migliore? Nessuno discute infatti sull’urgenza dell’indipendenza: la nostra economia lacerata dallo Stato italiano è ben più penalizzata di quella scozzese e il nostro grado di autonomia pari a zero. In Scozia l’indipendentismo era al governo e ha goduto di coperture mediatiche negli ultimi 10 anni che noi non vediamo nemmeno con il binocolo. Ma nonostante tutto in questa situazione ideale, hanno perso. E hanno perso a mio avviso anche perché non hanno saputo rispondere a delle domande a cui gli scozzesi pretendevano una risposta: quale moneta avremo? Saremo in Europa o no? Avremo un nostro esercito? Ecc.
Domande a cui non si è potuto o voluto rispondere e che hanno fatto propendere gli indecisi verso lo status quo, migliorabile sicuramente ma meno rischioso di un salto nel buio. E lo stesso problema lo si riscontra in Veneto dove un’indipendentismo in affannosa ricerca di consensi referendari si dimentica che le persone che votano con il cuore non sono la maggioranza e che la gente vuole certezze e sapere esattamente cosa accadrà dopo. Senza sentirsi rispondere la solita sinfonia: “dopo l’indipendenza il popolo deciderà con referendum sui vari argomenti”, frase fatta e motivata dalla paura di prendere posizioni politiche chiare e dividere così i già divisi movimenti indipendentisti.
Indipendentisti che per inseguire la chimera di un “modello svizzero”, panacea di ogni male, si dimenticano forse che siamo in Veneto terra abitata da veneti e italiani che con la mentalità svizzera centrano ben poco.
Sono d’accordo sul fatto che l’indipendenza sia una cosa seria, non condivido il fatto che i veneti abbiano poco a che vedere con gli svizzeri. I ticinesi sono a tutti gli effetti dei lombardi e tra veneti e lombardi, nonostante qualche venetista feroce si stracci le vesti per sostenere il contrario, non ci sono grandi differenze.
anzi la prova provata che l’indipendenza sarebbe un bene è proprio riferirsi ai ticinesi, sono come noi, in tutto e per tutto, l’unica differenza però è che sono di là del confine: ecco spiegata l’unica differenza, ecco individuato l’unico elemento che impedisce a noi di esprimere tutto il nostro potenziale e di essere come loro.
i veneti parlano veneto, i ticinesi lombardo occidentalie, ma la mentalità è la stessa, lavoro, onestà, serietà, rispetto, ecc, ecc
Quindi, dovremmo votare per un Veneto indipendente nel quale il governo centrale decide tutto (adesione a euro, Europa, nato, ecc…)?
Un Veneto come una piccola Italia?
Mi tengo l’Italia tutta la vita piuttosto.
Totalmente d’accordo.