Un esempio celebre di dissonanza cognitiva è rappresentato nel racconto “La volpe e l’uva”, tratto dalle Favole di Esopo, in cui la dissonanza fra il desiderio dell’uva e l’incapacità di arrivarvi conduce la volpe a elaborare la conclusione che “l’uva è acerba”.
Ecco l’ennesima dissonanza cognitiva: «Mettiamo soldi in tasca ai cittadini e l’economia ripartirà». È l’ultima boutade del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, il quale sostiene che se si mettono 100 euro in tasca ai cittadini l’economia ripartirà. L’avevamo sentita per il Reddito di cittadinanza e l’economia non è ripartita, l’avevamo sentita per Quota 100 con l’equazione: tanti vanno in pensione, tanti posti di lavoro si creeranno e l’economia ripartirà; anche in questo caso l’economia non è ripartita.
In sostanza siamo di fronte a una maggiore spesa pubblica, alla quale non corrisponde una diminuzione, o razionalizzazione, della spesa stessa, il che fa aumentare il debito pubblico, il quale ha raggiunto la cifra astronomica di 2.444 miliardi che non fanno bene alla nostra economia, considerato che il Pil, cioè la ricchezza prodotta, si avvicina percentualmente allo zero. Ma è chiaro che il colpevole è l’evasione fiscale, peraltro simile a quella della Germania.
La burocrazia o, meglio, l’eccessiva macchinosità degli iter burocratici, frena l’economia e rovina l’umore dei soggetti economici. I rapporti con la Pubblica amministrazione (Pa) costano ogni anno 57 miliardi di euro, ovvero circa il 3% del Pil. Questi sono solo i dati aggiornati, considerato che l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre aveva già segnalato il problema nell’agosto 2017.
Il malfunzionamento della Pa italiana continua ad avere un impatto molto negativo sull’economia del nostro Paese, frenandone la ripresa. E sebbene la comparazione presenti tutta una serie di limiti, possiamo in linea di massima affermare che l’incapacità, gli sprechi e la cattiva gestione della macchina dello Stato hanno una dimensione economica superiore al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale presente in Italia. Dunque bisogna assumere altri dipendenti pubblici che aumenteranno i costi per i pagatori di tasse.
Come scriviamo più sopra, ai giorni nostri lo stesso Ufficio studi della Associazione Artigiani e Piccole Imprese rileva che il totale di 57 miliardi di euro, è la contropartita erogata dagli imprenditori allo Stato che appare sempre più esoso e inefficiente. La CGIA basa le proprie osservazioni sui dati forniti dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Ma i colpevoli sono gli evasori non i politici che rifiutano di ridurre la spesa pubblica.
A questi vanno aggiunti gli incalcolabili danni derivanti dall’inefficienza dei controlli dei tecnici della Banca d’Italia e della Consob, su realtà come Banca Etruria, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Monte dei Paschi di Siena, Carige e la Banca Popolare di Bari che sono fallite o si trovano in una situazione particolarmente delicata. Queste sono o erano degli istituti di credito con responsabilità economiche, sociali ed etiche molto superiori a quelle in capo ad una ipotetica Pmi e nonostante l’elevato numero di esperti contabili a disposizione hanno chiuso o sono state salvate in extremis, grazie all’intervento di soggetti esterni.
I costi per adempiere agli obblighi imposti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sono molto importanti: secondo un’analisi condotta dal Cerved, sulle micro e sulle le Pmi ammonterebbero complessivamente a 2,9 miliardi di euro, anche se nel proseguo degli anni potrebbero far risparmiare al sistema economico del Paese circa 6 miliardi. Tuttavia, se i costi iniziali sono certi, diversamente sarà molto difficile quantificare i vantaggi futuri legati agli ipotetici mancati fallimenti aziendali.
Il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo, sottolinea come agli occhi degli imprenditori la Pa chieda molto più di quanto è in grado di dare, creando così una discrepanza notevole. A pesare sulle spalle degli imprenditori anche la dimostrazione degli avvenuti versamenti dell’Irpef, così come imposto dalla Legge di bilancio 2020, per quelle opere o servizi che superano i 200mila euro di valore annui. Una misura astuta, che tutela i lavoratori, ma che appesantisce il fardello economico che grava sulle Pmi. Iter burocratico che si può evitare adottando anche per i versamenti Irpef la procedura già usata dall’Inps per la verifica degli avvenuti pagamenti dei contributi di previdenza, nota con il nome di Documento unico di regolarità contributiva (Durc) che può essere assolta online. Ma la burocrazia non sbaglia mai. Sic!
