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Le assemblee popolari venete: tra catedra, teatro e arengo

Da leggere

arengodi ALBERTO VENEZIANO

LA FORMA DELLA DEMOCRAZIA

Vorrei parlare della forma delle riunioni, del modo in cui le persone si dispongono quando si ritrovano in una assemblea. La cosa più semplice è partire dalle tre esperienze che ho vissuto in tre riunioni del nostro gruppo “Arengo”.

PRIMA PUNTATA : FORMA CATEDRA

Nel primo Arengo, a Cittadella, abbiamo trovato la forma già pronta che si trova praticamente in tutte le sale disponibili. La tipica saletta con il bancone sollevato e le sedie avvitate a terra. E’ bello vedere come i gruppetti, i circoli che se formano all’esterno, entrando si spostano come un liquido che un po’ per volta va a riempire tutti i vuoti di uno stampo fino a prendere la forma prevista.

 I più fiduciosi si siedono davanti, nel mezzo, i più sanamente sospettosi si disperdono verso il fondo della sala o in piedi vicino alla porta, pronti a scappare. In qualche modo però l’assemblea prende forma e nel primo arengo ha preso quella che io definisco la FORMA CATEDRA.

Catedra dal greco significa “carega” o “cadrega”, seggio, trono, insomma un posto dove uno sta “assiso”. Da catedra deriva Cattedrale, la sala del trono del vescovo. La forma è semplice, c’è il capo “in cattedra” e tutti gli altri in fila nei banchi ad ascoltare ciò che ha da dire quello che comanda. La stessa forma ha la basilica, la sala del re, e tute le chiese, le sale convegno e, naturalmente, l’aula scolastica.

L’aula scolastica ha un senso, visto che uno insegna e tanti imparano, il problema è che spesso si passa tutta la vita in una aula scolastica e stando sempre dalla stessa parte.

Curiosamente, ma nemmeno tanto considerando la scuola, delle prime due parole che impariamo, cattedra e banco, ci viene dato un significato sbagliato. Cattedra e banco – i banchi della chiesa, i banchi dei rematori delle galee – sono sedili dove ci si siede e non tavoli da usare per scrivere.

SECONDA PUNTATA: FORMA TEATRO

Nel secondo Arengo, sempre a Cittadella, abbiamo fatto un piccolo ma sostanziale cambiamento: abbiamo eliminato la posizione in cattedra. Il parlante, stando in piedi in basso, da cattedratico è diventato dicitore. Memorabile la piccola umoristica riverenza alla fine dell’intervento di una di noi, con conseguente applauso entusiasta, bravissima a cogliere al volo e interpretare la situazione.

Per essere completa, la forma teatro dovrebbe avere una platea semicircolare come nel teatro greco, nel teatro rinascimentale o nel teatro d’opera, è comunque una forma intermedia.

TERZA PUNTATA : FORMA ARENGO

Terzo arengo finalmente una saletta vuota, a Limena, e tante sedie in circolo.

La forma arengo è la più antica. Si trova in antichissime chiese a pianta centrale dette a tholos, nei mitrei, nei templi etruschi e romani. E’ la forma adottata per la custodia delle reliquie ed è intorno alle reliquie, non intorno al celebrante, che tutti si posizionavano.  

In ogni caso la FORMA ARENGO è un luogo dove ci si mette in cerchio così come si vede fare agli indiani nei film quando nel tepee fumano e prendono decisioni. Di sicuro così facevano i nostri antenati da qualunque luogo provenissero e così i veneti antichi.

La forma arengo è la più spontanea. Da da pensare il fatto che per ritrovare una forma veramente democratica si debba andare sempre più indietro nel tempo nella direzione contraria a quella che apparentemente dovrebbe essere la direzione del progresso.

Mi sono chiesto perchè nel corso dei secoli si sia passati dalla FORMA ARENGO alla FORMA CATEDRA

Per me è una questione di facce perché le facce parlano.

Le parole si possono limitare e disciplinare ma le espressioni delle face restano libere, incontrollabili. Essendo l’espressione una immagine ha l’immediatezza dell’immagine, BAM! arriva subito e colpisce nel segno.

