L’oppositore venezuelano Leopoldo López è stato scarcerato e si trova adesso nella sua casa di Caracas, dopo che gli sono stati concessi gli arresti domiciliari per problemi di salute. Lo riferisce la Corte suprema, ma la famiglia non ha precisato di che problemi si tratti. López, 46 anni, ha lasciato il carcere militare di Ramo Verde prima dell’alba e ha potuto riabbracciare la moglie e i due figli. Ha già scontato tre anni in prigione per avere guidato proteste anti-governative e la sua scarcerazione giunge in un periodo in cui il Venezuela è nuovamente attraversato da proteste contro il presidente populista Nicolas Maduro.
Da tempo l’opposizione definiva López un prigioniero politico e diversi leader mondiali, fra cui il presidente Usa Donald Trump, avevano fatto pressioni per il suo rilascio. A margine del vertice del G20, i leader di Spagna, Argentina, Messico e Brasile, Mariano Rajoy, Mauricio Macri, Enrique Peña Nieto e Michel Temer, hanno chiesto “la liberazione di tutti i prigionieri politici e l’organizzazione di elezioni libere e democratiche” in Venezuela.
Intanto, anche La Chiesa cattolica venezuelana – che per conto di Papa Francesco ha tentato lo scorso anno una mediazione tra l’opposizione ed il governo naufragata nel nulla – ha attaccato senza remore il governo del presidente Nicolas Maduro, accusandolo con le sue riforme costituzionali di voler instaurare una “dittatura”.
Il piano “sarà imposto con la forza e porterà al risultato che sarà data statura costituzionale ad una dittatura, militare, socialista, marxista e comunista” ha dichiarato il capo della Conferenza episcopale venezuelana, Diego Padron. L’intervento dei vescovi venezuelani giunge ad oltre tre mesi dall’inizio delle violenze che hanno causato quasi 100 vittime tra l’opposizione a Maduro e le forze di sicurezza.
Tutto è iniziato con l’intenzione di Maduro di sciogliere – tra mite il Tribunale Supremo – il Parlamento controllato dall’opposizione e di dare vita ad un’Assemblea Costituente, che secondo l’opposizione, sarà formata solo da persone vicine al controverso presidente, erede di Hugo Chavez. Il voto per i membri dell’Assemblea è previsto per il 30 luglio ma l’opposizione, riunita sotto la sigla/ombrello Mud (Mesa de la Unidad Democrática), pensa di tenere un suo voto contro la Costituente di Maduro il 16.
Il Venezuela, con un’inflazione difficile da calcolare ma superiore all’800%, soffre la crisi dei corsi petroliferi (il Paese ha le scorte accertate di greggio più grandi del mondo) e quelle politiche di sostegno alla fascia di popolazione più’ povera, possibili ai tempi di Chavez con il greggio oltre i 100 dollari al barile, ora che l’oro nero stenta a restare tra i 45 ed i 50 dollari, non sono più possibili. L’unica cosa che fa stare Maduro ancora in sella è il sostegno dei militari. Anche se Maduro ha detto lo scorso mese che intende cambiarne i vertici.
E domenica prossima grande evento dell’opposizione: “Il 16 luglio sarà l’ora zero per la democrazia in Venezuela”. Dirigente di quel partito Voluntad Popular cui appartiene anche il detenuto politico simbolo Leopoldo López, deputato per lo Stato di Lara, presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea Nazionale venezuelana, Luis Florido risponde al Foglio al telefono nel corso di una manifestazione. “La chiamiamo Plantón”: il “Piantone”, quasi una sentinella di massa in difesa della libertà.