L’accesso agli atti della Pubblica amministrazione è regolato dalla legge 241/1990. E fu imposto da una direttiva EU, altrimenti… Tuttavia il Consiglio di Stato è recentemente intervenuto sul rapporto tra diritto di cronaca nell’esercizio dell’attività giornalistica e diritto di accesso ai documenti detenuti dall’amministrazione. “Il numero dei documenti chiesti nonché la genericità della richiesta avanzata, lasciavano intravedere un intervento diretto ad esercitare un controllo generalizzato sull’attività della Pubblica Amministrazione. Per il Collegio ciò equivale a introdurre una inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa.” La sentenza può essere letta qui. Insomma, ad ogni passo il cittadino si rende conto di vivere in uno Stato in cui la democrazia è solo una vuota etichetta, ed il regime politico, attraverso la sua burocrazia, si fa sempre più autoreferenziale.
La burocrazia è un prodotto del processo di formazione dello Stato, iniziato in Europa nel 16° secolo e costituisce la risposta all’esigenza del sovrano di fondare il proprio potere su un ceto di funzionari alle sue dirette dipendenze. Il termine burocrazia fu coniato dall’economista francese Vincent de Gournay nella prima metà del 18° secolo proprio per stigmatizzare la potenza crescente dei funzionari pubblici nella vita politica e sociale, che configurava una vera e propria forma di «governo dei funzionari», fra l’altro del tutto inefficiente sul piano dell’amministrazione dello Stato. Negli usi successivi il termine ha mantenuto questa originaria accezione negativa.
La burocrazia è appunto, per Max Weber, una forma particolarmente pervasiva, e per certi aspetti pericolosa, di tale processo di razionalizzazione, giacché essa implica direttamente la gestione non tanto di oggetti, macchine o procedure, quanto piuttosto di esseri umani, i quali devono essere organizzati per conseguire finalità specifiche. Per analizzare i tratti tipici della burocrazia, Weber utilizzò il concetto di “tipo ideale”, che è una rappresentazione delle caratteristiche essenziali di un fenomeno sociale costruita a partire dall’osservazione dei casi reali. Il tipo ideale di burocrazia è quindi un modello di burocrazia, che nella sua interezza non corrisponde precisamente ad alcuna situazione storica specifica, sempre suscettibile di variazioni accidentali, ma permette di confrontare forme di burocrazie diverse sulla base dei loro caratteri comuni.
Il tipo ideale di burocrazia consta secondo Weber di alcuni elementi fondamentali che qui non affronteremo, tanto il cittadino – per esperienza quotidiana – sa benissimo che non esiste. Anzi, ogni “uomo qualunque” ha coscienza del fatto che se un politico si può avere l’avventura di estrometterlo non votandolo, il burocrate, invece, ce lo teniamo sino a che non va in pensione. E poiché una delle abilità del burocrate è quella di ingarbugliare le carte che solo lui sa come, dove e quando trovare, spesso ce lo troviamo riconfermato nelle funzioni, con un contratto privatistico proposto dal politicante di turno, anche dopo la raggiunta età pensionabile. Inutile citare esempi. Sono troppi.
Tra le tante polemiche che la burocrazia attira su di sé c’è quella dei doppi stipendi (più arbitrati e altri incarichi extra). Si è molto discusso sul fatto che dovessero finalmente essere spazzati via. Macché. Ad agosto del 2011 Milena Gabanelli e Bernardo Iovene scrivono sui “Corriere”: possibile che ancora oggi esista “una norma che non ci risulta applicata in nessun altro paese civile: l’incasso di uno stipendio per un mestiere che non fai?”
E ricordano: “Quando un dipendente pubblico viene chiamato a svolgere un incarico presso un ministero, una commissione parlamentare, un’authority o un organismo internazionale, va ‘fuori ruolo’. Trattandosi di incarico temporaneo, conserva ovviamente il posto, l’anomalia è che conserva anche lo stipendio, a cui si aggiunge l’indennità per il nuovo incarico. In sostanza due stipendi per un periodo di tempo spesso illimitato”. E questo quasi vent’anni dopo le denunce del Csm sul “numero crescente di magistrati collocati fuori ruolo” e “la durata inaccettabile di alcune situazioni, alcune delle quali superano il ventennio, quando non il trentennio…”.
“È ammissibile,” insistono Gabanelli e Iovene, “che un soggetto che non lavora per un’amministrazione ma per un’altra venga pagato anche dall’amministrazione per la quale non lavora? Sono bravi dirigenti dello Stato, sicuramente i migliori, visto che sono sempre gli stessi a passare cronicamente da un fuori ruolo a un altro, lasciando sguarnito il posto d’origine perché non possono essere sostituiti, e i loro colleghi che restano in servizio si devono far carico anche del loro lavoro. E poi c’è il danno, il magistrato fuori ruolo percepisce anche l’indennità di malattia, mentre quelli in servizio la perdono. Per arrivare alla beffa, e cioè possono essere promossi, ovvero avanzare di carriera mentre sono fuori ruolo.”
