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Ingrao, il fascio-comunista schierato coi manganelli e i carri armati

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ingraodi ROMANO BRACALINI

Il compagno Pietro Ingrao compie cento anni, a dimostrazione che i rimorsi e gli errori di una vita sbagliata non sono di gran danno per la salute. Ma gli auguri che gli verranno dalla sua parte politica lo convinceranno d’aver servito la causa con coerenza e convinzione e probabilmente crederà di non aver nulla da farsi perdonare. Non fece ammenda nemmeno quando cadde il fascismo di cui era stato un solerte e appassionato seguace e stracciata la tessera del fascio prese quella del PCI, come fecero tanti camerati presto rigenerati nel PCI senza cambiare d’una virgola l’abito mentale e la vocazione totalitaria.

Ingrao che è nato nel 1915, aveva 19 anni quando partecipò alla prima edizione dei littoriali che si svolgevano a Firenze, in onore di Pavolini; Firenze città fascistissima aveva il più alto numero di aderenti al partito fascista. Pietro Ingrao, in divisa del GUF (Gruppi universitari fascisti), fez e stivaloni, si qualificò terzo in dottrina fascista con una poesia sulle paludi pontine,dal titolo “Coro per la nascita di una città”, che comincia così:

 E come cattedrale nella selva

 come isola trionfante sulle acque.

 Nuvole d’oro i frumenti.

Più tardi, a babbo morto, qualcuno ammise di essersi sbagliato o di essere stato frainteso, e divenne comunista senza rinnegare affatto il fascismo, che era una forma più efficace e moderna di socialismo. Ingrao non fece nemmeno finta di abiurare il fascismo, del resto erano troppo convinte e meditate queste parole, scritte da lui nel 1939, per poter credere che si fosse espresso male: “A noi hanno insegnato che il Fascismo si chiama rivoluzione e ci hanno incantato le parole di Mussolini che questa rivoluzione non era affatto chiusa.Toccava ai giovani continuarla…”.

La seconda edizione dei Littoriali si svolse a Roma nel 1935. Questa volta Ingrao va ancora meglio e nella composizione narrativa si aggiudica il secondo posto. Sappiamo poi come andarono le cose. Nel 1943 cade il fascismo e i cantori del fascismo fanno a gara nel rivendicare patenti di antifascismo primigenio. Ingrao è tra i più lesti. La parlata non è delle più brillanti, biascica la lingua infarcita di dialetto di Latina, nel basso Lazio, più Campania che Lazio.

Prudente, felpato; ma sempre dalla parte sbagliata. Nel 1956 è tra coloro (insieme a Napolitano) che approvarono l’invasione sovietica dell’Ungheria. Dal PCI escono Antonio Giolitti, Natalino Sapegno, Lucio Colletti, Renzo De Felice e altri. Togliatti, che ha applaudito all’invasione tacciando gli ungheresi di fascismo, premia i giovani a lui più fedeli: Nilde Jotti, Luciano Lama, Emanuele Macaluso, Alessandro Natta e Giorgio Napolitano che entrano nel nuovo Comitato Centrale. Mario Alicata entra in direzione e Pietro Ingrao alla segreteria. Sempre poco appariscente, con l’aureola del vecchio saggio, accettò di diventare direttore dell’Unità dal 1946 al 1957 dove non brillò essendo la sua prosa polverosa e inerte come la sua dizione.

Nel trambusto che seguì al crollo dell’Unione Sovietica non si sentì una sua parola di cordoglio per l’immane perdita. L’esperienza gli diceva che per tutte le cose c’è un principio e c’è una fine, com’era avvenuto col fascismo suo primo e mai smentito amore.

Ingrao è stato festeggiato perché non capita a tutti di raggiungere il traguardo del secolo dopo aver parteggiato nel secolo passato in tutti movimenti che, o con il manganello o con i carri armati, hanno sempre fatto strame della libertà dell’uomo.

Auguri al compagno Ingrao, camarade come dicono i francesi, che si traduce in compagno o camerata;e Ingrao, per non sbagliare, li ha adoperati tutti e due.

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6 COMMENTS

  1. Altro preclaro esempio di arcitaliano …
    La categoria del “rieccolo” di fanfaniana memoria (copyright Indro Montanelli)

