di FLORISSA CARA
Alla fine non ho resistito alla tentazione di andare al cinema a vedere l’ultima versione della Sirenetta. Perché?
La Sirenetta è legata alla mia infanzia, ai più bei ricordi, ai tempi in cui credevo che nella vita alla fine prevalgono sempre l’amore e la giustizia. Nulla di nuovo nella nuova versione, nemmeno una discreta fantasia da parte degli sceneggiatori nella riscrittura delle battute, né canzoni nuove.
Potrebbe sembrare tutto uguale, almeno nel contenuto, ma qualcosa di nuovo c’è. L’obiettivo non era la creazione di un film diverso, ma l’inserimento della propaganda all’interno di una favola famosissima. Il film infatti è l’ennesimo tributo alla cosiddetta cultura “woke”.
Il vero obiettivo è far assimilare nella mente dei più giovani, (riprogrammando anche quelle meno giovani se possibile) che il colore della pelle di eroi ed eroine deve essere sempre e necessariamente di tonalità molto scura. E i cattivi, gli stregoni e le megere, possono essere colorati? Assolutamente no. Nel mondo immaginario creato ad hoc per celebrare il Nuovo Mondo questi personaggi possono essere solo bianchi.
Insomma, nel 1989 (anno di uscita della Sirenetta Disney) gli effetti speciali erano ancora acerbi e le chiome delle eroine erano solitamente dorate o ramate, le carnagioni lattee, a massimo leggermente ambrate, ma esisteva ancora la capacità di donare emozioni al pubblico. Oggi, oltre alla propaganda niente… Non esiste alcun ramo artistico in grado di suscitare emotività. Per questa ragione è necessario andare a rispolverare antichi successi se si cercano emozioni.
L’ultima versione della Sirenetta ci racconta solo la crisi dell’Occidente ormai imprigionato in questa ossessione e a noi che speriamo e crediamo nella fine di questo infernale paradigma non ci rimane altro che guardare i film di una volta se vogliamo sognare.