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La leva obbligatoria è una riduzione in schiavitù

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di MATTEO CORSINI

Una delle (peraltro poche) cose liberali che fece Silvio Berlusconi nelle sue esperienze di governo fu l’abolizione della leva obbligatoria. Sono passati quasi 20 anni e ministro della difesa all’epoca era Antonio Martino, tra i pochi realmente liberali tra le fila berlusconiane.
Purtroppo non sono abbastanza giovane per aver potuto evitare un periodo di 10 mesi di schiavitù, ancorché non sia abbastanza vecchio per non aver potuto optare per il servizio civile. Opzione che, peraltro, non faceva venire meno la limitazione alla libertà per quel periodo.
Vent’anni dopo Matteo Salvini vorrebbe reintrodurre l’obbligo della leva per sei mesi, sia per i maschi, sia per le femmine (non me ne vogliano coloro che non si riconoscono in nessuno dei due generi).
Per il firmatario della proposta di legge, il leghista Eugenio Zoffili, dovrebbe essere istituito “un servizio civile e militare universale territoriale che coinvolga per sei mesi tutti i cittadini italiani tra i 18 e i 26 anni di età.” Badando alla comodità logistica, però, dato che il servizio sarebbe svolto “esclusivamente sul territorio nazionale e nella propria regione di residenza o domicilio, con priorità alla propria provincia.
Considerando che chi vuole fare il militare può scegliere di intraprendere quel percorso e lo stesso dicasi per chi vuole fare il servizio civile, sarebbe meglio evitare di ribaltare una delle poche norme di legge che hanno reso le persone un po’ più libere.
La leva obbligatoria è una riduzione in schiavitù, per quanto mi riguarda perfino più odiosa dell’imposizione fiscale. Al peggio pare proprio non esserci limite.

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