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La redistribuzione mediante il fisco non ha nulla di solidale

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ANNAMARIA-FURLAN-CISLdi MATTEO CORSINI

Afferma Annamaria Furlan: “Nemmeno il 5% delle famiglie italiane può essere classificato con grandi patrimoni, questi vanno tassati non la gente normale”. Mesi fa la Cisl lanciò una raccolta firme per proporre l’abolizione delle imposte sulla prima casa e un bonus da mille euro annui per tutti i titolari di redditi fino a 40mila euro, finanziato con una bastonata fiscale sulle “grandi ricchezze”. Le firme raccolte hanno raggiunto la soglia di 500mila, per cui la Furlan, segretario generale della Cisl, ha presentato, con piena di soddisfazione, il disegno di legge alla Camera.

Che un disegno di legge di iniziativa popolare nel quale si propongono più soldi e meno tasse per una fetta di popolazione più consistente rispetto a quella che dovrebbe pagare il conto raggiunga 500mila firme, non deve stupire nessuno. A maggior ragione in Italia, dove per celare il movente dell’invidia si alza il paravento di due parole, tanto abusate quanto fraintese, come solidarietà ed equità.

Chiaramente la redistribuzione mediante il fisco non ha nulla di solidale, men che meno di equo, se non ci si limita a punti di vista del tutto soggettivi dei redistributori (anche qualora costoro brandiscano costituzioni o legislazioni varie).

Questa notizia, comunque, mi induce a esprimere una considerazione mai sufficientemente ribadita: l’avversione per qualsiasi forma di tassazione non deve essere basata prioritariamente su considerazioni utilitaristiche o di efficienza economica, bensì sull’affermazione del principio di non aggressione della proprietà dei soggetti tassati. Altrimenti, anche andando oltre alle sgangherate considerazioni di sindacalisti assetati di tasse altrui, si finisce per imbattersi in dotte (o pretese tali) disquisizioni di economisti che raccontano che alzando quella tassa e abbassando quell’altra si ottiene una crescita del Pil di un decimale in più.

Anche prendendo per buoni i risultati prospettati da tali disquisizioni (in realtà spesso basate su simulazioni econometriche che non ha alcun senso prendere per oro colato), bisognerebbe fare attenzione all’impostazione sottostante tali ragionamenti, perché, seguendone la logica, si finirebbe per appoggiare la totale espropriazione di soggetti proprietari di (più o meno ingenti) ricchezze ritenute impiegate in modo non conforme al parere illuminato del governante o dei suoi consiglieri economici.

Un’idea che chiunque voglia avere un minimo di rispetto per il diritto di proprietà dovrebbe considerare inaccettabile.

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