Per uno che parla, vedere le facce di coloro che ascoltano è fondamentale. Dalle facce si ha l’immediato riscontro su quello che si sta dicendo. Si colgono subito l’interesse, la noia, il divertimento o magari la reazione a una provocazione. Se necessario si può subito rimediare con un sorriso, una battuta …

Nella FORMA ARENGO chi parla vede quasi tutti, quasi tutti vedono chi parla, e quasi tutti vedono quasi tutti. I contatti visivi sono multipli e caotici ma mai obbligati. Chiunque, oltre a vedere e sentire ciò che dice chi sta parlando, vede anche le reazioni di tutti gli altri.

Nella FORMA TEATRO, intermedia, ci si vede da un palco all’altro e si vede la platea. L’emiciclo del parlamento ha forma teatro ma sostanza da arengo, i partecipanti sono in situazione di parità  visto che ognuno parla dal suo seggio. Appena escono dal parlamento però, i nostri “rappresentanti” si affrettano ad adottare la FORMA CATEDRA con i loro adepti, nelle sale o nei comizi.

Ed ecco appunto la famigerata FORMA CATEDRA dove il rapporto è obbligato:  una faccia – tante facce. Questo oramai, quasi solo questo, è il FORMAT da cui non si scappa.

Se il potere è avere le informazioni, il parlante in una assemblea in FORMA CATEDRA ha il monopolio delle informazioni che derivano dalle facce che SOLO LUI vede al completo e con quelle si regola.

Chi assiste vede una sola faccia, un corpo in movimento che gesticola e si esprime, e per il resto schiene inespressive.

Il parlante, oltre al monopolio dell’attenzione, sfruttando il feedback istantaneo, ha sempre modo di imparare, di migliorare le sue performance raggiungendo livelli professionali da imbonitore e diventando in certi casi IPNOTICO.

Chi assiste è seduto, immobile, inespressivo per tutti tranne che per chi sta parlando. Nelle “serate” tipo, ad un certo punto, viene concesso di “fare una domanda”. Una nuca parla rivolta al centro dell’attenzione che di solito risponde:” grazie per questa ottima domanda” e poi continua imperterrito con il suo pippone.

Il parlante diventa sempre più protagonista, più professionale  la sua delega sempre più solida.

Chi assiste partecipa sempre meno, fa grandi applausi per il parlante sempre più bravo e convincente, mentre delega sempre di più e diventa sempre più SPETTATORE.

L’ evoluzione ideale della FORMA CATEDRA, dopo i comizi oceanici, è la televisione che per i parlanti professionali è la cattedra perfetta .

Solo partecipando a un arengo, in FORMA ARENGO, ho potuto finalmente esprimere  queste mie riflessioni. Non avendo io titoli per stare in cattedra esse valgono se a chi le sente o le legge pare che abbiano un senso, se sono utili per riflettere sul significato della democrazia e sulle trappole che essa nasconde. Se non sono interessanti basta ignorarle. Non sono tratte da qualche libro o da qualche studio. Le ho tirate fuori dalla memoria ripensando a quello che faceva mia madre.

Con i fatti dal 1954 al 1965 mia mamma si è opposta – da sola contro mio padre e contro undici figli in parte grandi – a ogni tentativo di far entrare la televisione in casa nostra. Non era una persona dispotica, anzi, ma su questo punto non ci fu verso che capitolasse. Tutti a insistere, anch’io, moccioso, dicevo la mia: che i miei compagni potevano guardare i documentari, la tivù dei ragazzi … Niente “ la televisione non serve, soldi buttati.”

Mia madre ha tenuto duro per undici anni ma una sera un mio fratello ha vinto un televisore alla pesca della parrocchia, un televisore e una bicicletta con cento lire, un colpo di culo epocale …

Di fronte al fato, forse avrà pensato a un intervento di Papa Giovanni, mia madre si arrese e la televisione arrivò. Tutti contenti, mio padre poteva vedere il telegiornale o Mike Bongiorno senza andare in bar, io ero felice di godermi Carosello, anche a mia mamma, a quel punto, forse non dispiaceva vedere gli sceneggiati, i filmetti, il teatro e canzonissima.

Anni dopo le ho chiesto come mai avesse allora tanta avversione e se per caso poi avesse cambiato idea ma lei mi ha risposto lapidaria: nea vita no bisogna eser spetatori, bisogna eser atori e partecipar.

