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Indipendentisti: senza un’iniziativa che faccia paura allo stato, addio sogni di gloria

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di ALESSANDRO MORANDINI

disobbedienzaSi può finire per credere che le vicende che l’estate scorsa hanno interessato gli indipendentisti veneti, ed un decennio prima altri indimenticabili patrioti guidati dall’ideologo Bepin Segato che tutti su queste pagine ricordiamo e prima ancora il 1996; si può finire per credere che di quelle giornate, di quegli eventi, di quegli anni non sia rimasto più nulla.

Sarebbe molto triste dover ammettere una perdita di esperienza e di conoscenza così importante. Eppure gettando lo sguardo sul mondo indipendentista qualche timore è più che giustificato. E’ come se trent’anni di manifestazioni, di lotte, di errori, di ingenuità, di sacrifici, di fatiche e nessuna importante conclusione, avessero abituato il mondo indipendentista alla sconfitta; come se la sconfitta fosse ormai immaginata nel mondo indipendentista come l’approdo naturale di ogni iniziativa. Siamo indipendentisti e, quindi, destinati a cedere alla forza ed alle astuzie dello stato occupante.

E’ come se il mondo indipendentista, chiamato a ricostruire l’Europa, a sciogliere i vincoli che ancora oggi imprigionano persone e popoli tra le sbarre di quelle patrie galere a cielo aperto che sono gli stati unitari centralisti, non avesse imparato a conoscere il suo nemico. E questo è un peccato mortale.

Esci di casa ed un ladro ti ruba il portafoglio, che fai? Denunci, vai dallo stato italiano. Lavori per una vita e sui settanta pensi sia ora di smetterla, che fai? Vai dallo stato italiano a riscuotere la meritata pensione. Ti trovi con cinquecento ospiti indesiderati e delinquenti in ogni angolo del quartiere, che fai? Vai dallo stato e pretendi che lui, lo stato, innalzi un argine all’immigrazione clandestina. Non hai più un soldo in tasca a causa della crisi economica, non riesci più a lavorare, che fai? Ti arrabbi, vai dallo stato italiano perché deve risolvere questa insopportabile situazione. Sei intelligente, vuoi costruirti un futuro, che fai? Vai dallo stato italiano, che ti offre l’opportunità di allegare al curriculum un paio di lauree.

La dimensione del  nemico è gigantesca. Lo stato italiano occupa la vita quotidiana di ogni onesto cittadino, che viene abilmente imbrogliato, circuito, ed infine soggiogato: nel momento del bisogno si rivolge ad esso. E’ forse sventolando bandiere, infilando schede nelle urne, festeggiando vittorie finte che possiamo superarlo, convincerlo a trattare i popoli che lo abitano come sui pari? No. Sono tutte, queste elencate, iniziative utili, indispensabili, ma non sufficienti. Possiamo ringraziare mille volte chi guida i partiti, chi anima i movimenti, chi opera nelle istituzioni italiane perseguendo il fine indipendentista; ciascuno di noi, all’occasione, in vario modo, si mobilita e contribuisce. Ma la nostra storia,  la nostra consapevolezza, il nostro sapere è lì fermo a ricordarci che lo stato italiano è istituzione obbligatoria, fondata sul monopolio della violenza legittima. Monopolio a cui rinuncerà solo quando ammetterà i referendum secessionisti. Quindi mai.

L’istituzione degli indipendentismi padani, la libera composizione di cento e cento organizzazioni, grandi e piccole, venete e lombarde, triestine e tirolesi, piemontesi e friulane che rivendicano l’indipendenza dall’Italia rappresenta i desideri di milioni di persone. Milioni di persone che attendono, in cuor loro, di essere liberate. Attendono di essere liberate! Non stiamo parlando di milioni di guerrieri, di milioni di militanti, di milioni di indomiti libertari. La nostra storia, la nostra consapevolezza, il nostro sapere ci ricorda che, fino ad oggi, quando lo stato italiano ha sentito puzza di bruciato non ha esitato a spaventare le persone che erano lì, in attesa. Persone che il giorno dopo ci ringrazieranno, ma il giorno prima, intimorite, possono anche chiederci di smetterla e, ben cotti dalla propaganda e dalle minacce italiane, addirittura odiarci. I meccanismi psicologici attivati dalle guerre per l’indipendenza sono complessi, interessanti.

E allora stiamo qui a crogiolarci sui sondaggi, che danno un super Salvini ed una popolazione di indipendentisti diffusa, diffusissima da nord a sud. E invece dovremmo preoccuparci di capire dove e come esercitare quella forza, quel minimo di determinazione per la quale le bandiere, le rivendicazioni, i plebisciti, le proposte di legge e perfino i partiti politici non finiscono per contribuire alla pace sociale italiana, ovvero alla manifestazione di efficacia dello stato italiano, che tollera tutto ciò che non reca danno alla sua sovranità.

Sono passati quasi due anni dal 9 dicembre 2013. In quell’occasione il mondo indipendentista si trovò confuso con la peggio marmaglia italiana. In questi due anni ci sono stati il referendum scozzese, la guerra nel Donbass, la consultazione catalana, l’arresto dei patrioti Veneti ed altri fermenti sparpagliati in Europa. Si riesce a mettere in piedi un’iniziativa di indipendentisti, ben organizzata, non dico rivoluzionaria, ma almeno preoccupante per lo stato italiano, diffusa nelle città e nei territori che rivendicano libertà dallo stato? Un’iniziativa per tutti gli indipendentisti, dove ogni organizzazione si piglia il suo spazio e la sua responsabilità. O ci si deve accodare agli altri milioni di cittadini che in cuor loro ci sostengono, ed attendere il giorno di san mai più, quando i produttori finalmente si affrancheranno dal dominio dei parassiti rispettando le norme dello stato italiano?

