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L’assalto di Nietzsche al principio libertario di non aggressione

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di GUGLIELMO PIOMBINI

Friedrich Nietzsche è il filosofo che con più virulenza ha attaccato i  princìpi morali della tradizione giudaico-cristiana, tanto che potremmo designare il periodo che va dal 1870 al 1945 come “l’epoca di Nietzsche”. Il filosofo tedesco era convinto che secoli di cristianesimo avessero rammollito gli europei e che per creare un’umanità superiore bisognasse sbarazzarsi di tutte le norme morali esistenti. Nietzsche aveva compreso perfettamente che l’essenza del cristianesimo, poi trasfusa negli ordinamenti liberali, era il valore assoluto attribuito ad ogni individuo ed era proprio questo principio che intendeva distruggere: «L’individuo fu tenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare; ma la specie sussiste solo grazie ai sacrifici umani […] E questo pseudoumanesimo che si chiama cristianesimo, vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato».[1]

Se la tradizione individualistica dell’Occidente si fonda sul principio di non aggressione, secondo cui non è mai lecito dare inizio all’uso della forza contro la persona e la proprietà altrui, la filosofia alternativa di Nietzsche si fonda sull’opposto “principio di aggressione”, così formulabile: per il bene dell’umanità, il forte ha il dovere morale di schiacciare, eliminare, sacrificare il debole, senza alcuna pietà. Tutta la sua opera costituisce un inno a questo principio: «È immorale, è contro natura nel senso più profondo dire ‘non uccidere». In questo rovesciamento satanico del cristianesimo, il peggior peccato contro l’umanità è la pietà verso i propri simili: «Vedere gli altri soffrire fa bene, far soffrire gli altri fa ancora meglio […]. Senza crudeltà non c’è festa».[2]

Come scrive nella sua opera più demoniaca, L’Anticristo: «I deboli e i deformi devono perire: questo è il principio primo della nostra filantropia. E si dovrà favorire che ciò avvenga. Che cos’è più dannoso di qualsiasi vizio? La simpativa verso i deboli e i deformi: il cristianesimo».[3]Al contrario, l’animo nobile «accetta con animo del tutto tranquillo il sacrificio di innumerevoli uomini che, nell’interesse dell’aristocrazia stessa, devono essere soppressi o ridotti a subumani, schiavi e strumenti».[4] E ancora: «la grande maggioranza degli uomini non ha diritto all’esistenza, poiché sono una iattura per gli esseri superiori».[5] La necessità dello sterminio degli esseri inferiori diventa un’ossessione ricorrente nelle sue ultime opere: «Annientamento dei malriusciti – per questo ci si deve emancipare dalla morale odierna».[6]

La morale da cui emanciparsi è, ovviamente, quella giudaico-cristiana, giusnaturalista e liberale, incentrata sul principio di non aggressione: «Vivere – vuol dire: essere senza pietà per i moribondi, i miserabili e i vecchi? Essere sempre di nuovo assassini? Eppure il vecchio Mosè ha detto: “Non uccidere!”».[7] A Mosè, il fondatore della della tradizione ebraico-cristiana che domina in Occidente, Nietzsche contrappone Zarathustra: «La legge suprema della vita, formulata da Zarathustra per primo, vuole che si sia senza compassione per ogni scarto e rifiuto della vita, che si distrugga ciò che per la vita ascendente non sarebbe che ostacolo, veleno, cospirazione, sotterranea ostilità, in una parola cristianesimo […]. È immorale, è contro natura nel senso più profondo dire “non uccidere”».[8]

Questa nuova concezione dell’etica, sostenuta con grande passione da Nietzsche, esercitò una grande influenza sui suoi contemporanei, soprattutto sui giovani. Albert Schweitzer, sulla cui figura torneremo nel prossimo capitolo, ricorda che «in quegli anni di fine secolo suscitò enorme risonanza in noi studenti la pubblicazione di scritti molto diversi fra loro: quelli di Nietzsche e quelli di Tolstoj […], lo scrittore e pensatore russo esprimeva una visione ben diversa da quella del filosofo tedesco […]. In tal modo noi, i giovani di un XIX secolo che volgeva alla fine, avevamo di fronte due visioni del mondo, in contrasto fra loro, su cui riflettere e prendere posizione».[9]

