di MATTEO CORSINI
Da qualche tempo Leonardo Becchetti e Guido Cozzi vanno sostenendo che la BCE potrebbe continuare a comprare titoli di Stato (indirettamente monetizzandoli) senza creare effetti negativi (o peggiorare quelli già prodotti). Già l’esordio del loro ennesimo articolo desta perplessità.
- “Per un attimo durante la pandemia e prima dell’aggressione russa all’Ucraina abbiamo vissuto nel migliore dei mondi macroeconomici possibili. La pandemia ha schiodato i Paesi Ue dalla contrapposizione tra cicale e formiche e ha spinto tutti a fare squadra e a sfruttare l’enorme potenziale dell’area euro. È così che nel periodo economico peggiore della storia del secondo dopoguerra abbiamo avuto a disposizione con il Pnrr fondi per politiche fiscali ben superiori (a valori reali corrispondenti) a quelli del piano Marshall. L’Ue non ci ha dato un assegno in bianco. Il patto è stato quello di vincolare l’utilizzo di queste risorse ad una “spesa buona” in grado di incidere sui problemi strutturali del nostro Paese e di creare le condizioni per un aumento della produttività non trascurando il welfare. Il pilastro invisibile di questo apparente miracolo è stato il piano di acquisti di titoli pubblici della Bce (senza nessun impatto inflazionistico nonostante l’aumento della massa monetaria sul mercato) che l’ha portata a detenere oltre un quarto dello stock dei titoli pubblici italiani e di altri Paesi membri, disinnescando in questo modo i rischi di tensioni sui mercati finanziari in un momento in cui la situazione debitoria di tutti i Paesi membri peggiorava per sostenere la spesa in ristori e sostegno a famiglie e imprese colpite dagli effetti economici della pandemia.”
Non credo che un contesto economico fortemente danneggiato dai lockdown, in cui il rimbalzo del Pil non aveva ancora compensato il crollo dell’anno prima ed era avvenuto solo grazie a potenti stimoli monetari e fiscali, possa essere considerato il “migliore dei mondi macroeconomici possibili”.
Lo stesso finanziamento del Pnrr non sarà un pasto gratis, anche se a sud delle Alpi si è festeggiato perché una parte dell’onere sarà a carico dei pagatori di tasse degli altri Paesi europei. Quanto agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, non si è affatto trattato di un “pilastro invisibile”, né può dirsi che non abbia avuto impatto inflazionistico, essendo tale per definizione. Secondo Cozzi e Becchetti l’andamento dei prezzi al consumo è schizzato a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il che non è vero, ancorché l’invasione abbia peggiorato le cose.
In generale, andrebbe sempre tenuto in considerazione che la compressione dei tassi di interesse è di per sé inflattiva, basti pensare alle migliaia di miliardi di titoli a rendimento negativo che c’erano fino a pochi mesi fa, il cui picco è stato raggiunto proprio durante la fase più acuta dello stimolo monetario anti-pandemia. Sarebbe questo il paradiso terrestre economico?
Per di più, anche quando i prezzi al consumo mostrano andamenti meno allarmanti di quelli degli ultimi mesi, ciò non significa che le politiche monetarie espansive non siano inflattive, dato che i prezzi potrebbero essere inferiori in assenza di intervento espansivo. Il tutto senza dimenticare le variazioni dei prezzi relativi indotte dalla politica monetaria.
Cozzi e Becchetti avevano ipotizzato che la BCE avrebbe potuto continuare a comprare titoli di Stato lanciando l’euro digitale e imponendo su di esso un requisito di riserva al 100%. All’epoca avevo osservato, tra le altre cose, che nulla vieterebbe di prevedere un requisito di riserva al 100% anche sui depositi bancari. Pare se ne siano accorti anche loro:
- “Dietro l’esempio allora proposto di sfruttare l’introduzione dell’euro digitale per introdurre sullo stesso un coefficiente di riserva al 100% creando così spazio per un aumento della posizione della Bce sui titoli di stato a massa monetaria invariata c’è l’idea di utilizzare strumenti di politica monetaria restrittiva per bilanciare in chiave antinflazionistica la prosecuzione delle politiche di acquisto dei titoli pubblici. Usando la riserva obbligatoria ma non solo. Prescindendo dall’introduzione dell’euro digitale è possibile usare la riserva obbligatoria e la regolamentazione prudenziale sulle banche se e quando è necessario azionare freni sulla liquidità generata dalle politiche di quantitative easing della Bce.”
- Sostenendo, però, che“la migliore strategia di medio periodo per evitare dinamiche inflazionistiche come quelle che stiamo vivendo in questo momento consiste nel promuovere l’indipendenza energetica e ridurre la dipendenza dei Paesi membri da fonti fossili e dagli attuali meccanismi di pricing. Nel frattempo i molteplici strumenti a disposizione della Bce consentono ampio spazio di manovra per conciliare i due obiettivi prioritari di lotta all’inflazione e corretta trasmissione delle politiche monetarie attraverso il controllo degli spread da realizzare con il mantenimento e la crescita delle posizioni della Bce in titoli pubblici dei paesi membri.”
Ridurre la dipendenza da fonti fossili non è di per sé risolutivo. Lo è ridurre la dipendenza da un unico (o quasi) fornitore. Segnalo, peraltro, che la corsa forzata all’elettrificazione del parco auto potrebbe generare una dipendenza dalla Cina. Non vorrei che coloro che per anni hanno dormito sulla dipendenza dalla Russia per il gas, si avegliassero in ritardo anche su questo fronte.
Resta il fatto che una politica monetaria espansiva non può essere sterilizzata senza produrre comunque distorsioni. Smettere di crederlo o cercare di farlo credere sarebbe un buon inizio.