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L’altra città, mezzo chilometro di torre nel deserto del sahara

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Il progetto c’è, anche se non ancora definito in ogni sua parte: ora occorre capire se si troveranno gli investitori – soprattutto internazionali – interessati e quindi disponibili a mettere mani al portafoglio. Si tratta di una “città verticale”, una torre, alta 450 metri, che sorgerà nel deserto marocchino, destinata ad ospitare decine di esercizi commerciali, uffici, lussuose abitazioni, un albergo, bar e ristoranti, ma anche postazioni scientifiche per rilevazioni meteorologiche.

Il progetto è opera di uno studio di architetti francesi, l’OXO Architectes, che per pubblicizzarlo l’ha pubblicato sul suo sito, raccogliendo centinaia di contatti. A spiegare l’iniziativa è Manal Rachdi, fondatore dello studio di architetti e d’origine marocchina. E’ stato lui il “motore” del progetto, avviato due anni fa, che si rifà alle “città verticali”, con le quali in molti Paesi si affrontano i problemi relativi all’appesantimento della demografia nei grandi agglomerati urbani. “Si tratta – ha detto al sito Telquel – della base di uno studio che abbiamo realizzato avendo come obiettivo di sviluppare un progetto di urbanizzazione”. “Ho scelto il Sahara marocchino – ha aggiunto – perché mi sembra appropriato per il progetto ed anche perché il Marocco è il mio Paese d’origine”.

La torre si basa essenzialmente sull’idea di una “città verticale”, che armonizzi edifici autonomi, che funzionino grazie ad un massiccio utilizzo di energie rinnovabili e geotermiche, reso possibili da avanzatissime soluzioni tecnologiche.

Le immagini del progetto che ritraggono la “città verticale” – per la quale è prevista una estensione di oltre 78mila metri quadrati – hanno creato enorme interesse in Marocco, e non solo nell’ambito dei potenziali investitori, perché viene considerata l’occasione di “regalare” al Regno una struttura che potrebbe diventare famosa in tutto il mondo.

Ma i tempi non sono brevi perché, come spiega lo stesso Rachdi, la struttura potrebbe essere completata – tra indagini geomorfologiche, iter progettuale, burocratico e di realizzazione – solo nel giro di una decina di anni. Manal Rachdi – che definisce la sua creatura come “la pietra scolpita nel deserto” – ammette di essere stato già contattato da investitori che hanno mostrato un forte interesse per la ‘torre’, ma l’architetto vuole che il progetto segua i suoi tempi.

di Diego Minuti – Ansa

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