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La fed non alza i tassi, ecco dimostrata la fragilità dell’economia americana

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graficoFEDdi GERARDO COCO

La decisione della Federal Reserve di lasciare invariati i tassi di interesse dimostra la fragilità dell’economia americana. Per sei anni siamo stati bombardati dalla propaganda dei media di regime sulla mitologia della crescita economica statunitense, la cosiddetta «ripresa americana». Ma, come già spiegavano in un articolo scritto nel gennaio scorso (Crescita USA, ma è vero?) si trattava di un’illusione.

La verità è che l’America perdeva posti di lavoro in un periodo in cui la popolazione aumentava come dimostra chiaramente il grafico della Fed di St.louis pubblicato lo scorso mese di agosto (vedi a lato): dal 2008 il trend dell’occupazione è infatti in forte calo. A partire dall’inizio del 2015 c’è stata invece un’altra farsa/tormentone: l’intenzione della Federal Reserve di alzare i tassi di interesse. Con una prospettiva di ripresa reale, i tassi avrebbero dovuto normalizzarsi, cioè essere portati al livello di pre-crisi. Una volta restaurato un clima di fiducia e sicurezza, infatti, l’aumento della domanda di credito per maggiori investimenti e consumi comporta il rialzo dei tassi di interesse.

Per nove mesi la chairwoman della Federal Reserve, Janet Yellen, e i suoi dodici apostoli (tanti sono i componenti del Federal Open Market Committee che regola la politica monetaria) si chiedevano urbi et orbi: aumentiamo o no i tassi di interesse fermi a livello zero dal 2008? E creavano nei mercati l’aspettativa del rialzo che avrebbe confermato il consolidamento della ripresa.

La farsa sta nel fatto che la Yellen ha sempre saputo che la ripresa era inesistente, ma ha finto per pianificare l’aumento dei tassi solo per prendere tempo facendo credere di aspettare il momento più opportuno per vararli e assecondare meglio la «ripresa». Ma, con la scusa di voler verificare i dati economici all’interno e dare l’impressione di una scelta ponderata, ha tirato troppo in lungo la farsa fino a irritare i mercati e aumentarne l’incertezza che ha raggiunto il massimo quando, il 17 settembre ha comunicato la decisione di non volerli variare con la scusa della fragilità dell’economia globale.

janetyellenLa responsabile della Fed, richiedendo qualche altro mese di riflessione, ha così dimostrato che è l’economia americana ad essere fragile e in via di peggioramento. La verità sta dunque venendo a galla: all’orizzonte non c’è nessuna ripresa reale e la banca centrale è assolutamente impotente.

Anzi è stata proprio lei a prolungare la crisi e a renderla irreversibile. Naturalmente non è solo colpa della Yellen. Finché l’economia americana non si libererà di tutti i veleni che ha accumulato in questi anni, non ci sarà alcuna legittima ripresa. Il caos monetario che i suoi predecessori hanno creato con gli stimoli monetari nella forma di tre quantitative easing, ha fatto perdere al sistema economico la sua capacità di adattamento.

L’economia ormai dipende dagli interessi zero ed è così fragile che basterebbe qualche frazione di punto in più per comprometterla. Siamo lontani dai giorni successivi al crollo del ’29, quando l’allora segretario del tesoro Andrew Mellon diede questo consiglio al presidente Herbert Hoover: «Se volete ridare fiato all’economia eliminate, prima tutto, il marciume». Era questo che doveva essere fatto, ma subito dopo lo scoppio della crisi del 2008: quello era il momento di alzare il tasso di interesse e fare pulizia.

Invece non solo si è salvato il marciume ma lo si è pure finanziato metastatizzando tutto il sistema. Gli stimoli monetari finora mandati ad effetto non hanno salvato l’economia e l’uomo della strada ma Wall Street che è il luogo di produzione e distribuzione del marciume, secondo solo alla banca centrale.

Comunque, cosa sarebbe successo se la Fed lo avesse aumentato i tassi?

1) Il dollaro si sarebbe apprezzato ancora di più per la sciamatura di capitali dall’area dello yen giapponese e dell’euro mettendo a rischio l’export USA.

2) I paesi emergenti già indebitati in dollari e con valuta debole e già a rischio di insolvenza, avrebbero dovuto ripagare debito e interessi in una valuta sempre più forte (si pensi al real brasiliano che si è svalutato del 40% rispetto al dollaro).

3) I margini delle multinazionali americane, i cui redditi provengono da oltreoceano e sono denominati in valute più deboli si sarebbero erosi abbassando i corsi di borsa.

4) Il bilancio del sistema bancario americano gravato da $156 trilioni di derivati sui tassi di interesse sarebbe stato compromesso: un aumento dell’interesse anche di un solo 0.1% avrebbe eroso il 10% del capitale; un aumento dell’1% lo avrebbe addirittura azzerato, rendendo tutto il sistema insolvente.

5) Con un debito a $18 trilioni (una cifra superiore del 38% del PIL dell’eurozona, escluse le passività fuori bilancio Medicare, pensioni ecc., che sono un multiplo del debito), un aumento dell’1% avrebbe comportato 180 miliardi in più di interessi da pagare. Come può il paese più indebitato del mondo aumentarsi gli interessi?

Bastava fare queste semplici considerazioni per capire che la Fed non avrebbe mai potuto normalizzare i tassi, senza contare che la situazione attuale è di gran lunga peggiore di quella del 2008 anche a causa dell’aggravamento della situazione geopolitica.  

Alla fine quando tutto è stato detto, la conclusione è che la Fed, non avendo avuto il coraggio di aumentare i tassi neppure di una frazione di punto, ha confermato che gli Stati Uniti, dopo sette anni sono ancora in crisi e siccome, secondo le nostre previsioni, la deflazione peggiorerà velocemente, non è escluso che la Yellen possa annunciare, anche prima della fine del 2015, il quarto quantitative easing che sarà diverso dai precedenti solo per la dimensione: grande quanto la somma dei primi tre. Altro che aumento dei tassi! Se questo dovesse accadere (se non quest’anno, il prossimo), la fine del dollaro come principale moneta di riserva non sarebbe lontana.

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3 COMMENTS

  1. Certo che siamo proprio fortunati, che di fronte all’incipiente disastro dell’economia USA , abbiamo la consolazione di una economia italica solida e ben piazzata………,

  2. I dati che Bottarelli illustra sul Blog Rischio Calcolato parlano la stessa lingua.
    I numeri non mentono, le banche centrali e i governi si.
    Ho visto uccidere animali.
    A cuore fermo hanno degli scatti tali per cui potrebbero apparire ancora vivi, ma il cuore è fermo.
    Io mi immagino, forse esagerando, l’economia attuale come un cadavere con ancora scosse che, qualcuno più acuto e acculturato di me, denominerebbe “ripresa”.
    Le scosse residue , prima del rigor mortis , del cadavere sono la cosiddetta ripresa economica, un fatto transitorio destinato a finire.
    Per la “crescita economica” sana , strutturata e quindi di durata prolungata, occorre attendere che il cadavere dell’economia sia fermo e nel rigor mortis, poi sia putrefatto e che concimi il terreno su cui è disteso.
    La yellen parla di economia di cadaveri.

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