L’Europa si trovò in quegli anni davanti al bivio morale più importante della sua storia: da una parte Tolstoj, che incarnava la rigorosa fedeltà al principio giudaico, cristiano e liberale di non aggressione, che egli concepiva nella sua massima estensione, esortando – nel suo pacifismo assoluto – a non usare la violenza neanche per resistere al male; dall’altra parte, la morale dei dominatori e la volontà di potenza incarnate da Nietzsche. Tra lo sbigottimento e la costernazione di Schweitzer, gli europei rifiutarono “l’ingenuo” e “utopistico” insegnamento cristiano di Tolstoj e si fecero sedurre dalla tentazione demoniaca di Nietzsche: «Ero stato profondamente impressionato dal fatto che, in varie occasioni, la pubblicazione e la diffusione di pensieri disumani non venisse riprovata e biasimata, ma accettata senza obiezioni. L’opinione pubblica era forgiata dalla Realpolitik. La “volontà di potenza” di Nietzsche cominciava ad esercitare la sua infausta influenza».[10]

Paradossalmente, la “sfortuna” di Nietzsche è stata quella di aver avuto troppo successo e troppo presto. La sua filosofia trionfò al di là delle sue stesse previsioni. L’insensato massacro della Prima guerra mondiale, catastrofe dalla quale sono scaturiti tutti i successivi drammi del XX secolo, scoppiò in un’atmosfera di generale esaltazione nietzschiana. Molti lo videro come il conflitto finale e risolutivo tra l’uomo cristiano e l’uomo moderno, necessario ad aprire la via all’avvento del superuomo. Nietzsche aveva annunciato, infatti, che l’Europa aveva bisogno «non solo di guerra, ma addirittura delle guerre più grandi e terribili» per non perdere la sua civiltà e la sua stessa esistenza.[11] Nell’estate del 1914, molti giovani volontari tedeschi partirono per il fronte portando nello zaino le opere di Nietzsche, mentre una libreria di Londra affisse alla vetrina un cartello su cui era scritto che il conflitto iniziato il 2 agosto 1914 era “la guerra europea di Nietzsche”.[12]

Il pittore tedesco Otto Dix fu uno dei tanti appassionati lettori di Nietzsche che erano andati volontari in guerra per mettersi alla prova di fronte al pericolo della morte e vivere un’esistenza intensa ed esaltante. Scoprì invece che la guerra non rigenerava l’uomo, bensì lo mutava in belva sanguinaria o in bersaglio inerte per il tiro a segno della morte, così come egli rappresentò se stesso in due autoritratti del periodo bellico.[13]

Alla prova della realtà, il filosofo che si era atteggiato a novello Zaratustra si rivelò il peggiore dei profeti, perché invece dell’ascesa dell’uomo verso il superuomo, la guerra fece discendere l’uomo alla condizione più bestiale, senza nessuno dei tratti eroici che egli aveva attribuito alla “belva bionda”. A dispetto dei sogni di grandezza e di rigenerazione, tra il 1914 e il 1945 l’Europa scese al gradino più basso sulla scala della civiltà, perdendo per sempre il proprio primato.

Di gran lunga più preveggente si rivelò lo scrittore Max Nordau, il quale fu tra i pochi a denunciare il carattere totalmente demenziale, delirante e degenerato del pensiero di Nietzsche come il sintomo più grave della perversione morale dell’Europa: il fatto che «un maniaco dichiarato ha potuto passare in Germania per un filosofo e far scuola è una grave onta per la vita intellettuale presente della Germania», scrisse nel 1892.[14] Purtroppo, osserva lo storico Emilio Gentile, all’alba del nuovo secolo la “grave onta” suscitata dalla crescente popolarità delle idee di Nietzsche avrebbe potuto essere estesa a tutto il continente europeo, tanto era vasto il territorio nel quale si era diffusa la fama del pensatore impazzito.[15]

