Il governo cinese ha diffuso ieri un libro bianco sul Tibet, nel quale tra l’ altro invita il Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio in India, ad “abbandonare le illusioni” sulla possibilità di un accordo che cambi la situazione del territorio. Nel libro bianco, il governo accusa poi il leader tibetano di aver tentato invano di “istigare alla violenza per perseguire i suoi obiettivi”.
I seguaci del Dalai lama, sono “rappresentanti di quello che rimane dei signori feudali che perseguono il sogno politico di un Tibet indipendente”, prosegue il rapporto, che è stato diffuso dall’agenzia Nuova Cina ed elaborato dall’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato, vale a dire il governo di Pechino. “La sola realistica alternativa per il Dalai Lama e i suoi sostenitori è quella di accettare che il Tibet è stato parte della Cina sin dall’antichità, di abbandonare il loro obiettivo di dividere la Cina e cercare di ottenere l’ indipendenza per il Tibet e di cominciare ad agire nell’interesse del Tibet e del resto del Paese”.
Il Dalai Lama è fuggito dal Tibet nel 1959 e nel 1989 gli è stato conferito il premio Nobel per la pace. Il leader tibetano afferma di voler per il territorio una “reale autonomia” mentre Pechino, sostiene che si tratta di null’altro che di una copertura per il suo vero obiettivo, cioè la secessione del territorio dalla Cina.
Nel 2008 si è verificata in Tibet una violenta rivolta anticinese nella quale, secondo fonti tibetane, sono morte circa 200 persone. Pechino afferma invece che le vittime sono state una ventina, quasi tutti immigrati cinesi uccisi da giovani tibetani nelle prime ore della rivolta a Lhasa, la capitale della Regione Autonoma del Tibet. Da allora sia la Regione Autonoma del Tibet che altre zone a popolazione tibetane della Cina sono chiuse agli osservatori esterni. (Ansa)