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La sovranità della legge e i bitcoin, strumenti utili alla libertà

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COP-sovranitadellaleggebirindellidi REDAZIONE*

Nel nuovo libro “La sovranità della Legge” (Leonardo Facco Editore, p. 192, € 15,00) Giovanni Birindelli, stimato studioso di economia e filosofia politica di orientamento austro-libertario, ha raccolto una serie di saggi che hanno come filo conduttore la critica del giuspositivismo, cioè di quella corrente filosofica che identifica il diritto con la legge dello stato. La riflessione di Birindelli si inserisce dunque nel filone del liberalismo classico che ha sviluppato l’idea di ordine spontaneo nella società, nell’economia e nel diritto, e che ha come esponenti principali Hume, Smith, Hayek e Leoni.

Secondo l’autore l’interventismo statale è solo la causa più visibile del declino economico e culturale del mondo occidentale. La causa più profonda è la degenerazione del concetto di Legge, non più concepita come principio generale valido per tutti, ma come comando “positivo” proveniente dal potere politico e aperto a qualsiasi contenuto. Se la Legge (con la maiuscola) è per definizione una regola generale che vincola e limita il potere, la legge “fiat” (con la minuscola) è invece espressione arbitraria della volontà del più forte, cioè il suo esatto opposto.

Di particolare originalità è il capitolo conclusivo del libro, intitolato “Proposta strategica: l’offerta privata della legislazione”. Qui Birindelli si sposta dal piano teorico a quello strategico, e offre un suggestivo modello per ripristinare il primato della Legge all’interno di un ordinamento privato capace di affiancarsi alle istituzioni politiche vigenti.

Anche un altro eclettico autore libertario, Gian Piero De Bellis, ha riunito i suoi saggi nel libro “Lo stato sono loro. Dallo stato territoriale alle comunità volontarie” (Libreria San Giorgio, p. 267, € 12,00). In questo testo l’autore propone un nuovo modello di organizzazione politica che vada oltre il principio della territorialità. Si tratta di un progetto che, ad avviso dell’autore, è diventato realizzabile grazie ai progressi della globalizzazione, dell’informatica e delle comunicazioni.

Di particolare efficacia sono i capitoli iniziali dedicati alla critica della democrazia, che l’autore definisce “il peggior sistema che ci sia”. “La democrazia”, scrive de Bellis, “è davvero la lotta di tutti contro tutti per accaparrarsi la cassa generale, per ottenere favori da parte di un gruppo a discapito di tutti gli atri. Attraverso la democrazia i peggiori, cioè quelli più affamati di potere, si fanno eleggere promettendo mari e monti ad un popolo di illusi e di imbranati che non vogliono prendersi cura di risolvere i propri problemi e sperano che una schiera di eletti faccia meglio di loro. In cambio si aspettano di ricevere quote delle ruberie dalla fazione che risulta vincente.”

Sotto i colpi di De Bellis, che scrive con uno stile fortemente caustico, cadono tutte le mitologie della modernità, come la politica (“pratica della barbarie” e “oppio dei popoli”), gli uomini politici (“imbonitori furfanti”), la redistribuzione statale (“immorale follia”), le teorie keynesiane. Per De Bellis, John M. Keynes rappresenta “il peggio del peggio, uno dei più ridicoli esponenti di una società composta da persone con il cervello bucato e le mani bucate”, di un mondo fatto di politicanti che maneggiano i soldi di tutti come se fossero i propri,  impegnati a pasteggiare a champagne nelle varie conferenze da loro indette per risolvere le crisi economiche da essi stessi generate.

Un’analoga disistima per gli economisti moderni si ritrova nel saggio di Deirdre N. McCloskey I Vizi degli Economisti, le Virtù della Borghesia” (IBL, 130 p., € 16,00) pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni. McCloskey, economista della scuola di Chicago, nata uomo, sposata per trent’anni, padre di due figli, diventata donna nel 1995, è un’appassionata studiosa e sostenitrice dei valori dell’etica borghese, che a suo avviso hanno favorito le più grandi realizzazioni della storia dell’Occidente. 

