Cos’è l’anarco-capitalismo? La dottrina secondo cui una società capitalista senza Stato è economicamente efficace e moralmente desiderabile. Si presenta come il limite e l’unione di due teorie: la libertà dell’anarchismo si estende all’economia; la libertà capitalista dilaga nel sociale permeando di sé le condizioni di base della vita in società.
Per l’anarco-capitalismo, l’anarchia è un elemento costitutivo dell’economia capitalista in ogni ambito: ciò significa che, anche nell’offerta dei servizi di sicurezza pubblica come polizia, tribunali e difesa nazionale, lo Stato dovrebbe cedere il suo posto a imprese o associazioni libere, private e concorrenziali. Altre differenze dall’anarchismo tradizionale? Si fonda sulla proprietà privata per riconciliare le molteplici azioni individuali e, posta l’uguaglianza formale di tutti gli individui sul piano giuridico, ammette le ineguaglianze che la libertà totale produce o garantisce. Dopo il capitolo introduttivo dedicato alla definizione di anarco-capitalismo e alla scoperta dei suoi precursori (il primo fu Gustave De Molinari), il saggio di Pierre Lemieux, professeur associé alla Université du Québec en Outaouais e senior fellow al Montreal Economic Institute è suddiviso in tre parti: Le idee economiche dell’anarco-capitalismo; Le idee filosofiche dell’anarco-capitalismo; Critiche e dibattiti.
L’anarco-capitalismo rinnova il vecchio sogno libertario e l’ideale liberale “riabilitando sia il valore del capitalismo sia la possibilità fattuale dell’anarchia”. La speranza dell’Autore è che un giorno il progresso dell’umanità e della civilizzazione possa portare all’unione di questi due gradi ideali moderni, l’anarchismo e il liberalismo. Per ora, “sebbene incompiuta e talvolta caratterizzata da qualche incoerenza, nell’ambito delle sue diverse scuole, l’anarco-capitalismo rimane una dottrina di immenso potere attrattivo, perché impone un ripensamento radicale delle teorie collettiviste, stataliste ed egalitariste che tanto hanno caratterizzato il XX secolo”.
Come scrive Lemieux nella Prefazione all’edizione italiana, “L’anarchia rimane l’ideale dalle cui altezze occorre gettare uno sguardo non compiacente sullo Stato”.
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Pierre Lemieux, L’anarco-capitalismo, Liberilibri.
Ho sempre visto l’anarchia come applicazione coerente del liberalismo. Perché le critiche che i liberali fanno solo Stato dovrebbero arrestarsi quando si parla di giustizia, difesa, polizia, scuola, sanità, strade? La critica radicale dello Stato fatta dal liberalismo classico portata fino in fondo diventa anarcocapitalismo. L’ideale anarchico di una società senza Stato è la risposta definitiva. Il che non significa ne senza organizzazione ne senza regole ne senza ordine ne senza autorità o gerarchie. Che tutta questa cose possono esistere anche senza lo Stato, che se mai è anzi un portatore di perenne scompiglio, con il suo incontrollabile profluvio di tasse, di debiti, di norme, di guerre, etc..
Il liberalismo è una cosa, l’anarchia un altra e non può esistere nel capitalismo.
Mi spiego: abbiamo, purtroppo, dei pessimi esempi di cosa porta il capitalismo senza regole (prodotti cinesi, est europei ed anche italiani), utilizzo di materiali scadenti e pericolosi per la salute, inquinamento, sfruttamento al di la della ragionevolezza del fattore produttivo forza lavoro, ecc). Faccio un esempio terra terra, io uso l’acque del fiume (depurandola) per irrigare i campi, uno impianta una fabbrica a monte ed inquina l’acqua rendendomela inutilizzabile. L’anarchia porta a questo, va bene il liberismo, con poche regole non opinabili (salute, inquinamento, ecc) ma fatte rispettare anche spietatamente.
in sostanza, mi sembra che per conciliarle le due posizioni che a primo acchito sembrano inconciliabili, entrambe dovrebbero essere assoggettate ad una piattaforma di principi condivisi: 1) salvaguardia della continuità della specie e delle risorse, per scongiurare l’inquinamento ambientale, 2) concorrenza sleale cioè subdola, che inganna chi produce e chi consuma.