E naturalmente aveva ragione.

VERSIONE IN LINGUA VENETA

arengoLA FORMA DEA DEMOCRASIA

Vorie parlar dea forma dee riunion, del modo in cui le persone le se dispone quando che le se ritrova in te na asemblea. La roba pì  semplice l’è partir dae tre esperiense che ò visù in tre riunion del nostro grupo “Arengo.”

PRIMA PUNTATA : FORMA CATEDRA

Nel primo Arengo, a Sitadea, vemo trovà la forma fata che se trova praticamente in tute le sale disponibili. La tipica saleta co el bancon pì alto e le careghe invidade par tera. L’è bel veder come che i grupeti, i circoli che se forma fora, vegnendo dentro i se sposta come un liquido che un fià par volta el va a impenir tuti i busi de un stampo fin a ciapar la forma prevista.

I pì fiduciosi i se senta davanti, in mezo, i pì sanamente sospetosi i se disperde verso el fondo dea sala, o in pìe visin la porta, pronti a mocarsea. In qualche modo però la asemblea la ciàpa forma e nel primo arengo la à ciapà quea che mi definiso la FORMA CATEDRA.

Catedra dal greco vol dir carega, seggio, trono, insoma un posto dove che un el sta “assiso”. Da catedra vien Catedrale che la è la sala del trono del vescovo. La forma la è semplice, ghe n’è el capo “in catedra” e tuti chealtri in fila nei banchi a scoltar cosa che l’à da dir quel che comanda. La stesa forma la à la basilica, sala del re, e tute le cese, le sale convegno e, naturalmente, la aula scolastica.

La aula scolastica la à un senso, visto che ghe n’è un che insegna e tanti che impara, el problema l’è che speso se pàsa la vita in te na aula scolastica e stando sempre daea stesa parte.

Curiosamente, ma gnanca tanto par come che la è la scuola, de le prime do paroe che imparemo, catedra e banco,ne vien dato un significato sbaglià. Catedra e banco – i banchi dea cesa, i banchi dei remadori dee galee – i è sedili dove che se sta sentài e no tavoli dove che se scrive.

SECONDA PUNTATA: FORMA TEATRO

Nel secondo Arengo, sempre a Sitadea, vemo fat un picolo ma sostansiale cambiamento: avemo eliminà la position in catedra. El parlante, stando in piè in basso, da cattedratico l’è deventà dicitore. Memorabile la picoea umoristica riverensa a fine de l’intervento de una de nialtri, co conseguente aplauso entusiasta, bravisima a ciapar al volo e a  interpretàr la situasion.

Par eser completa, la forma teatro la dovarie ver na platea semicircolare, come nel teatro greco, nel teatro rinascimentale o nel teatro d’opera, comunque la è na forma intermedia.

TERSA PUNTATA : FORMA ARENGO

Terso arengo finalmente na saleta voda, a Limena, e tante careghe in tondo.

La forma arengo la è la pì antica. Se la trova in antichisime cese a pianta centrale, a tholos, nei mitrei, nei templi etruschi e romani. La è la forma adotada par la custodia dee reliquie e l’è intorno ae reliquie, no intorno al celebrante,che  tuti se metea.

In ogni caso la FORMA ARENGO la è un posto dove che se se mete in cerchio cusì come che se vede far i indiani nei film quando che nel tepee i fuma e i ciapa decision. De sicuro i fea cusì i nostri antenati da qualsiasi parte che i sie vegnui e cusì fea i veneti antichi.

La forma arengo la è la pì spontanea. Fa pensar el fato che par trovar na forma veramente democratica bisogna andar sempre pì indrio nel tenpo in diresion contraria a quea che aparentemente la dovarie eser la diresion del progreso.

Mi me son domandà parchè nel corso dei secoli se sie pasadi daea FORMA ARENGO aea FORMA CATEDRA

Par mi la è na question de face, parchè le face le parla.

Le parole se pol limitarle e disciplinarle ma le espresion dee face le resta libere, no se le controla. La espresion la è na imagine e la à la prontessa de na imagine, BAM! la riva subito e la colpise.

