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La “milano italiana” che si dimentica di realizzare le infrastrutture

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Per motivi professionali, ho il privilegio di poter vedere in anteprima Turandot, l’opera diretta da Riccardo Chailly che inaugurerà Expo2015 il primo di maggio. Si potrà seguire in diretta  (venerdì sera dalle 19:40 su Rai5), quindi mi raccomando, non perdetevela, perché sarà a dir poco sensazionale.

Nel teatro più famoso del mondo, si celebrano non solo secoli di storia della musica occidentale, ma anche il secolare affinamento di straordinarie competenze in tanti ambiti diversi, artistici, tecnologici, produttivi, che nel teatro vengono esibite al servizio di una produzione teatrale che non ha eguali al mondo. Assisteremo a un’inaugurazione estremamente raffinata, e potremo essere orgogliosamente fieri (a parte un unico neo fuori teatro: sarebbe stato gradevole veder terminati i lavori stradali che interessano via Verdi ormai da mesi… ma nessuno è perfetto a questo mondo..) di questa Milano lombarda.

Poi c’è l’altra Milano, la  Milano italiana, quella dell’Expo vero e proprio. Dopo sette anni di clamorosi colpi di scena, e una rocambolesca corsa contro il tempo per completare il sito dell’evento, dobbiamo accontentarci di sperare che il semestre si apra senza intoppi. Nessuno sa come (e se…) la metropoli più famosa del pianeta nei prossimi sei mesi reggerà lo straordinario flusso di visitatori previsto. Per loro, ma soprattutto per chi vive ogni giorno in questo frenetico lembo terrestre, era stato ufficialmente annunciato un notevole upgrade infrastrutturale, che purtroppo non è stato realizzato se non in parte. Sono state in particolare le opere “su ferro” (metro e ferrovie) ad essere soppresse o rimandate a un futuro non tanto prossimo, per l’impossibilità di reperire i finanziamenti necessari. Opere definite “essenziali”, “necessarie” o semplicemente “connesse” nel dossier di candidatura a Expo, ma che erano e sono ancor più tali “oltre l’orizzonte Expo” (così di intitola l’elenco nel quale sono finite anno dopo anno, “grazie” ai tagli del Cipe e degli ultimi governi nazionali, da Monti a Renzi). Purtroppo però questa Milano “italiana” non è stata nemmeno in grado (per ora almeno) di inserirle nel piano di sviluppo (decennale) delle infrastrutture dedicate alla mobilità pubblicato a febbraio ( PUMS ), e che rimarrà a disposizione fino al 20 maggio per le osservazioni sui contenuti, prima dell’approvazione finale.

E’ bene ricordare che la Lombardia ha un residuo fiscale stratosferico (almeno 300 miliardi di euro quello accumulato negli ultimi sette anni, cioè dalla storica assegnazione di Expo2015 a Milano), in gran parte prodotto dall’area metropolitana milanese, quarta in Europa per popolazione dopo Londra, Parigi e Regione Metropolitana Reno-Ruhr. Un primato negativo aleggia però al di sopra della Madunina: traffico e inquinamento rappresentano un gravissimo handicap, che necessita di coraggiose scelte, non più procrastinabili.

Chiediamo dunque che vengano integralmente inseriti nel PUMS quanto meno tutti gli obiettivi annunciati nel dossier di candidatura a Expo2015 , affinché entro il 2025 vengano realizzate tutte quelle opere che avrebbero dovuto essere disponibili a fine aprile 2015.
Chiediamo inoltre che venga al più presto elaborato anche un piano di opere straordinarie per la vasta corona territoriale esterna all’area urbana milanese, cioè l’intera “città metropolitana”, che possibilmente includa anche l’attigua provincia di Monza Brianza (nella quale si registra il più alto indice di consumo del territorio tra tutte le province italiane, e in cui vive quasi un milione di cittadini per i quali non è al momento previsto alcun collegamento metro, a parte la fermata Monza-Bettola, peraltro ubicata nel territorio di Cinisello Balsamo, al confine con Monza).

di Luca Pozzoni – DIRITTO DI VOTO

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