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Indipendenza, identità e desideri non si costruiscono in pochi anni

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padanismodi ALESSANDRO MORANDINI

Errori degli indipendentismi padani

Non è vero che nel nord Italia il desiderio indipendentista sia poco diffuso. E non è vero che nel nord dell’Italia le persone non possiedano quel senso di identità collettiva premessa del desiderio indipendentista. Politica e cultura in Italia hanno prodotto, nel corso della storia, una pluralità di identità territoriali, forse più che in ogni altro stato europeo. Identità e desiderio indipendentista non si costruiscono e non si distruggono in pochi decenni.

Spesso le organizzazioni spendono inutilmente le proprie risorse in operazioni finalizzate a cementare l’identità di questo o di quell’altro popolo. Queste iniziative sono originate da analisi sbagliate; per esempio dalla convinzione che tutto il popolo dovrebbe partecipare alle attività delle organizzazioni indipendentiste come partecipiamo noi; si imputa ad uno scarso senso di identità la scarsa partecipazione alle iniziative.

Iniziative altrettanto sbagliate possono dipendere dalle motivazioni prevalenti dei leader e dalla cieca fiducia dei seguaci delle piccole e delle grandi organizzazioni.

Confusione tra identità vera e identità di maniera.

Talvolta le organizzazioni politiche degli indipendentismi padani promuovono iniziative culturali, immaginando la cultura di un popolo come il complesso di tradizioni che devono essere protette dalla contaminazione di altre culture. Ma che razza di popolo è quello che pretende di difendere, usando le sue istituzioni, la propria cultura? La cultura non è, piuttosto, l’esito della creatività e dell’intelligenza degli individui? L’identità di un popolo è la replicazione manieristica di tradizioni da esporre a fini turistici o, piuttosto, l’insieme di comportamenti, di prodotti, di saperi, di norme sociali che qualificano e specificano la ricchezza, la singolarità del medesimo popolo? Istituzionalizzare significa organizzare, pianificare, sottrarre al popolo, cioè alla libera interazione tra individui che condividono un identico amore ed un identico senso di appartenenza ad un territorio, il potere creativo, la capacità di movimento, di invenzione, di ricerca delle soluzioni ai problemi che la vita offre.

La dimensione locale e l’omologazione culturale

STORIETRADIZIONIRelativamente al tema identitario anche nel mondo degli indipendentismi padani si possono osservare due diverse cognizione dell’identità “nazionale”: una che immagina la dimensione locale come luogo della difesa della cultura, un’altra che immagina la dimensione locale come creatrice di cultura. In entrambi i casi gli indipendentisti lamentano un gap di opportunità tra la produzione culturale locale e quella promossa dalle grandi istituzioni accentratrici, sia di carattere statale che privato-multinazionale. In entrambi i casi il problema è rappresentato dall’omologazione culturale. Si tratta di precisare a che cosa ci si riferisce.

Ovviamente il processo di diffusione della cultura e della produzione materiale che da essa deriva non può essere considerato un problema. La diffusione del sapere non può che assumere un valore positivo, perfino quando implica la morte di un popolo (nel senso della fine della sua identità) che, evidentemente, non aveva più nulla da offrire al sapere e, in special modo, all’originalità della produzione materiale. Il museo non può essere l’istituzione culturale di un popolo, semmai patrimonio dell’umanità intera.

Com’è facile intuire però, la produzione materiale di un popolo non è una questione esclusivamente tecnologica, casomai prevalentemente estetica. Perciò è praticamente impossibile che un popolo vivo non abbia più nulla da offrire.

Quando si parla di omologazione culturale non si può che far riferimento ad un processo di riduzione della produzione e della diffusione culturale, cioè della libera attività inventiva, creatrice, ricercatrice ed anche industriale (non è solo il prodotto ad esprimere un contenuto culturale, ma anche il modo in cui viene prodotto).

L’omologazione culturale è perciò un processo che ha bisogno di grandi istituzioni accentratrici, che attraverso il sistema di premi e sanzioni riducono le opportunità degli esclusi. Benché inizialmente orientate alla ricerca, all’invenzione, alla creatività, le grandi istituzioni culturali non di rado tradiscono in parte o completamente la mission originaria, qualora questa si riveli un ostacolo al proprio consolidamento o all’ingigantimento.

Ecco perché tanto l’indipendentismo che difende la cultura ereditata dal passato, quanto l’indipendentismo che promuove la cultura di un popolo per come questo si presenta oggi, si trovano a combattere la stessa battaglia di libertà dalle grandi istituzioni accentratrici; che sul piano delle scelte individuali corrisponde, in primo luogo, all’espressione della propria intelligenza ed al rifiuto di asservirla a fini che possono ridurre l’intelligenza altrui.

(9 – CONTINUA)

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