di MATTEO CORSINI
Le conferenze mondiali sul Clima sono eventi in cui, dal mio punto di vista, la quantità di retorica ammorba l’aria molto più delle emissioni che tanto si vogliono contrastare. Non è un mistero, tra l’altro, che la quantità di emissioni connesse ai voli aerei utilizzati dai partecipanti sia pari a diversi anni di anidride carbonica riconducibile alle emissioni di un consumatore medio.
Da questo punto di vista, se volessero essere coerenti, i partecipanti dovrebbero spostarsi solo con mezzi sostenibili (meglio se in bicicletta), oppure tenere questi consessi in videoconferenza, come ai tempi del Covid. Altrimenti poi può capitare che si finisca sulla graticola per i comportamenti non ecologicamente corretti. Come è successo da ultimo a Charles Michel, presidente del Consiglio Ue. Il quale evidentemente preferisce viaggiare con voli privati invece che con aerei di linea.
Secondo “Politico” (organo in cui wokeism e politically/ecologically correct sovrabbondano), Michel, da quando è in carica, avrebbe utilizzato 72 voli privati, pari al 64% del totale. E un jet privato pare emetta fino a 2 tonnellate di anidride carbonica per ogni ora di volo, che vanno paragonate a una media di 7 tonnellate emesse in un anno da un cittadino europeo.
Ovviamente il tutto a carico dei pagatori di tasse, dettaglio a mio parere più indigesto della violazione del galateo ambientalista stigmatizzata da “Politico”. E non migliora le cose la penosa difesa tentata Barend Leyts, portavoce di Michel, secondo il quale il suo capo compensa le emissioni dei suoi voli attraverso un programma che finanzia una fabbrica di ceramica brasiliana per convertire il suo carburante dal legname illegale ai prodotti di scarto agricoli e industriali.
Il fatto è che per finanziare la fabbrica brasiliana in questione e sentirsi così con la coscienza pulita davanti a Greta Thunberg, Michel usa sempre tasse pagate da altri. Il che peggiora la faccenda, almeno per quanto mi riguarda.