Il tentativo di dichiarare l’indipendenza è costato caro ai leader catalani: oltre cento anni di carcere. Il tribunale supremo di Madrid ha pubblicato la sentenza più attesa della storia spagnola. La mano dei giudici è stata molto dura, nonostante l’accusa più grave, quella della ribellione, sia stata esclusa, le pene sono molto alte. Per Oriol Junqueras, l’ex vicepresidente e leader di Esquerra Republicana, 13 anni di carcere. Tra i 12 e i 10 anni e mezzo agli ex “ministri” del governo di Carles Puigdemont, Jordi Turull, Josep Rull, Dolors Bassa, Joaquin Forn e Raul Romeva. Undici anni all’ex presidente del Parlamento Carme Forcadell. Nove anni ai leader della società civile indipendentista, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart.
Nel pomeriggio è arrivato il primo effetto immediato della sentenza: i giudici hanno riattivato la domanda di estradizione per Carles Puigdemont, attualmente in Belgio. La sentenza fornisce ora elementi concreti alla giustizia spagnola per inoltrare la richiesta. Si tratta però di una strada in salita. Il reato per cui sono stati condannati i leader indipendentisti, la sedizione, non esiste in quasi nessun altro codice penale europeo.
Cortei nelle strade
Appena radio, tv e siti web pubblicano le prime notizie sulla sentenza le strade della Catalogna si riempiono di persone. Concentrazioni spontanee che precedono una mobilitazione preparata da mesi, che durerà vari giorni e culminerà probabilmente venerdì prossimo con grandi manifestazioni a Barcellona.
Dopo la chiusura della linea delle metropolitana che collega l’aeroporto di Barcellona al centro della città, migliaia di manifestanti catalani hanno deciso di dirigersi a piedi verso lo scalo per protestare contro le sentenze di condanna di 12 leader catalani. Si tratta di una camminata di circa tre ore e mezza. Sul posto sono intervenute le forze di polizia che hanno caricato i manifestanti. Molti i disagi nei trasporti, compresa la cancellazione di diversi voli.
Le reazioni
Il premier è comparso alla Moncloa intorno a mezzogiorno per un discorso ufficiale. La sentenza, ha detto, «conferma il naufragio di un progetto politico». «Una volta emessa e pubblicata, la sentenza apre una fase nuova – ha aggiunto – Il governo della Spagna garantirà la convivenza e il rispetto della legalità democratica. Nessuno è al di sopra della legge, nessuno è giudicato per le sue idee». Il ministro delle infrastrutture José Luis Abalos ha spiegato che «la sentenza dimostra che la Spagna è uno stato di diritto che funziona» e chiarisce che «il governo non pensa a un indulto». Poco prima, sui social, Carles Puigdemont aveva commentato le condanne: «Cento anni di carcere in totale. Una barbarie. Ora più che mai, al vostro fianco e al fianco delle vostre famiglie. Bisogna reagire, come mai prima d’ora. Per il futuro dei nostri figli. Per la democrazia, Per l’Europa. Per la Catalogna», è il messaggio dell’ex premier catalano.
Il parlamento catalano si prepara a una seduta straordinaria, la maggioranza indipendentista vuole votare una mozione di solidarietà per quelli che chiama «i prigionieri politici». Il tribunale costituzionale spagnolo ha già avvisato la camera: non si possono superare i limiti della costituzione. Sono solo le prime schermaglie di una vicenda che si preannuncia infinita.
Il messaggio del Barcellona
Anche il Barcellona è sceso in campo, pubblicando un comunicato dal titolo «La prigione non è la soluzione». «La pena preventiva non ha aiutato a risolvere il conflitto, non lo farà la pena detentiva inflitta ora. La soluzione del conflitto in Catalogna deve arrivare esclusivamente dal dialogo politico», si legge nella nota diffusa sui social dal club di calcio. «La società esprime sostegno e solidarietà ai familiari delle persone private della loro libertà».
Purtroppo non fu voglia di indipendenza, ma solo un tentativo sordo di filiazione cedua socialista. E sembra non abbiano ancora compreso la lezione oltre a non aver compreso di cosa facciano difetto le loro legittime aspirazioni verso coloro che non son riusciti a convincere. Ripeteranno gli stessi errori. Un bel vantaggio per i veneti che si possono risparmiare sforzi di simili se capiscono cosa è mancato ai catalani.
Bene fecero gl’indipendentisti veneti a organizzare il loro referendum per l’INDIPENDENZA in tutta autonomia da personaggi in qualche modo legati alle strutture dello stato percorrendo una linea già collaudata altrove, e sicuramente più lunga nel raggiungere in maniera pacifica il formidabile risultato ottenuto. Vediamo infatti che il percorso al ribasso per l’autonomia di Zaia, governatore secondo procedure statalistiche e perciò con la possibilità anche di utilizzare fondi pubblici, non ha raggiunto nessun obiettivo se non la sua sicurezza e comunque prestigio personale, ma tutto è finito là… I Veneti però non dimenticano il clamoroso risultato per l’Indipendenza e…sanno attendere! Verrà il momento che a livello superiore, cioè Europeo, il problema sarà preso in carico, specie se altri popoli dell’Europa ora inglobati in “Stati” da cui vogliono secedere faranno emergere con forza il diritto di farlo, sempre in nome della diritto di esistere e rivendicare la propria identità storica.