 

 

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6 COMMENTS

  1. Una buona iniziativa per fare paura all’occupante italiano è lo sciopero fiscale.
    Di questi tempi sarebbe facile avere molte adesioni purché la cosa sia ben organizzata.
    Quindi:
    – stabilire data di inizio e continuazione fino a quando la pressione fiscale non scenderà ad un certo livello (tutta la pressione fiscale, quindi imposte dirette, indirette, patrimoniali, locali, varie come CCIAA, marche da bollo, ecc, improprie (multe stradali, tasse scolastiche, canone Rai)
    – assicurare assistenza fiscale e tributaria gratuita ai partecipanti
    – organizzare per bene la cosa

    Il risultato è semplice: senza soldi l’Italia fallisce e scompare dalle carte geografiche, se la pressione fiscale cala l’Italia fallisce e scompare dalle carte geografiche
    Occorre dire che si deve fare bene e senza divisioni o gente che si fa comperare, far aderire associazioni di categoria, deve essere generale, si devono prevedere sanzioni per i “crumiri”, organizzare una specie di milizia nel caso l’occupante provasse ad usare le maniere forti.

      • Credo che se si contattano gli artigiani e chiediamo loro di aderire lo farebbero, a quel punto si potrebbe creare una spaccatura: se i vertici si fanno comandare da Roma perdono gli iscritti, o partecipano oppure non conteranno più un tubo.
        Nella lettera agli artigiani si deve spiegare bene che se i vertici di categoria non partecipano possono benissimo creare un altra associazione di categoria, magari possiamo farlo noi…
        Stesso discorso per i commercianti e i piccoli e medi industriali.
        Ho sbagliato a scrivere: assicurare assistenza fiscale e legale.
        Anni fa la Lega ci provò con lo sciopero fiscale, ma poi tutti venivano lasciati da soli, se ricevevano multe e sanzioni dall’agenzia delle entrate dovevano vedersela da soli e a loro spese.
        Invece ci deve essere una spiegazione ben fatta sul come fare lo sciopero e i rischi che si corrono, Chiavegato aveva fatto qualcosa del genere tempo fa (non pagare, attendere la cartella, rateizzare, ecc)
        Chi non paga per più di 103.000 euro va nel penale, ecco perché occorrono gli avvocati, infine occorre spiegare ai pensionati, che ci metteranno contro, che se lo Stato non ha i soldi per pagare le loro pensioni la colpa non è di chi attua lo sciopero fiscale, i soldi ci sono basta partire dal vertice. Il quirinale costa 5 volte Buckingham Palace, deve scendere non al livello della Regina Elisabetta ma alla metà, vista la situazione economica, l’indebitamento ed i risultati.
        Stesso discorso per i parlamentari, gli Enti Locali, gli alti papaveri della pubblica amministrazione, pensioni d’oro dobbiamo dimostrare che i soldi ci sono basta che si taglino sprechi e privilegi e che anche con lo sciopero fiscale lo Stato, se vuole, può pagargli le pensioni ugualmente.

        • mi spiace Alessandro ma il problema non è tanto il quirinale o i politici, se tutti i politici in italia non costassero nulla risparmieremmo 4 miliardi, però la Padania a statuto ordinario ne perde ogni anno 100. Sicuramente mi farebbe piacere risparmiarne 4, ma il grosso del mio problema è dove finiscono gli altri 96!!!!!!!!!!!!!! Sto dicendo che il problema non è tanto ciò che prendono i politici, ma come spendono i soldi pubblici, ovvero il problema non sono gli sprechi, il problema è l’italia che per stare in piedi vuole i nostri 96 miliardi all’anno e ne dà 4 ai politici perchè lascino tutto come è adesso, insomma gli dà la loro fettina.

          • Quella del quirinale era la risposta all’eventuale domanda di come pagare le pensioni dei padani che hanno lavorato e versato i contributi durante lo sciopero fiscale, perché in quel periodo lo Stato non vedrebbe un becco di un quattrino, per lo meno dalle regioni padane.
            Il fine dello sciopero fiscale è spaventare l’occupante italiano, avere un arma per costringerlo a sedersi ad un tavolo per discutere non se l’indipendenza ci debba essere o meno, ma come fargli scucire i nostri soldi visto che diventiamo indipendenti.
            Lo sciopero fiscale è un arma semplice, non richiede eserciti di liberazione, pensionati e casalinghe padane che scendano in piazza a rischiare manganellate.
            Infine, ciliegina sulla torta, visto che di fronte avremo un Primo Ministro non votato e non eletto (Renzi) con un parlamento dichiarato illegale dalla Consulta per il porcellum, un Presidente (Napolitano) eletto da un parlamento illegale, anche noi non avremo bisogno di voti ed elezioni: basterà formare un governo provvisorio per discutere alla pari…

  2. ottimo articolo, in parte mi hai tolto le parole di bocca perchè pensavo di scrivere qualcosa di analogo. Il concetto di paura secondo me è fondamentale, su entrambi i fronti.

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