Nietzsche infatti passò gli ultimi anni della sua vita immerso nella follia più completa. Il suo crollo psichico, lungi dall’essere accidentale e non correlato con la sua filosofia, non poteva non avere un significato spirituale. Si trattò, secondo René Girard, dell’inevitabile risultato della rotta seguita da questo filosofo verso la consumazione finale della sua follia visionaria, che di anno in anno si fece sempre più vicina alla megalomania patologica di Ecce homo.[16] Le conseguenze disastrose delle sue idee luciferine sulla sua stabilità mentale e sulla sua vita sono evidenti. Le sue ultime lettere tradiscono una solitudine disperata: egli quindi provò amaramente a sue spese quella mancanza di pietà che tanto aveva esaltato nella sua mitologia.[17]

Nietzsche si verrà a trovare nella stessa situazione di numerosi altri pensatori rivoluzionari, da Karl Marx a Jean-Paul Sartre, che non seppero valutare le conseguenze delle proprie parole. Nella loro irresponsabilità, questi apprendisti stregoni non compresero esattamente quali forze avrebbero scatenato. In questa strabiliante mancanza di immaginazione, Nietzsche non fu in grado di vedere i lager, le camere a gas, i forni crematori e gli esperimenti sui bambini dietro le proprie allucinate esaltazioni della crudeltà e della “belva bionda” avida di preda. Così come tanti intellettuali di sinistra non riuscirono a vedere il gulag, il terrore e gli stermini di massa dietro gli infuocati incitamenti alla dittatura del proletariato, alla lotta di classe e all’annientamento della borghesia. Forse non presero abbastanza sul serio le atrocità che scrivevano o non pensavano che qualcuno li avrebbe presi alla lettera. Ad ogni modo, consapevoli o meno, non sono scusabili, perché sollecitare la follia omicida significa spargere i semi del disastro.

Capitolo tratto dal libro di Guglielmo Piombini, La Croce contro il Leviatano. Perché il Cristianesimo può salvarci dallo Stato Onnipotente, Tramedoro Edizioni, 2021, € 15, ordinabile alla Libreria del Ponte.

QUI, LA RECENSIONE AL LIBRO DI LEONARDO FACCO

NOTE

[1] Friedrich Nietzsche, Frammenti postumi 1888-1889, Adelphi, Milano, 1986, 15 (110), pp. 257-258.

[2] Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, dissertazione II, sez. 6.

[3] Friedrich Nietzsche, L’Anticristo, sez. 2. Giustamente Giuseppe Fornari afferma che «L’anticristo è un’opera per definizione satanica, è l’interpretazione satanica del cristianesimo, è il considerare la sua storia e il suo messaggio dal punto di vista di Satana» (Giuseppe Fornari, “L’Anticristo e la Croce”, in René Girard, Giuseppe Fornari, Il caso Nietzsche, Marietti 1820, Genova, 2002, p. 222).

[4] Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, sez. 258.

[5] Friedrich Nietzsche, La volontà di potenza, sez. 872.

[6] Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, XI.

[7] Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 26.

[8] Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, XIII.

[9] Albert Schweitzer, “L’origine dell’idea del rispetto per la vita ed il suo significato per la nostra cultura” (1963), in Rispetto per la vita, Claudiana, Torino, 2019, pp. 10-11.

[10] Albert Schweitzer, “L’origine dell’idea del rispetto per la vita ed il suo significato per la nostra cultura” (1963), in Rispetto per la vita, p. 12.

[11] Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano, Adelphi, Milano, 1970 [1878], I, p. 379.

[12] Stuart Wallace, War and the Image of Germany. British Academics 1914-1918, John Donald, Edimburgo, 1988, p. 50.

[13] Emilio Gentile, L’apocalisse della modernità. La Grande Guerra per l’uomo nuovo, Mondadori, Milano, 2008, p. 240.

[14] Max Nordau, Degenerazione, F.lli Dumolard, Milano, 1893-94 (1892), II, p. 428.