Par un che parla, veder le face de quei che scolta l’è fondamentale. Dae face te à l’imediato riscontro su quel che te si drio dir. Te vede subito l’interese, la noia, el divertimento o magari la reasion a na  provocasion. Se ocor te pol rimediar co un soriso, na batuta …

In te la FORMA ARENGO, chi cheparla vede quasi tuti, quasi tuti vede chi che parla e quasi tuti i vede quasi tuti. I contati visivi i è multipli e caotici ma mai obligadii. Tuti, oltre che veder e sentir quel che ‘l dise quel che parla, el vede anca le reasion de tuti i altri.

Nea FORMA TEATRO, intermedia, se se vede da un palco a chealtro e se vede la platea. L’ emiciclo del parlamento l’à forma da teatro ma sostansa da arengo,lchi che partecipa l’è in te na situation de parità visto che ognun parla dal so seggio. Apena che i vien fora dal parlamento però, i nostri “rapresentanti” i se sbriga a adotar la FORMA CATEDRA co i so adepti, nee sale o nei comizi.

E rivemo aea famigerata FORMA CATEDRA dove che el raporto l’è obligà:  una facia – tante face. Questo ormai, quasi sol che questo, l’è el FORMAT e no se ghe scampa.

Se el potere l’è aver l’è aver le informasion, el parlante in una asemblea de FORMA CATEDRA l’à el monopolio dee information che ghe deriva dae face che SOL CHE LU el vede al completo e cusì el se regola.

Chi che asiste el vede na sola facia, un corpo che se move, gesticola e ‘l se esprime, par el resto schene inespresive.

El parlante, oltre che el monopolio dea atension, sfrutando el feedback istantaneo, l’à sempre modo de imparar, de migliorar le so performance rivando  a livei profesionali da imbonitor e deventando in certi casi IPNOTICO.

Chi che asiste l’è sentà, imobile, inespresivo par tuti fora che par quel che parla.  Nee “serate” tipo a un certo punto, vien permeso de far na domanda. Na ciopa la parla co el centro dea l’atension che de solito el risponde:” grazie per questa ottima domanda” e dopo el continua inperterito co la so predica.

El parlante el deventa sempre pì protagonista, pì professionale, la so delega sempre pì solida.

Chii che asiste el partecipa sempre manco, el fa gran aplausi par el parlante l’è sempre pì bravo e convincente, e intant eI delega sempre de pì e ‘l deventa sempre pì SPETATORE.

La evoiusion ideale dea FORMA CATEDRA, dopo i comizi oceanici, la è la teevision che par i parlanti professionali la è la catedra perfeta.

Sol che partecipando a un arengo, in FORMA ARENGO, ho podù finalmente esprimer ste me riflesion. No avendo mi titoli par star in cattedra le val se a chi che le sente o che le leze ghe par che le abie un senso, se le è utili par rifleter sul significato dea democrasia e sue trapoe che la sconde. Se no le è interesanti basta ignorarle. No le è state trate da qualche libro o da qualche studio. Le ò tirade fora daea memoria ripensando a quel che fea me mama.

Co i fati dal 1954 al 1965 me mama la se à oposto – da sola contro me pare e contro undeze fioi in parte grandi – a ogni tentativo de far entrar la teevision in casa nostra. No la era na persona dispotica, ansi, ma su sto punto no ghe n’è mai stat  verso che la capitolase. Tuti a insister, anca mi, bociasa, dizeo la mia: che i me compagni i podea vardar i documentari, la tivù dei ragazzi … Gnente “ la teevision non la serve, schei butai.”

Me mama la à tegnù bòta par undeze ani ma na sera un me fradel l’à vinto na teeevision aea pesca dea parochia, na teevision e na bicicleta co sento franchi, un colpo de cueo mai visto …

Dafanti al destin, forse la avarà pensào a un intervento de Papa Jovani, me mare la à dovù arenderse e la teevisio la è rivada. Tuti contenti, me pare el podea veder el telegiornale o Mike Bongiorno sensa andar in bar, mi iero felice de goderme Carosello, anca a me mama, a sto punto, forse no ghe dispiazea veder i scenegiati, i filmeti, el teatro e canzonissima.

Ani dopo ghe ò domandà come mai che la avese chea volta tanta aversion e se par caso dopo la avese cambià idea ma ea la me à risposto lapidaria: nea vita no bisogna eser spetatori, bisogna eser atori e partecipar.

E naturalmente la avea tuta la razon.

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