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La moneta digitale cinese, il controllo e il futuro dell’Occidente

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di MATTEO CORSINI

In un articolo di commento sulle evoluzioni di criptovalute e fintech, Marco Onado, considerando la attuale regolamentazione (ritenuta carente), scrive, tra le altre cose, che “la battaglia in corso riguarda il controllo dell’informazione e il bilanciamento fra la tutela della privacy e la prevenzione dei fenomeni di uso illecito della finanza. Per questo, la moneta di banche centrali offre livelli di garanzia incomparabilmente più alti rispetto a qualsiasi altro prodotto oggi esistente, a cominciare dagli stablecoin che come recenti, tristi episodi dimostrano spesso offrono tutto tranne che la stabilità. Al contrario, le banche centrali hanno acquisito una tale credibilità in materia di tutela del valore della moneta, ma anche di rispetto della privacy e delle norme contro l’uso illecito del denaro, che in linea di principio offrono la migliore combinazione fra innovazione e rispetto dei princìpi fondamentali.”

Che le cosiddette stablecoin non risolvano il problema fondamentale dei sistemi monetari fiat è evidente a chiunque abbia una conoscenza minima della materia.  Nella migliore delle ipotesi si tratta di strumenti collateralizzati al 100% da attività a (presunto) basso rischio denominate nelle valute fiat rispetto alle quali intendono essere “stabili”. Come spesso accade in questi schemi, però, il collaterale non copre al 100% l’emissione di moneta, creando un sistema a riserva frazionaria.

Ciò detto, che le banche centrali abbiano la credibilità asserita da Onado in merito alla tutela del valore della moneta è smentito dai numeri, oltre che dallo stesso sorgere delle criptovalute. E non solo se si pensa a banche centrali di Paesi con sistemi monetari falliti, ma anche alle celebrate campionesse della stabilità monetaria, come Federal Reserve e BCE.

Quanto al rispetto della privacy, sospenderei il giudizio: a oggi le banche centrali semplicemente non se ne occupano, nel senso che il denaro contante è totalmente anonimo, mentre per quello elettronico sono gli intermediari bancari e finanziari a occuparsi di privacy. Intermediari che agiscono in conformità a norme emanate da governi e parlamenti, e che non esitano a mettere a disposizione delle autorità fiscali tutti i dati che le norme stesse impongono loro di trasmettere.

Le banche centrali, ancorché viga per convenzione la loro indipendenza dal potere legislativo, sono comunque entità formalmente o sostanzialmente rientranti nella pubblica amministrazione, con vertici soggetti a nomina o conferma da parte della politica. Lo stesso Onado, poche righe dopo, prende in considerazione l’esempio della Cina, Paese più avanti nello sviluppo della moneta digitale di banca centrale.

“Il governo di Xi Jinping sta mettendo a punto i dettagli del progetto cinese di moneta di banca centrale, che dovrebbe essere lanciato in grande stile in occasione dei prossimi Giochi olimpici invernali e che è già in uso da almeno venti milioni di persone (per la Cina, numeri da club elitario). Per l’utente, sembra un’alternativa ad Alipay, ma non è così perché qui non si passa da un conto bancario: il clic sullo smartphone ha lo stesso potere liberatorio della consegna di denaro contante. Un uso generalizzato all’intera popolazione (cosa che dati i costumi cinesi non è difficile immaginare) significherebbe il controllo assoluto da parte della banca centrale, che risponde al governo e al Partito comunista, delle informazioni fondamentali sulle abitudini di acquisto, gli spostamenti, le controparti di ogni cittadino. Neppure George Orwell era riuscito a immaginare una simile concentrazione di informazioni.”

Effettivamente il tipo di controllo sui cittadini che già oggi esercita il governo cinese e a maggior ragione quando sarà pienamente utilizzata la moneta digitale di banca centrale (con tanto di messa al bando di tutte le criptovalute) farebbe impallidire il Grande Fratello di Orwell. Si dirà che in Occidente questo non potrebbe succedere, perché sono regimi democratici e sono previste garanzie costituzionali per i cittadini.

Il fatto è che, a gennaio 2020, nessuno avrebbe immaginato, vedendo le immagini provenienti dall’applicazione del lockdown in Cina, che qualcosa del genere avrebbe potuto avvenire in Occidente. Eppure, per restare in Italia, poche settimane dopo la gente era obbligata a rimanere in casa, soggetta a un rigido coprifuoco e a indossare la mascherina camminando per strada anche senza incontrare nessuno.

Fu introdotto uno stato di emergenza che, di proroga in proroga, resterà in vigore almeno fino alla fine del 2021. I provvedimenti restrittivi della libertà di circolazione e alle attività produttive erano assunti ogni pochi giorni tramite decreti del presidente del Consiglio e annunciati in televisione, come in un qualsiasi regime totalitario.

Ovviamente il tutto per tutelare la salute pubblica (uno dei numerosi concetti collettivi che tanto sono diffusi nei regimi). In definitiva, se inquieta lo sviluppo della moneta digitale di banca centrale in Cina, non credo sia prudente dare per scontato che nulla del genere potrebbe succedere in Occidente.

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