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La catena internazionale in moto contro l’indipendenza della catalogna

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di GIANLUCA MARCHI

Diada-mjgNotizie importanti dalla Catalogna. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato oggi dai media in vista delle elezioni di domenica 27 settembre, le intenzioni di voto a favore dei candidati indipendentisti sarebbero vicine al 50% dei votanti. Secondo l’indagine DYM per El Confidencial , Junts pel Sì e CUP otterrebbero la maggioranza assoluta dei seggi, tra 73 e 76 (il Parlamento catalano è costituito da 135 membri, quindi la maggioranza assoluta è 68), e il 49,9% dei voti. Solo qualche giorno fa un’altra rilevazione attribuiva alle forze indipendentiste la maggioranza assoluta dei seggi ma solo il 44% dei voti espressi.

A terrorizzare Madrid è proprio la possibilità che gli indipendentisti ottengano il 50% più uno dei voti espressi, perché, essendo le elezioni del 27  una sorta di referendum anomalo a favore o contro l’indipendenza, Artur Mas potrà procedere con maggiore forza nell’avviare il processo di indipendenza, non solo se otterrà la maggioranza dei seggi in Parlamento, ma soprattutto se supererà il 50% dei votanti. A quel punto potrà dire senza tema di essere smentito che la maggioranza assoluta dei catalani è per l’indipendenza.

Così, nel tentativo di neutralizzare questa possibilità catastrofica per il governo di Madrid, il premier Mariano Rajoy ha sollecitato la discesa in campo contro la secessione di una serie di leader mondiali. E la catena internazionale si è messa in moto: Angela Merkel, David Cameron, Barack Obama, John Kerry, Jean-Claude Juncker sono intervenuti a favore della Spagna unita. Ultima in ordine di tempo ieri l’uscita del portavoce del presidente della Commissione Ue, corso a ricordare che uno Stato autonomo della Catalogna sarebbe automaticamente fuori dall’Unione.  Secondo gli osservatori più attenti della politica spagnola e catalana, queste dichiarazioni non stanno andando a rubare voti al fronte favorevole all’indipendenza, bensì potrebbero portare più gente a votare. Questo è il vero obiettivo che si propone Mariano Rajoy, convinto che i catalani finora non intenzionati a recarsi alle urne siano in realtà contrari all’indipendenza catalana. Insomma, il ragionamento è semplice: gli indipendentisti andranno tutti o quasi a votare, una quota forse decisiva dei contrari deve invece essere sollecitata da qui a domenica 27.

Non c’è da sorprendersi di questa mobilitazione: da qui al 27 assisteremo all’utilizzo di tutte le armi proprie e improprie per spaventare la popolazione catalana rispetto alla prospettiva indipendentista. E’ quel che è successo per esempio in occasione del referendum scozzese. I catalani sapranno resistere a una tale alluvione? o addirittura, da popolo fiero qual sono, avvertiranno la cosa come un’intollerabile ingerenza nella loro autonomia di giudizio? La questione, per il fronte indipendentista, sta tutta nella risposta ai due interrogativi…

 

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5 COMMENTS

  1. Credo in ogni caso che la secessione della Catalogna ci sarà, se non con le elezioni del 27 settembre, comunque nel medio-breve termine.

  2. Il terrorismo anti-indipendentista colpisce tutti coloro che hanno sul piatto qualcosa.
    Solo con una teoria corretta si può comprendere il bluff.
    La associazione a delinquere politico istituzionale e finanziaria “CONSIGLIA” di desistere a chi ha sul piatto una vita di sacrifici e sti republistronzi, forti di un consenso invidiabile, vicini e prossimi alla meta non ha capito nulla della ricchezza della fortuna della Catalogna. Non parlano all’impresa (all’imprenditore che c’è in ogni catalano: dalla massaia al capitano coraggioso), ma al “bene comune” all’ “orgoglio catalano” a “supposti diritti inalienabili”….
    TONTI siete e da tonti perderete. (Spero sempre di sbagliarmi, ma penso di no).

    • Detta la cazzata, ritengo che l’indipendentismo abbia ancora molta strada da percorrere.
      Un po’ per l’ignoranza e la pigrizia vigliacca dei diretti interessati, un po’ per tutto gli ostacoli burocratici e legislativi alla realizzazione dell’indipendenza dei popoli, un po’ per lo stato di ancor relativo benessere in cui si vive.
      Non si è ancora giunti al punto di rottura.

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