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La banca d’italia secondo i fratelli (statalisti) d’italia

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di MATTEO CORSINI

Stando ai sondaggi, in caso di elezioni anticipate potrebbe formarsi una maggioranza tra Lega e Fratelli d’Italia. Il tasso di statalismo non si ridurrebbe di una virgola rispetto alla situazione attuale.

Si prenda, per esempio, uno dei cavalli di Battaglia di FdI, ossia la nazionalizzazione della Banca d’Italia, basata sulla tanto reiterata quanto erronea idea che la banca centrale sia oggi governata dalle banche private che detengono buona parte del capitale (assieme ad assicurazioni e fondazioni bancarie).

Giorgia Meloni critica il M5S per aver abbandonato il proposito di nazionalizzazione:

  • Oggi alla Camera è iniziata la discussione generale sulla proposta di legge di Fratelli d’Italia per nazionalizzare la Banca d’Italia. Alla fine i Cinquestelle hanno deciso di votare contro e la relatrice M5S ha chiesto all’Aula di respingere la proposta. Sono ormai lontani i tempi delle battaglie contro la svendita della nostra Banca centrale, lontanissimi quelli delle battaglie contro i poteri forti”.

Basterebbe poco per apprendere che la Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico e che l’assetto della sua proprietà risale al 1936. E’ vero che le banche partecipanti al capitale all’epoca erano tutte pubbliche e sono poi state privatizzate negli anni Novanta, ma è altrettanto vero che non c’è stata nessuna “svendita”, dato che i detentori delle quote (soggetti al limite unitario del 3%, pena la mancata percezione di dividendi sulla quota eccedente) non determinano un bel nulla: né i vertici, su cui peraltro ha una parola la politica; né le attività, disciplinate dall’appartenenza della Banca d’Italia al Sistema Europeo di Banche Centrali; né la destinazione degli utili che, anno dopo anno, per oltre l’80% vano al Tesoro, tra tasse e dividendi.

Per di più, FdI vorrebbe esercitare un vero esproprio, pagando le quote al loro valore del 1936 (136mila euro) e non il valore rivalutato a fine 2013, ossia 7.5 miliardi. Oltre ad aprire un buco significativo nei bilanci dei soggetti espropriati, che cosa ne sarebbe dell’imposta sostitutiva del 26% (oltre 1.9 miliardi) pagata da costoro all’atto della rivalutazione? Curiosamente nessuno parla mai di questo aspetto.

Motivi per criticare la Banca d’Italia e le banche non mancano, ma se ci si intestardisce con questo genere di iniziative non si fa altro che mettere (ancor più) in evidenza una totale ignoranza della materia, oltre al consueto tarlo statalista.

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