Un esempio? Antonio Catricalà. In queste ultime settimane doveva essere l’uomo giusto per la Corte Costituzionale, ma poi s’è ritirato. Tuttavia, prima è stato Capo di gabinetto di Maccanico alle Telecomunicazioni ai tempi del salvataggio di Rete 4. E poi presidente dell’Antitrust, sottosegretario, vice-ministro con Enrico Letta. Negli ultimi tempi l’astro perpetuo del pupillo, ma anche “maestro”, di Gianni Letta si era un po’ appannato. L’ultimo ruolo pubblico del magistrato classe 1952, risale al brevissimo governo Letta dove è stato il secondo di Flavio Zanonato alla guida dell’incolore Ministero dello Sviluppo economico. Più brillante la posizione occupata nell’esecutivo dei tecnici, del quale è stato Sottosegretario alla presidenza del Consiglio. É fuori ruolo dal Consiglio di stato da sempre, è stato capo gabinetto di vari ministri di schieramenti opposti, poi all’Agcom, fino al 2005 segretario della presidenza del Consiglio con Berlusconi, quindi nominato presidente dell’Antitrust. Non ricopre la carica in Consiglio di stato, ma ciononostante nel 2006 da consigliere diventa presidente di sezione, e senza ricoprire quel ruolo incassa uno stipendio di 9000 euro netti al mese che si aggiungono ai 528.492,67 annui dell’Antitrust.
Gian Antonio Stella nel suo ultimo libro: «Bolli, Sempre Bolli, Fortissimamente Bolli – La Guerra Infinita Alla Burocrazia» edito da Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, ci ricorda che a fare carriera senza ricoprire la carica è anche Salvatore Sechi, distaccato alla presidenza del Consiglio con un’indennità di 232.413,18, e Franco Frattini, nominato presidente di sezione del Consiglio di stato il 7 ottobre del 2009 mentre è ministro della Repubblica (che però risulta in aspettativa per mandato parlamentare). Consigliere di stato è anche Donato Marra: percepisce 189.926,38, più un’indennità di funzione di 352.513,23 perché è alla presidenza della Repubblica. […] Anche Lamberto Cardia, magistrato della Corte dei conti fuori ruolo, è stato tredici anni alla Consob, ma il 16 ottobre del 2002 è stato nominato presidente di sezione, ‘durante il periodo in cui è stato collocato fuori ruolo’, specifica l’ufficio stampa della Corte dei conti, ‘ha percepito il trattamento economico di magistrato, avendo l’emolumento di 430.000 euro corrisposto dalla Consob, natura di indennità’. Tra Consiglio di stato, Tar, Corte dei conti, Avvocatura dello stato e magistratura ordinaria, sono fuori ruolo circa 300 magistrati che mantengono il loro trattamento economico percependo un’indennità di funzione che a volte supera lo stipendio.”
È proprio vero, concludono i due giornalisti di Report, “che all’ingordigia non c’è fine: il presidente della Consob spagnola prende 162.000 euro l’anno, quello delle telecomunicazioni 146.000, non un euro in più, e nessun magistrato prestato ad altre funzioni mantiene il posto e tanto meno lo stipendio…”.
Sotto il profilo dell’efficacia organizzativa per la burocrazia a livello locale le cose non vanno meglio. Nell’aprile 2013 l’Asl 2 savonese ha cominciato a distribuire agli anziani della provincia, insieme coi pannoloni, dei moduli che ogni incontinente doveva compilare annotando, casella per casella, la data e l’ora “dell’indossaggio” del pannolone, la marca e descrizione del prodotto, la taglia del morbido manufatto, il “peso del prodotto asciutto” (cioè “prima”), il “peso del prodotto bagnato” (cioè “dopo”) e la situazione in cui l’utente aveva espletato quella che i burocrati chiamerebbero l’”emissione fisiologica urinaria ed escremenziale”. a) Era seduto? b) Era allettato? c) Camminava? Figuratevi le scene in famiglia: “Ma nonno, dove hai la testa? Hai fatto di nuovo la pipì senza compilare il modulo!”. “Si tratta di un sistema ideato per tagliare gli sprechi ed evitare di consegnare a tutti, anche a chi non ne ha realmente bisogno, la tipologia di pannolone più performante,” ha scritto Tommaso Dotta sul “Secolo XIX”. Solo che, oltre ai dettagli già ricordati, occorreva “segnalare la circonferenza dei fianchi dell’assistito” e “lo stato della sua cute sacrale”. Risultato: “Molti hanno preso sottogamba la griglia, hanno pensato si trattasse solo di una scocciatura burocratica e l’hanno compilata distrattamente. Come conseguenza si sono ritrovati con una fornitura di pannoloni inadeguati, con un livello insufficiente di capacità assorbente o di taglia diversa rispetto a quella necessaria. Di qui, le code all’Asl di persone spazientite, armate di borse piene di pannoloni, che chiedono di poterli cambiare…”. Finché tra gli imbrattacarte savonesi si è fatto strada il buonsenso: meglio lasciar perdere.