  2. L’articolo che rievoca la “coerenza” di questi gentiluomini ad un certo momento tira in ballo, a ragion veduta, anche Pietro Ingrao.
    Un vecchio amico, tanti anni fa, mi raccontava di una serata “particolare” vissuta dalla sua famiglia.
    Il fascismo non era ancora caduto, ma non gli mancava ancora tanto tempo.
    In casa, racconta il mio amico, quella sera si respirava una strana aria di tensione.
    Il padre taciturno, la madre preoccupata guardava con occhi apprensivi il marito ed il figlio alternativamente.
    Alla fine la tensione venne rotta per lasciar posto ad un fatto che il mio amico Francesco non si sarebbe mai immaginato potesse accadere.
    La porta di casa venne abbattuta ed un gruppo di persone, salendo i gradini, a quattro a quattro, arrivarono nella cucina della casa dove i nostri soggiornavano.
    Erano i giovani del GUF (Giovani Universitari Fascisti) ed erano arrivati fin lì per una “spedizione punitiva”.
    A farla breve, riempirono di botte il padre e alla fine, come da copione lo obbligarono anche a bere l’olio di ricino.
    A pochi mesi da questa impresa, caduto il fascismo, il capo di questi infami picchiatori già girava per le piazze della sua regione per magnificare la democrazia.
    Questo mio amico, ancora ragazzo, non riusciva a spiegarsi questo rapido cambio di … (ideale?), ragion per cui prese a seguirlo per sbugiardarlo e rinfacciargli i suoi trascorsi “fascistissimi” e l’olio somministrato al padre.
    Il personaggio allora lo faceva picchiare dal “servizio d’ordine del partito”; quale partito? … indovinello !!!
    Nella breve distanza di pochi mesi il “personaggio” trovò il tempo, ed il “coraggio” di picchiare il padre, da fascista, perché critico con il quel regime e poi il figlio che lo criticava per questo incomprensibile e opportunistico cambio di casacca e la nuova militanza nel PCI.
    L’Infame Pietro Ingrao si trova ancora in Parlamento a picchiare, questa volta metaforicamente, tutti gli italiani instaurando la cosiddetta “Dittatura SUL Proletariato.
    E tutti i parlamentari di quell’età hanno vissuto una situazione analoga: anche Napolitano ha fatto parte del GUF: ci sarà rimasto qualcheduno vivo da ricordarsi delle “imprese” anche di questo personaggio?

    • Grazie per la bella testimonianza. Altri due loschissimi figuri di voltagabbana, prima fascistissimi e poi filo-comunisti e “antifascisti”, sono Eugenio Scalfari e Dario Fo.

      • Caro Guglielmo,
        non soltanto Scalfari e Fo hanno fatto parte di quel regime, che se servito, il Regime, da persone oneste ed in buonafede non staremmo ora a denigrare: molti fascisti, alla caduta di quella dittatura si uccisero.
        Non si richiede tanto, ma un poco di coerenza, quella sì.
        D’Alema, Veltroni, i padri beninteso, furono collaboratori ed esaltatori del passato regime salvo poi diventare acerrimi nemici a “tempo opportuno”.
        Ma anche Giorgio Bocca firmatario e sottoscrittore delle “Leggi raziali” fu fascista, ma per il fatto di essere, poi, diventato comunista poté continuare la carriera di scrittore, indisturbato.
        Sembra che il fatto di essersi – battezzato – con l’etichetta di quel partito lo abbia reso “immune” da ogni critica anche quella di essere stato razzista.
        Chi ha preso il governo del paese dopo la guerra ha potuto fare affidamento su questi “personaggi” umanamente squalificati, ma utili al conseguimento di determinati scopi.
        Io la vedo così.
        Per cercare di spiegare razionalmente questo “rebus” mi affido alla parola del giornalista Maurizio Blondet che alcun tempo fa ha pubblicato l’origine e lo scopo della fondazione da parte di Karl Marx del Partito Comunista.
        Diamogli la parola:

        “E il rabbino Baruch Levi così scriveva a Carl Marx nel 1848:

        «Il popolo ebraico, considerato nel suo insieme, sarà egli stesso il suo proprio Messia. La sua signoria sul mondo sarà raggiunta mediante l’unificazione delle altre razze umane, la eliminazione delle frontiere e delle monarchie, che sono i bastioni del particolarismo, e mediante l’istituzione di una repubblica mondiale, che accorderà dappertutto i diritti civili agli ebrei. In questa nuova organizzazione dell’umanità, i figli di Israele diventeranno dappertutto, senza incontrar ostacolo, l’elemento direttivo (…). I governi dei popoli compresi in questa repubblica mondiale, con l’aiuto del proletariato vittorioso, cadranno tutti senza difficoltà in mani ebraiche. La proprietà privata verrà soffocata dai dirigenti di razza ebraica, che amministreranno dappertutto il patrimonio statale. Così la promessa del Talmud sarà adempita, cioè la promessa che gli ebrei, venuti i tempi messianici, possederanno la chiave dei beni di tutti i popoli della Terra»

        (Revue de Paris, anno XXXV, numero 2, pagina 574).

        Lascio a voi giudicare se qui non si preconizza e si progetta la «eliminazione fisica o culturale della diversità e dunque scomparsa di popoli e culture», la più feroce discriminazione razziale, lo sfruttamento del prossimo, la violazione ripetuta dei diritti umani.”

        La previsione mi sembra che stia avverandosi con la immigrazione selvaggia della nostra Terra. La cancellazione delle credenze religiose del nostro popolo.
        La sottomissione degli interessi degli individui a quelli delle banche: Goldman & Sacks, Rothschild, Morgan & Stanley e altre, tutte in “mano” a quelle persone che il rabbino Levi indicava nella sua lettera, profetica.
        Non a caso gli ultimi tre Presidenti dell’Esecutivo, qui in Italia, sono stati nominati dalle banche.
        Alcuni sono stati addirittura dipendenti della Goldman & Sacks.

  3. Questo è uno che , in un mondo normale, sarebbe rimasto un mister nessuno.
    Invece qui si è permesso il lusso di fare il comunista.
    A spese altrui, beninteso.

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