[15] Emilio Gentile, L’apocalisse della modernità, p. 64.

[16] René Girard, “Nietzsche, la decostruzione”, in René Girard, Giuseppe Fornari, Il caso Nietzsche, p. 98.

[17] Giuseppe Fornari, “Ciò che nessuno ha scorto”, in René Girard, Giuseppe Fornari, Il caso Nietzsche, p. 241.

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5 COMMENTS

  1. Molto interessante, e molto interessante anche il sottolineare come il principio liberale di non aggressione sia legato al cristianesimo.
    Dedicato a chi pensa che il libertarismo non sia legato al cd “conservatorismo”.

    • In effetti il libertarismo non è necessariamente legato al conservatorismo ed è bene che questo termine sia stato virgolettato e preceduto dall’aggettivo “cosiddetto”. I partiti conservatori in Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda, Russia, Polonia, Ungheria, Albania e via dicendo non sono libertari. E’ vero che i loro avversari labouristi e socialisti sono peggiori ma questo non li assolve. Ci possono essere conservatori culturali legati alla tradizione e questa tradizione può essere ispirata a principi di libertà. Ma il conservatorismo politico in sé non ha nulla di libertario in quanto legato all’aberrante idea di stato e all’altrettanto aberrante concezione interventista. C’è pochissimo da conservare per i libertari, poco da riformare, molto da distruggere, tantissimo da costruire. Quel pochissimo da conservare può essere presente nelle tradizioni dei popoli soffocate dall’applicazione del politicamente corretto attuato dal legislatore. Ma non tutte le tradizioni sono da osservare in quanto a volte si trovano in contrasto proprio con il principio di libertà e quello di divieto dell’aggressione. All’interno del cristianesimo non riesco a trovare soluzioni libertarie nella predicazione di Paolo di Tarso. Le trovo, invece, nelle scritti di Ignazio di Antiochia (il fondatore del termine “cattolico”) così come in alcuni scritti agostiniani o in alcune espressioni filosofiche di Tommaso d’Aquino. Elementi libertari si trovano anche nell’Antico Testamento, sono presenti nel Primo Libro di Samuele. E’ soprattutto la scuola di Salamanca che affranca il cristianesimo dalle tentazioni autoritarie. Poi purtroppo abbiamo avuto i partiti democristiani gestiti da gentaglia ignorante che ha sempre disprezzato la libertà autentica. Il loro successore, Enrico Letta, si affatica ogni giorno in questo disprezzo. Un esempio? La richiesta di escludere dalle liste elettorali coloro che non si vaccinano. Lui sì che è conservatore nel senso dispregiativo del termine. La mia libreria di riferimento mi informa che il libro di Guglielmo Piombini è in ristampa. Spero sia rimasta qualche vecchia copia della prima edizione perché altrimenti aspettare novembre per me sarà dura. Guglielmo ormai non meraviglia più e anche questo semplice stralcio pubblicato ne è testimonianza. Ma l’assenza di meraviglia viene colmata dalla conferma di ciò che continua a provocare entusiasmo nella lettura. Sono convinto che questo capitolo non sia l’unico ad eccellere, voglio tornare a poter leggere qualcosa non strettamente legata all’emergenza che stiamo vergognosamente subendo. E poter sbattere in faccia il libro a tanti cattolici entusiasti di questo inutile attuale pontificato, questo sì conservatore dello status quo attuale: quello della prepotenza dello stato che si rivela sempre il vero Mammona. Chiedo scusa per la… Lunghezza ma è il nome del quartiere romano dove da quasi sempre vivo (e dove si trova la precedentemente citata libreria) a condizionarmi in ciò che scrivo.

      • Ciao Alessandro, il mio libro “La Croce contro il Leviatano” è disponibile, e nei giorni scorsi l’ho proprio spedito a una libreria di Roma.

        • Se il nome della libreria è “Infinite Parentesi” dovrei essere io il destinatario. Spero di averlo nei primi giorni della prossima settimana.

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