Quei sedicenti indipendentisti che nella primavera del 2015 si scapicolleranno per essere eletti all’ente Regione, per non essere “vittime” di questa burocrazia, cosa faranno? Considerando che chiederanno il voto per dichiarare l’indipendenza, come stanno lavorando alla prefigurazione di riforme adeguate a risolvere i problemi su esposti? In altri termini: nell’auspicata indipendenza dei loro territori, attraverso quali strumenti legislativi ingabbieranno la burocrazia e/o la renderanno strumento efficiente al servizio del popolo sovrano che paga sia loro, i rappresentanti, che i burocrati?
Quando il cittadino NORMALE entra nel mondo del lavoro possiede un certo numero di cognizioni e di convinzioni.
Con il tempo acquisisce nuove idee a seguito di nuove esperienze (positive e negative, proprie e altrui) e corregge il “tiro”.
Il BUROCRATE non acquisisce niente se non i trucchi per galleggiare o fare carriera .Sia perchè ha scarsissimi contatti con l’esterno e, sopratutto, perchè non è chiamato a rispondere dei risultati delle sue azioni .
A rispondere non solo verso i suoi superiori (nei confronti dei quali la responsabilità è quasi nulla grazie alla ferrea tutela dei suoi sindacati) ma , sopratutto, verso la collettività ESTERNA.
Questo fa si che Leggi e Regolamenti (prodotti quasi esclusivamente dai burocrati) soffrano di una pazzesca miopia , quando non di errori colossali, e che la struttura organizzativa sia concepita e gestita da persone che non hanno la minima idea di come funziona una qualsiasi “baracca” produttiva.
Senza interventi CHIRURGICI le speranze sono nulle !
Come rileva Trentin il burocrate è quella persona capace di ingarbugliare le carte per usarle ad esclusivo proprio vantaggio e della “combriccola” alla quale si appoggia e che lo sostiene.
Ricordo una trasmissione televisiva molto popolare in Veneto che usava, ed usa ancora, invitare “anche” politici durante i suoi talk show quotidiani, politici ai quali i telespettatori possono rivolgere domande intervenendo telefonicamente.
Pochi anni fa fu ospite di questa “Rete” un politico; il Signor Tiziano Treu, all’epoca Ministro del lavoro e della Previdenza sociale con il il Governo Prodi.
La discussione, ad un certo punto, sfiorò il problema delle pensioni, un telespettatore, pose al Ministro un quesito che riguardava proprio le pensioni e, segnatamente, la doppia pensione che grazie ad una sua legge, di Amato, alcuni sindacalisti avrebbero potuto, da quel momento in poi, percepire.
Il telespettatore chiese a quale titolo i sindacalisti distaccati presso gli uffici del – sindacato di riferimento – avessero avuto la “fortuna”, con tanti problemi che già allora affliggevano lo Stato, di richiamare l’attenzione del Ministro e del suo Governo su un problema che, forse ai più, avrebbe potuto sembrare marginale e cioè istituire una seconda pensione che andasse ad affiancarsi a quella che i colleghi in servizio, nelle Amministrazioni di provenienza, già maturavano per loro senza il benché minimo apporto lavorativo dei diretti interessati.
Il Ministro, serio serio, spiegò così l’arcano, e cioè che i sindacalisti distaccati presso le segreterie di CGIL, CISL, UIL “sacrificavano” la carriera nell’interesse dei lavoratori per cui un “riconoscimento” a queste persone “altruiste”, – sembra di capire – bisognava pur trovarlo.
Dopo questa risposta che lasciò, immagino, perplesso il telespettatore; sicuramente lo rimasi io, la comunicazione venne interrotta così che l’ascoltatore non fu più in grado di svolgere quelle considerazioni che, se avesse potuto ribattere, ne sono sicuro, avrebbe formulato.
Non spiegò – il Ministro – perché il riconoscimento dovesse essere riconosciuto dallo Stato, che è il datore di lavoro: quale “riconoscenza” deve lo Stato a dei sindacalisti che ogni due e due quattro faceva scioperare i propri dipendenti?
Infatti se beneficio deriva ai lavoratori dall’opera sindacale il riconoscimento avrebbe dovuto pervenire dai lavoratori, non dal “Datore di Lavoro”.
A meno che lo Stato non avesse avuto, allora come sospetto adesso, motivo di riconoscenza nei confronti della Triplice per motivi che non riuscii, all’epoca, ad individuare.
Forse una risposta convincente me la fornì, qualche tempo dopo, una statistica; secondo il grafico che la illustrava gli italiani percepivano in €uropa il 40% in meno dello stipendio della media €uropea e il 50% in meno dei lavoratori tedeschi.
Questo mi sembrò un “buon pretesto” più plausibile di quello fornito dal Ministro per ripagare i sindacalisti dei loro Sforzi!
che schifo!! questi qua sono ladri e sanno benissimo di esserlo, perchè basta possedere due neuroni per rendersene conto!