Cosa in realtà sia la Burocrazia ce lo dice Wilhelm Reich, l’eretico allievo di Sigmund Freud: ogni gruppo umano fortemente gerarchizzato ha un collante essenziale in un meccanismo psicologico che, in sostanza è la trasposizione sociale d’una relazione sessuale sado-masochista. In questo tipo di relazione, com’è noto, uno dei partner trova la sua massima gratificazione nel dominio totale del partner sottomesso, che a sua volta trova la sua massima gratificazione nella sottomissione incondizionata al partner dominante. Dove il dominante e lo Stato incondizionatamente governato dalla partitocrazia, e il partner sottomesso e disarmato è il contribuente italiano.
In altre parole, secondo Reich, tutte le gerarchie autoritarie si basano sulla personalità sado-masochista che soddisfano i loro impulsi masochisti nell’obbedienza incondizionata al superiore e al potere che questo rappresenta (Stato, Chiesa, Partito) ed allo stesso tempo soddisfano i loro impulsi sadici nel dominio che esercitano sui loro dipendenti e sul “popolo minuto” esterno all’apparato del potere o sugli avversari di esso (oppositori, indipendentisti, miscredenti, nemici della vera idea). È evidente che in questo tipo di scala gerarchica, le personalità più sadiche cioè più affamate di dominio si collochino ai vertici della piramide, mentre alla base andranno a collocarsi le personalità più masochiste, cioè più bisognose di sottomettersi e obbedire all’autorità.
Si pensi al neonato Partito dei Veneti che si propone di realizzare una maggiore partecipazione democratica attraverso il referendum consultivo. La dissonanza cognitiva dei candidati di questa formazione consiste nel volere farsi eleggere alla Regione Veneto per progredire sulla via dell’indipendenza attraverso l’autonomia, ma quando e se l’otterranno essa sarà al “cloroformio” e ben diversa da quella che propagandano.
È evidente come l’apparato burocratico sia l’ideale per personalità autoritario-gregariste e per la loro aggregazione sociale. Purtroppo tali personalità bramano il potere ma sono letteralmente terrorizzate dalla responsabilità, cioè dalla necessità di prendere decisioni rapide ed autonome, perché la loro inadeguatezza rischia di esser svelata ai superiori e a tutti da questo tipo di decisioni.
Un fattore cruciale del frequente immobilismo del Burocrate sta appunto in questa sua lotta segreta fra fame di potere e paura delle responsabilità. La personalità del burocrate ha tratti pertanto fortemente infantili. Personalità di bambino insicuro obbediente ai genitori, prepotente con i fratelli, convinto che il mondo intero ruoti attorno all’onnipotente padre-padrone-padrino (il superiore, il politico che lo fa assumere per “concorso” redigendone il bando, l’ente che lo paga e lo protegge).
Fuori nel mondo reale del rischio, la vita dei compagni più liberi, cioè dei lavoratori indipendenti, continua a pulsare mentre lui, il Burocrate, ne è escluso. Lui può solo guastare la festa dei compagni con qualche divieto paterno. Nel suo mondo illusorio solo le funzioni e le finzioni della Burocrazia hanno valore. E difatti per lui anche la realtà esterna esiste solo se essa è riconosciuta, approvata, autorizzata da lui o da un altro membro della sua corporazione. Ma è soprattutto nel rapporto tra lavoro e guadagno che emerge l’assurdità della condizione burocratica. Da non trascurare poi che nella Pa, i burocrati più anziani predicano che l’arretrato è potere. Più carte da smaltire ci sono sulla loro scrivania, più favori potranno distribuire, estraendo dal mucchio la pratica giusta.
