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La pandemia risveglia il socialismo di certi americani

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di MATTEO CORSINI

Senza avere la pretesa di entrare nel campo della psicologia, nel quale non ho alcuna competenza, credo che la pandemia abbia fatto affiorare il socialista che è in molti. Per esempio, Roman Frydman e Edmund Phelps invocano un dirigismo per gli Stati Uniti che, a loro stesso dire, sarebbe più cospicuo anche di quello attuato durante la Seconda guerra mondiale.

Il governo federale dovrebbe fornire una sorta di assicurazione sistemica alle imprese, tenendole artificialmente in vita a patto che esse operassero secondo le direttive governative.

  • “Ciò che rende l’assicurazione sistemica una formula senza precedenti è che essa richiede non solo spesa pubblica – che può essere figurata come la parte liquida del premio – ma anche interventi governativi su vasta scala su come le nostre economie producono e distribuiscono beni e servizi. Questo passo verso l’intervento statale è molto più ampio di quanto lo sia mai stata la mobilitazione per la Seconda guerra mondiale, un parallelo che viene spesso evocato. Ma una simile riorganizzazione delle nostre economie implica ben altro che difficoltà di tipo operativo, soprattutto negli Stati Uniti, dove da sempre l’intervento diretto dello Stato nelle attività produttive è fortemente limitato. Sebbene l’intervento dei governi nelle economie moderne assuma molteplici forme, alcune idee radicate sull’equilibrio tra Stato e mercato stanno ostacolando perfino adesso una risposta adeguata a questa crisi. Il presidente Donald Trump e i policymaker statunitensi hanno finora favorito misure frammentarie, soprattutto quando si parla di un’azione orientativa e, di fatto, riorganizzativa nei confronti del settore privato da parte dello Stato. La loro innata convinzione della superiorità del mercato e delle iniziative private, a prescindere dalle circostanze, li porta a ritrarsi di fronte all’entità dell’intervento governativo necessario per salvare le nostre vite e i nostri mezzi di sussistenza. Certe convinzioni circa il ruolo dello Stato non devono diventare un ostacolo alla mitigazione dei gravi rischi sistemici che siamo chiamati ad affrontare. Purtroppo, i precedenti nella lotta a un’altra minaccia esistenziale come il cambiamento climatico, non fanno ben sperare.”

Si potrebbe osservare che gli Stati Uniti fossero già in realtà ben lontani da un modello libertario quando è iniziata l’emergenza sanitaria.

L’idea di fondo, però, che tutto quanto debba essere pianificato e deciso in modo centralizzato, presenta un duplice problema. Anche se nell’immediato appare più efficiente perché non si deve convincere e mettere d’accordo nessuno, ciò non toglie che nessun individuo o gruppo ristretto di individui sia onnisciente. E questo anche volendo tralasciare le consistenti compressioni alla libertà individuale.

Per di più, una applicazione coerente del principio della centralizzazione dovrebbe spingere verso un unico governo planetario, dato che la pandemia, anche se non uniformemente, sta interessando tutto il mondo.

Credo sarebbe necessario, anche di fronte a questa grande tragedia, mantenere lucidità e rendersi conto che, oltre al problema della conoscenza, c’è quello della libertà. Ci vuole poco a perderla; potrebbe volerci molto a riconquistarla.

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