di MATTEO CORSINI
Mi capita non di rado di rimanere esterrefatto di fronte a certe sentenze non già nei primi due gradi di giudizio, ma perfino della Corte di Cassazione. Con la sentenza 7235 la Cassazione ha accolto il ricorso di un uomo a cui l’Inps aveva negato il diritto al percepimento dell’assegno sociale pur essendo in stato di bisogno, perché ciò era conseguenza di sue azioni volontarie.
Nello specifico, l’uomo aveva donato due immobili alla figlia, la quale, evidentemente, non intendeva farsi carico dell’aiuto al padre, nonostante fosse stata beneficiaria della donazione e in barba a quanto previsto dall’articolo 433 del Codice civile, che pure prevederebbe un dovere di solidarietà dei figli nei confronti dei genitori non autosufficienti.
Non è dato sapere se padre e figlia fossero d’accordo nel tenere questo comportamento. Fatto sta che la Cassazione, ribaltando la decisione della Corte d’Appello, ha sancito il diritto dell’uomo al percepimento dell’assegno sociale, perché la legge richiede solo lo stato di bisogno e non un’indigenza incolpevole.
La Corte d’Appello, a mio parere con buon senso, aveva negato il diritto perché lo stato di necessità era una conseguenza di un’azione volontaria compiuta dall’uomo, che avrebbe potuto ottenere un reddito da quegli immobili se non li avesse donati alla figlia, affittandoli o vendendoli. Invece saranno i pagatori di tasse a farsi carico delle conseguenze (in)intenzionali di quella donazione. Ora, se la decisione della Cassazione fosse ritenuta una ineccepibile interpretazione della normativa vigente, vorrebbe dire che quella stessa normativa (la Corte ha richiamato perfino la Costituzione) è palesemente in contrasto con la realtà.
Lo si può dedurre, a parte ogni richiamo al buon senso, pensando a estendere a una moltitudine di casi quello in questione. Evidentemente non ci sarebbero abbastanza risorse per generalizzare questa sentenza. E per quanto si possa blaterare di “costituzione più bella del mondo” e amenità simili, la realtà non cambia.
Frequentissime le donazioni immobiliari ai figli da parte di genitori che altrimenti sarebbero penalizzati perché gli immobili “fanno cumulo” e producono detrazione sulla pensione. A fronte di tale stratagemma, a sua volta, un’altra ingiustizia: a parità di contributi versati, il proprietario di immobili, rispetto al non proprietario, va “punito” (ovviamente per “solidarietà” verso il non proprietario).
Ricordo un anziano che si vantava con me di aver passato tutto ai figli e che così poteva usufruire dei biglietti gratuiti nei trasporti urbani del Comune. La sentenza si giustifica con la legge fisica della non compenetrabilità dei corpi. Mi spiego meglio: se in un cervello ci si cacciano dentro tanti principi di Diritto e Giustizia, poi non c’è da meravigliarsi se non ci sia più posto per il Buonsenso.