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Indipendenza: dovrebbe votare solo chi ha un legame identitario col territorio

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di GILBERTO ONETO

seggioDopo le analisi politiche del voto scozzese è il momento di fare anche considerazioni di ordine “tecnico” (in realtà  molto politiche, ma di altro genere). Una positiva e una negativa.

È positivamente stato ribadito con forza che a votare siano solo i territori interessati dalla richiesta di indipendenza. Sembra un principio scontato e storicamente lo è per i paesi civili: così è stato per la Norvegia fino alla Crimea e per molte  sistemazioni di frontiera successive  alla Grande Guerra, dove l’esito del voto nelle singole comunità locali aveva determinato il disegno delle nuove frontiere. Il principio non è però scontato in “certi posti”, come Spagna e – ovviamente – Italia, dove si sente sistematicamente ripetere che tutti i cittadini dello Stato devono decidere sul destino di una parte che eventualmente se ne vuole andare, aggrappandosi alla scusa che le cose si decidono tutti assieme. Balle! Per sposarsi si deve essere in due, per separarsi ne basta uno! Il conseguente corollario riguarda la definizione dei limiti geografici dell’area da sottoporre a referendum, utilizzando una ancora più maliziosa versione del gerrymandering (pratica di ritagliare i distretti elettorali nel sistema maggioritario per favorire i candidati di un partito) che metta assieme chi se ne vuole andare con robuste maggioranze di gente che vuole restare.  Il caso scozzese ha invece sanamente ribadito che vota solo la comunità che vuole l’applicazione dell’autodeterminazione.

Il fatto negativo è dato dal diritto di voto concesso anche a chi non è parte organica della comunità. Sui 5,3 milioni di scozzesi più di 880 mila sono immigrati di qualche tipo: ben 150mila i pakistani. Tutta gente che non ha legami identitari con la Scozia, che ha un debito con il Regno Unito o, addirittura, che teme per il permesso di soggiorno o altri vantaggi. La scelta “politicamente corretta” dello Scottish National  Party,  socialista, buonista e progressista, di far votare chiunque fosse presente (una suicida estensione dello “ius soli”) e di non fare esprimere gli scozzesi all’estero ha di fatto determinato la sconfitta del sì, avvenuta per 150.000 voti mancanti. Qualcosa di analogo era avvenuto anni fa nel Quebec, dove – si era detto – sarebbe stata la comunità italiana a votare per il mantenimento dell’unione, passato per una ridicola manciata di voti.  Non è sempre andata così: in Lettonia ed Estonia al referendum per l’indipendenza del 1991 hanno potuto votare solo quelli che potevano vantare legami famigliari locali prima del 1945. Così sono stati esclusi dal voto tutti i russi immigrati negli ultimi decenni che sono fra il 24% e il 30% della popolazione e che avrebbero potuto compromettere il progetto di libertà.

Non è una esasperazione dello “ius sanguinis” ma una opportuna misura per contrastare l’immigrazione intesa come strumento di oppressione. Riempire i territori soggetti di “coloni” è una vecchia abitudine spesso “perfezionata” in genocidio.  Lo Stato italiano è maestro in questo genere di “mutazione identitaria”: ne ha fatto largo uso in Sud Tirolo dove la popolazione italiana è passata dal 2,9% del 1910 al 34,3% del 1961 e non grazie a un prodigioso tasso di natalità. Identica cura è stata portata avanti con l’emigrazione meridionale in Padania dove, in alcune province, si sono raggiunte percentuali simili a quelle di Bolzano. Non è bastato: molti immigrati “nazionali” si sono padanizzati e hanno assunto posizioni autonomiste. Il processo di “italianizzazione” si è perciò perfezionato con l’invasione extracomunitaria che conta sulla inesistente volontà di integrazione di molte comunità per raggiungere un duplice obiettivo: compattare gli “italiani” smorzando le loro differenze a fronte di differenze più grandi, e crearsi una riserva di unitaristi  impermeabili a ogni richiamo di identitarismo padano. Cinesi o musulmani, ad esempio,  non voteranno mai a favore dell’indipendenza  perché hanno tutti i vantaggi a mantenere uno Stato italiano debole, permissivo, tremebondo da cui possono ricevere solo facili privilegi,  franchigie e impunità.

Se a tutti questi si aggiungono gli statali, parassiti e assistiti, e la inevitabile percentuale di pavidi, di ideologizzati e di ricattati, risulta piuttosto evidente che in Padania sia folle percorrere la via scozzese della concessione del voto sulla base della presenza sul territorio, e non già su quella di un ferreo legame identitario, che non è solo di sangue, ma di condivisione culturale e compartecipazione sociale vera. Solo chi da decenni lavora con noi, paga le tasse con noi e subisce le stesse vessazioni, parla come noi e intende costruire il suo stabile futuro qui in coerenza con il nostro modo di vivere potrà decidere per l’indipendenza. Parassiti, mascalzoni, nullafacenti e “coloni” italiani  non possono decidere del nostro destino.

 

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3 COMMENTS

  1. Chiunque abbia deciso di vivere qui ha ogni motivo per sottrarre sé stesso e i propri cari al ladrocinio dello stato coloniale italiano. I padanisti storici sono la vera ragione per la quale non c’è una coscienza indipendentista diffusa in Lombardia.

  2. Il fatto di campare grazie alle tasse estorte in un dato territorio costituisce legame sufficientement forte, con quel territorio?
    E il voto all’estero?! Non si possono mica ignorare i venti milioni – stima prudenziale, eh! – di figli di migranti lombardi che vivono in Lazio!
    Le quinte/seste generazioni, così ben integrate…
    Analogo discorso va fatto per il Veneto…
    Ehi, ma allora siamo sicuri che i fondi accantonati bastino? Va bene che è una votazione locale, però i “locali” chiamati alle urne saranno pur sempre trentacinque milioni…

  3. D’accordo al 100%!!!!! Faccio anche notare che se si guardano le foto degli scontri che si sono avuti tra unionisti e secessionisti in Scozia un giorno dopo l’esito del referendum, si notano nelle poche immagini disponibili che tra i contrari alla secessione ci sono parecchi extracomunitari, in particolare c’è una foto con 5 soggetti che sventolano la union jack o che la usano per nascondersi il visto e di questi almeno 3 sono evidentemente non scozzesi.

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