In uno dei consueti articoli dedicati al fisco sul Sole 24 Ore del Lunedì, Salvatore Padula auspica un approccio diverso da parte del fisco, affinché esso diventi chiaro, semplice e certo. Non è la prima volta che leggo auspici del genere. Di fatto, capita quasi tutte le volte che leggo un articolo su questo tema. Padula conclude così:
“Il fisco amico è forse un’illusione. Ma, in fondo, già sarebbe un gran successo non averlo come nemico.”
Nutrire per lo meno il dubbio che il fisco possa essere amico è già meglio di niente. Accontentarsi di non averlo come nemico lo considero la speranza di chi vorrebbe quanto meno limitare i danni. Tuttavia, non vedo come potrebbe non essere un’illusione anche avere un fisco “non nemico”.
Infatti, se il fisco non fosse nemico, il rapporto con il pagatore di tasse dovrebbe essere volontario, basato su uno scambio ritenuto accettabile (e vantaggioso) da parte di quest’ultimo. Uno scambio peraltro da poter interrompere, qualora si cambiasse idea.
In fin dei conti tutti i contratti prevedono clausole per disciplinare il recesso. Nel rapporto col fisco questa clausola non esiste. E il pagatore di tasse sa che, sottraendosi alla richiesta del fisco, espone se stesso all’utilizzo della coercizione da parte del “non nemico”.
Ognuno può pensarla come vuole, ma per essere non nemico un soggetto del genere assomiglia molto a un nemico vero.
Un delinquente rimane un delinquente anche se si atteggia simpaticamente.
Il fisco è amico solo di chi lo paga. E vale la regola generale: i ricchi hanno più amici.