Per il Burocrate il reddito non è il frutto del lavoro apprezzato da utenti o consumatori o clienti che possono rivolgersi ad altri se non si sentono accontentati. Per il Burocrate il lavoro è solo presenza oziosa ed inutile in un luogo inutile. La sua attività quando esiste è solo un rituale noioso e defatigante imposto ad un’utenza coatta in regime di monopolio. E il reddito non ha nessuna rapporto con l’utilità e la qualità del lavoro prestato ma è solo il magico dono di un superiore, di un politico o di un Ente. Come lo scolaretto il Burocrate lavora senza neppure capire lo scopo della sua attività. Adulare e soddisfare il superiore-maestro ed ottenerne le migliori note di merito e la sospirata promozione è per il Burocrate, come per lo scolaro la suprema aspirazione.
Con il politico che agisce senza la deterrenza degli istituti di democrazia diretta, la situazione non migliora. E senza entrare in problemi che riguardano le vicende interne di questo o quel partito, riportiamo per comodità quanto già scritto da Primo Mastrantoni dell’ADUC (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori), a proposito delle dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico del M5S.
Vediamo quello che interessa i cittadini: l’azione di governo di Luigi Di Maio. Promesse e i risultati:
- In campagna elettorale aveva promesso 30 miliardi di taglio a sprechi e privilegi, da attuare con un decreto in 20 minuti al primo Consiglio dei Ministri.
Bufala: mai visto il decreto.
- Vuole chiudere le acciaierie Ilva e trasformarle in parco.
Bufala: l’Ilva continua a funzionare.
- Vuole chiudere la Trans adriatic pipeline (Tap).
Bufala: la Tap è in via di completamento.
- Vuole chiudere il tunnel Tav.
Bufala: i lavori proseguono ed è stato abbattuto il diaframma di separazione tra Italia e Francia.
- Vuole cancellare la Gronda (svincolo autostradale).
Bufala: le procedure sono state avviate.
- Vuole cancellare la legge Fornero.
Bufala: La legge Fornero non è stata cancellata né sostanzialmente modificata.
- Vuole abolire i vitalizi dei parlamentari.
Bufala: I vitalizi sono stati aboliti nel 2012 dal governo Monti. Quelli precedenti non sono stati aboliti, ma rideterminati. Il risparmio è dello 0,0007% del bilancio statale. È come se un lavoratore subisse una riduzione di 0,007 euro mensili su uno stipendio di 1000 euro.
- Vuole il taglio degli stipendi dei parlamentari.
Bufala: non c’è stato nessun taglio.
- Vuole il Decreto dignità per dare lavoro.
Bufala: le ore lavorate sono diminuite.
10. Vuole il Reddito di cittadinanza per creare nuovi i posti di lavoro.
Bufala: non sono stati creati, o sono del tutto marginali, nuovi posti di lavoro.
- Vuole l’abolizione della prescrizione per garantire la condanna dei colpevoli.
Bufala: ad essere danneggiati saranno gli innocenti e chi attende un risarcimento.
- Vuole il taglio dei parlamentari per risparmiare e accelerare le procedure per l’approvazione delle leggi.
Bufala: i risparmi sono irrilevanti rispetto al bilancio dello Stato ed è stato mantenuto il bicameralismo perfetto, cioè la ripetizione delle procedure per l’approvazione delle leggi.
- È contro i condoni.
Bufala: ha approvato il condono edilizio e fiscale.
- Era contro l’occupazione delle poltrone.
Bufala: ne ha occupate ben 3, da vicepremier, ministro del Lavoro e Sviluppo Economico.
- (l’aggiungiamo noi) Dopo il crollo del ponte Morandi a Genova voleva revocare le concessioni autostradali.
Bufala: niente revoca ad Atlantia, e a fine gennaio 2020 il titolo vola in borsa.
Di Maio: che disastro! E tutti i suoi omologhi non sono da meno.
E coloro che aspirano all’indipendenza da questo inefficiente Stato? In Veneto sono moltissimi, che ancor oggi non hanno trovato un’adeguata leadership. Eppure dovrebbero prendere coscienza delle parole di Max Weber (“La Politica come Professione”): «Lo Stato è quella comunità umana che all’interno di un determinato territorio rivendica per sé il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica. Ovviamente la forza fisica non è l’unico mezzo dello Stato, ma è il suo mezzo specifico.» Insomma, vorrebbero l’indipendenza ma non hanno ancora stilato un progetto politico-istituzionale (e i mezzi per attuarlo) che prefiguri un netto miglioramento della cruda realtà odierna.