di REDAZIONE
In aperta sfida al governo di Belgrado, alla Ue e alle altre istituzioni internazionali, i serbi nel nord del Kosovo stanno votando in queste ore per un referendum dall’esito più che scontato, nel quale si invita la popolazione locale a pronunciarsi sulla legittimità degli organi di potere e dell’autorità di Pristina. La consultazione, avversata duramente dal governo serbo e dal presidente Boris Tadic, mira a denunciare il dialogo intrapreso da Belgrado con Pristina, insieme agli accordi già conclusi con la parte kosovara albanese e avvenuti, secondo i serbi oltranzisti del nord, su pressione dell’Unione europea. Il referendum si tiene alla vigilia del quarto anniversario della proclamazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo dalla Serbia, avvenuta il 17 febbraio 2008. Gli oltre 35 mila elettori delle quattro principali municipalità del nord a maggioranza serba – Zvecan, Zubin Potok, Leposavic e il settore serbo di Kosovska Mitrovica, la città divisa in due dal fiume Ibar – sono chiamati a rispondere sì o no al quesito ‘Accettate le istituzioni della cosidetta repubblica del Kosovo installata a Pristina?’. A Zvecan, Zubin Potok e Kosovska Mitrovica si vota oggi e domani dalle 7 alle 19 (ora locale e italiana), a Leposavic il referendum si tiene nella sola giornata di domani. I risultati provvisori si conosceranno nella tarda serata di domani, quelli definitivi ufficiali il 19 febbraio. Belgrado, impegnata da quasi un anno in un difficile dialogo con Pristina con la mediazione della Ue, teme che una tale iniziativa serva solo a destabilizzare ulteriormente la situazione e a creare nuove frizioni e tensioni etniche suscettibili di danneggiare il cammino della Serbia verso l’integrazione europea.
Dal luglio scorso il nord del Kosovo è stato a più riprese teatro di scontri e tensioni per l’opposizione dei serbi ai tentativi di Pristina di assumere il controllo di due posti di frontiera con la Serbia. Da mesi gruppi di serbi irriducibili mantengono blocchi e barricate, che ostacolano il libero movimento delle truppe Nato della Kfor e del personale Eulex (missione europea). Tali tensioni hanno indotto la Ue lo scorso dicembre a rinviare a marzo una decisione sulla candidatura europea della Serbia. La netta contrarietà di Belgrado al referendum è stata ribadita oggi dal presidente Boris Tadic, secondo il quale si tratta di una iniziativa che va contro gli interessi statali della Serbia. Le istanze di governo locali, ha detto, non possono fare di più di quello che fa lo stato nella ricerca di una soluzione ai problemi della popolazione del Kosovo. Il viceministro per le questioni del Kosovo, Oliver Ivanovic, da parte sua ha puntato il dito contro l’opposizione ultraconservatrice e nazionalista in Serbia, da lui accusata di strumentalizzare il malcontento dei serbi nel nord con l’obiettivo di trarne vantaggi politici in vista delle elezioni legislative della prossima primavera in Serbia.
Auspicabile anche in Siria.