Illuminante quanto scrive Ludwig Von Mises, in “l’Azione Umana” nel 1949 a proposito della Sozialpolitik:
- “Questi propagandisti devono finalmente ammettere che l’economia di mercato non è così cattiva come le loro ‘singolari’ dottrine la dipingono, dopo tutto. Permette la produzione dei beni.[…] Ma, obiettano i campioni dell’interventismo, è ritenuta carente sotto il profilo sociale.
- Non ha cancellato povertà e miseria. […] Il principio del welfare deve sostituire quello del profitto[…] Più ci addentriamo in questo compito, più priviamo il welfare di ogni concreto significato e contenuto, facendolo diventare una parafrasi incolore dell’azione umana, cioè, l’urgenza di rimuovere il più possibile le difficoltà. Come universalmente riconosciuto, quest’ obiettivo può essere raggiunto più velocemente, e pressoché esclusivamente mediante la divisione del lavoro, ove gli uomini cooperano all’interno della cornice dei legami sociali.
- L’uomo sociale a differenza dell’uomo autarchico, deve modificare necessariamente la sua originale indifferenza biologica verso il benessere di chi è al di fuori del suo nucleo familiare. Deve adattare la sua condotta in base alle richieste della cooperazione sociale e badare al successo del suo prossimo come condizione indispensabile del proprio.
- Da questo punto di vista si potrebbe descrivere l’oggetto della cooperazione sociale come la realizzazione della maggior felicità per il più ampio numero di persone possibile”.
Una lezione dimenticata!