In questo saggio sostiene che anche la vita intellettuale e la scienza economica devono recuperare le virtù borghesi della fiducia, dell’onestà, della prudenza. La buona ricerca scientifica, infatti, funziona allo stesso modo del mercato, attraverso lo scambio di idee, il dialogo e la persuasione. Quando gli economisti esaminano i fatti economici, costruiscono teorie e propongono misure di politica economica dovrebbero impegnarsi con la stessa serietà, attenzione per la realtà e cautela che usano i borghesi quando svolgono i loro affari.

Purtroppo nei dipartimenti di economia ha prevalso, negli ultimi quarant’anni, un metodo freddo e meccanico che ambisce a prevedere e controllare attraverso modelli statistico-matematici la vita delle persone. Secondo l’autrice i maggiori responsabili di questa degenerazione della scienza economica negli Stati Uniti sono stati Lawrence R. Klein per l’impiego eccessivo e superficiale dei dati statistici, Paul Samuelson per la sua modellistica macro-economica “alla lavagna”, e Jan Tinbergen per le sue pretese di ingegneria sociale.

A proposito di virtù borghesi, una famosa inchiesta svolta da Thomas J. Stanley e William D. Dankosugli stili di vita dei ricchi che vivono negli Stati Uniti,“Il milionario della porta accanto. I segreti sorprendenti della ricchezza” (Gribaudi, p. 286, € 25,00) ha rivelato che, contrariamente a quanto si pensi, questi valori sono ancora molto radicati nelle fasce ad alto reddito della popolazione americana. La maggior parte di queste persone non hanno alcun aspetto appariscente, sono frugali, programmano con attenzione le entrate e le uscite. E’ interessante il fatto che per due terzi sono lavoratori autonomi, e che per l’80% sono ricchi di prima generazione, non avendo ricevuto eredità dai genitori.

Anche investire in oro è una forma di saggezza finanziaria, in tempi di crisi economiche e politiche monetarie irresponsabili. Il metallo giallo ha infatti la singolare capacità di conservare inalterato il suo potere d’acquisto nel tempo, anche per secoli. Non è un caso che in passato l’oro, grazie alle sue caratteristiche peculiari, sia emerso spontaneamente nel mercato come il mezzo di scambio più affidabile. Chi volesse approfondire queste tematiche può leggere l’aggiornato libro di Carlo Alberto Della Casa, “I segreti per investire con l’oro. Fra storia e finanza alla scoperta del mercato aureo” (Hoepli, p. 176, € 24.90).

Oltre all’oro, l’altra moneta che appassiona i liberali e i libertari è Bitcoin, la valuta digitale decentralizzata concepita in maniera analoga al funzionamento della moneta aurea. Bitcoin, infatti, ha il vantaggio di non poter essere inflazionato a piacimento da nessuno, perché non esiste un ente centrale che ne controlli l’offerta. Garantisce inoltre un’elevata tutela della privacy, e se in futuro la sua diffusione continuerà ai ritmi attuali potrebbe diventare un’alternativa di gran lunga superiore alle inaffidabili e inflazionate valute statali. Le questioni tecniche e politiche del Bitcoin sono trattate nel recente libro di Benjamin Guttmann, “Bitcoin. Guida completa” (LSWR, 221 p., € 29,90).

Infine, per i lettori in lingua inglese è disponibile l’ultimo libro di Llewellyn H. Rockwell, “Against The State. An Anarcho-Capitalist Manifesto” (LewRockwell.com, p. 190, € 25,00). Il fondatore del Mises Institute sostiene che una società senza Stato fondata sul capitalismo, come quella teorizzata da Murray N. Rothbard, non porterebbe al caos ma sarebbe infinitamente più prospera e pacifica di quelle attuali.

*di Guglielmo Piombini – RUBRICA IN COLLABORAZIONE CON “LIBRERIA DEL PONTE”, LA LIBRERIA UFFICIALE DE IL “MIGLIOVERDE”

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1 COMMENT

  1. Senbrava un blog serio fin ora. BitCoin… ma perfavore…
    sapete quanto ci vuole per uno stato come la cina a tirar su un 8% della forza di mining e fregarvi tutti ? già fatto.

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