di GIANLUCA MARCHI
Il progetto di trasformare la Lega Nord per l’indipendenza della Padania (si dice ancora così? mah…) in un partito nazionale sembra segnare il passo da qualche settimana a questa parte. Già dimenticato in qualche cassetto dopo essere servito per pompare i sondaggi oltremodo positivi sull’operato di Matteo Salvini oppure posto solo momentaneamente nel congelatore perché c’è da giocare la partita vitale del Veneto e dunque è necessario riscoprire le specificità territoriali? In un caso o nell’altro, la verità è che le prossime elezioni regionali del Veneto si prefigurano come un banco di prova fondamentale nel cammino del giovane e rampante segretario leghista, sull’altare del quale si devono al momento sacrificare tutti i giochi pirotecnici ai quali eravamo stati abituati da un po’ di mesi. Ad esempio ai fini dell’alleanza con Berlusconi e con quel che resta di Forza Italia, accordo annunciato proprio ieri sera, è stata sacrificata la candidatura di Edoardo Rixi, che è anche vice segretario federale, a governatore della Regione Liguria. Ammesso e non concesso che il centrodestra abbia qualche chanches di strappare la poltrona al Pd, la competizione se la giocherà il forzista Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi, uno dei giornalisti cresciuti alla corte dell’ex Cavaliere e poi beneficiati di un ruolo politico più per fedeltà che per meriti riconosciuti.
Eppure Salvini era andato personalmente a Genova per investire il suo vice Rixi della candidatura, ma evidentemente la “ragion di stato”, o meglio sarebbe dire la “ragion di bottega”, ha suggerito altre scelte. Il leghista aveva già stampato e affisso i manifesti “per Rixi presidente” e i suoi sostenitori sono in rivolta. Ieri sera Salvini ha dovuto correre a Genova per spiegare la scelta, ma sui social network molti leghisti delusi bollano il nuovo accordo col Berlusca come il “bacio della morte”. Per il momento, invece, la Lega corre da sola in Toscana col prof. Borghi Aquilini, l’economista di riferimento del partito, ma tutti sanno che le possibilità di vittoria del centrodestra in quei territori è prossima allo zero.
Quel che conta, per Salvini e per la Lega, è al momento solo Luca Zaia. Conta talmente tanto che il segretario federale ha ammorbidito i toni nei confronti di Berlusconi per portare a casa quell’alleanza che potrebbe dare al governatore veneto una relativa tranquillità di essere rieletto. Dico “potrebbe” perché ormai appare chiaro che le prossime elezioni non saranno la passeggiata facile e trionfale di cui in via Bellerio si era convinti fino a qualche tempo fa. Volenti o nolenti la vicenda di Flavo Tosi è destinata a lasciare il segno. Narrano le cronache che un sondaggio in possesso dei dirigenti del Carroccio situano Zaia al 44% contro il 39% della renziana Alessandra Moretti e al 10% del sindaco di Verona. Soli cinque punti di distanza dalla candidata della sinistra non danno una garanzia certa di rielezione. E in più c’è il timore che al momento il dato tosiano possa essere sottostimato, essendo il sindaco veronese entrato ufficialmente in campo come buon ultimo. Se Tossi dovesse avvicinarsi al 15% per Zaia sarebbero “volatili per diabetici” . Infine gli imprenditori veneti – medio piccoli, medi e grandi -, dopo aver flirtato con la Lega, adesso sarebbero tentati di avvicinarsi al premier pigliatutto Matteo Renzi attraverso l’appoggio alla sua candidata per la Regione.
Così nel quartier generale leghista è cominciato a insinuarsi qualche grammo di paura, che ha consigliato di riprendere i contatti con il “vecchio arnese” di Arcore e con la sua galassia ormai del tutto squinternata. La verità è che, nonostante la resurrezione elettorale alle europee dell’anno scorso e la ubriacante cavalcata nei sondaggi, abilmente ottenuta con una assidua presenza televisiva e inviando messaggi destinati alla parte più spaventata e debole dei cittadini, la prova veneta si prefigura come cruciale per Matteo Salvini. Se Zaia dovesse infatti uscire sconfitto, per il segretario federale comincerebbe un’inversione di tendenza assai pericolosa nella saldezza del movimento. Il tutto, sia chiaro, con buona pace dei temi indipendentisti e autonomisti. Ma tant’è, di quelle “cose strane” ormai non parla più nessuno, se non Tosi, il che è tutto dire…
ma perchè la lega è sempre impegnata a giocare una partita vitale? se maroni non fosse stato eletto in lombardia era la fine, se zaia non viene eletto in veneto è la fine… e via di questo passo. Col senno di poi se Maroni non veniva eletto forse era un bene. Non è che si confonde la speranza di molti giornalisti italiani e di qualche indipendentista deluso con la realtà? In una partita si vince e si perde, il rischio di sparire non sta nella sconfitta, ma nel trottolismo, termine che ho inventato seduta stante, ma che descrive bene chi un giorno va in sicilia a chiedere scusa e candida rixi e poi ritira rixi e si arrocca in Veneto, di chi le spara grosse, nuovo leader del centro destra nazionale e poi quasi quasi molla tutto e fa il sindaco di milano. stare un po’ qua un po’ là permette di fare il piacione con tutti, ma alla lunga stanca e rimani da solo. la mancanza di coerenza è rischiosa, non la sconfitta.