di ROBERTO LORENZETTI
La magistratura, invece di stupirsi, risponda a questi numeri che dimostrano chiaramente come la macchina giudiziaria italiana non funziona come dovrebbe.
In Italia il bilancio del sistema giudiziario nel 2022 ammontava a 5.921.758.141 euro, pari allo 0,31% del Pil, con un aumento del 21,6% rispetto al 2020. La somma corrisponde a una spesa di 100,6 euro per abitante (la spesa media europea pro-capite è di 85,4 euro). I tribunali costano circa 67 euro per abitante (53,4 euro nel 2020).
La durata dei processi resta un tallone d’Achille, anche se la riforma della procedura civile e penale del 2022 mira a ridurre la durata del processo del 25%.
Nei tribunali di prima istanza, ci vogliono 540 giorni per una causa civile (ce ne volevano 590 nel 2012), 355 per uno penale (erano 370 nel 2012) e 574 per i casi amministrativi. Nonostante questi miglioramenti, dice il rapporto del Consiglio d’Europa, il tempo complessivo rimane uno dei più alti tra gli Stati membri, soprattutto nel secondo e terzo grado: la durata totale di un contenzioso civile/amministrativo, attraverso i tre gradi, è di 2.356 giorni.
La maggioranza dei giudici è donna, con un aumento di 5 punti percentuali dal 2012 (oggi al 56%); è aumentata anche la percentuale di procuratrici (il 48% nel 2022 e il 42% nel 2012), mentre i presidenti dei tribunali restano uomini (il 70% nel 2022; erano il 79% nel 2012). E lo chiamano patriarcato…
Il salario lordo di un giudice a inizio carriera è di 57.500 euro (la media europea è di quasi 47mila), a fine carriera sale a 194mila circa, mentre la media europea è poco superiore a 100mila. Una follia! Ogni procuratore riceve in media 1.192 casi di prima istanza all’anno (in calo rispetto ai 1.811 del 2012).
P.S. della Redazione: A ciò, vanno aggiunti anche i dati della Corte di Strasburgo, che dice che l’Italia è il paese con maggiori condanne per “violazione dei diritti della difesa”, “illecita intrusione nella vita privata dei cittadini” ed anche “illecita intrusione nella proprietà privata”.
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