Ricordate i diamanti, gli investimenti in Tanzania e le lauree inesistenti in Albania? Ebbene, la vicenda torna d’attualità, dato che dopo il Senato, anche la Camera dei deputati si è costituita parte civile nel processo che vede alla sbarra Umberto Bossi e Francesco Belsito. All’epoca dei fatti erano rispettivamente segretario e tesoriere della Lega. Imputati nel processo ci sono anche i revisori dei conti dell’epoca del Carroccio. Viene contestata una truffa ai danni dello Stato di circa 40 milioni di euro per rimborsi elettorali percepiti ma non dovuti.
Ma non è tutto. Dopo il grande capo, c’è il ritorno alle cronache anche dei suoi pargoli prediletti. Verrà, infatti, processato con rito abbreviato Riccardo Bossi, imputato assieme al padre e al fratello Renzo nel processo con al centro le presunte spese personali con i fondi del partito, quelli di cui sopra. Il giudice dell’ottava sezione penale del Tribunale di Milano, Vincenzina Greco, ha concesso il rito alternativo chiesto dai difensori che consente lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Riccardo Bossi, presente in aula, ha annunciato che si sottoporrà all’esame e “risponderà alle domande” del Pubblico Ministero, Paolo Filippini.
Scrive Repubblica.it: «I difensori di Riccardo Bossi nella scorsa udienza avevano chiesto il rito abbreviato condizionato alla testimonianza del sindaco di Lazzate (Monza-Brianza), Loredana Pizzi, per “provare il rapporto economico e lavorativo che legava l’imputato alla Lega Nord”. Istanza che è stata respinta dal giudice in quanto “l’integrazione probatoria chiesta dalla difesa è troppo generica e non si capisce a quale titolo debba essere sentita Loredana Pizzi”. Il giudice ha concesso invece il rito abbreviato ‘secco’ (senza la testimonianza del sindaco di Lazzate alla quale si era opposto anche il pm Filippini sostenendo che “non è riconducibile all’oggetto del processo”) chiesto dalla difesa nel caso di rigetto della prima istanza. Il processo milanese, con al centro l’accusa di appropriazione indebita, è l’ultimo dei filoni dell’inchiesta, che nel 2012 ha travolto Umberto Bossi, rimasto a Milano. Gli altri sono stati trasferiti per competenza territoriale a Genova. Nel dibattimento milanese i pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini contestano agli imputati oltre mezzo milione di euro di soldi pubblici, ottenuti con rimborsi elettorali, che sarebbero stati usati dalla famiglia Bossi per pagare le spese più varie. Tra queste multe per migliaia di euro, la fattura del carrozziere, l’ormai famosa laurea in Albania di Renzo “detto il Trota” e i lavori di casa Bossi a Gemonio».
Ovviamente, di tutto questo Maroni e Salvini non sapevano nulla…
Solo una precisazione per capire come funziona il mondo della stampa e delle notizie e non per alleggerire la posizione degli indagati: chi come me si è preso la briga di leggere le carte del tribunale sa che NON c’è mai stato alcun investimento in Tanzania, bensì Belsito avrebbe spostato dei soldi della lega su di un conto aperto presso una filiale a CIPRO di una banca della Tanzania. La banca avrebbe respinto il bonifico perchè belsito non era autorizzato a muovere così tanti soldi e la procura sostiene che quei soldi sarebbero poi dovuti servire per degli investimenti in ARGENTINA in una speculazione immobiliare chiamata “area 60”. Quindi nessun investimento in tanzania, sarebbe come se io apro un conto alla filiale del Santander sotto casa e i giornali dicono che ho investimenti in Spagna.
Ripeto non cambia di molto la posizione degli indagati ma questo esempio ci dimostra come una cosa falsa ripetuta dai mezzi di comunicazione diventa vera anche se non lo è.
La Sua precisazione mi sembra utile e concordo il sistema per infangare qualcuno usa il metodo pubblicitario cioè evidenziare ossessivamente il prodotto che si vuole imporre e naturalmente molti ci cascano anche se il medesimo è una ‘sola’