di ROMANO BRACALINI
Ancorché inelegante e greve, l’insulto in politica è ricorrente ed ha l’efficacia di un corpo contundente quando non si trasforma in boomeramg per l’incauto che l’ha lanciato. Ad una signora che aveva gratificato di scimmia ricevendone in cambio l’epiteto di ubriacone, Churchill aveva ribattuto con un sorriso calmo: ”Sì, ma io domani sono sobrio”. L’insulto è ammesso, purché faccia ridere e l’impareggiabile Churchill, coniatore inesausto di battute, sapeva distruggere l’avversario con un sorriso e la Camera dei Comuni,che era l’arengo privilegiato dei suoi discorsi ,si riuniva con la certezza che il divertimento fosse assicurato. Vi sono insulti che non sono in contrasto con la verità. Sono solo detti in tono più colorito ed è solitamente la scala zoologica a fornire gli esempi più riprovevoli e divertenti. Berlusconi, nel Fatto Quotidiano, è chiamato il “caimano” e nessuno si scandalizza; il ministro Brunetta è gratificato di
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