di PAOLO L. BERNARDINI
Se l’isola tirrenica di Ventotene, minuscola, pittoresca, ben nota ai greci e forse già ai fenici, non fosse legata ad uno dei peggiori prodotti intellettuali che mai abbia sfornato l’umanità, sarebbe anche un luogo piacevole. Piccolo paradiso per i sub, vi si possono compiere ardite immersioni, vedere alghe, rocce sommerse, singolari pesciolini e pescioni, mangiarne poi qualcuno. Ma per quanto si scenda in basso, magari indossando non la muta e maschera del sub, ma lo scafandro del palombaro, non si toccherà mai l’abisso di protervia e ignoranza da cui scaturisce il “Manifesto di Ventotene”.
Non stupisce che per difenderlo – ma chissà perché – si scomodino personaggi che dietro tariffa adeguata difenderebbero, anche, in pubblico, “Mein Kampf” di Hitler (o sosterrebbero l’assoluta veridicità e costante pericolosità dei “Protocolli dei Savi di Sion”). Che rispetto a quelle tristi pagine di Spinelli Altiero, e altero, ed Ernesto Rossi, rosso fuoco, ha almeno il vantaggio di non essere ipocrita. Terribile, disumano, ma sincero il libro di Hitler.
A primo acchito, da queste pagine mal combinate, viene fuori tutto l’abbietto provincialismo della cultura italiana di quegli anni, tutto lo snobismo di una classe intellettuale di semilavorati del sapere che ha poi invaso parlamenti, università e scuole di ogni ordine e grado, e tutta l’incapacità di capire ove sarebbe andato il mondo, e come sia stato proprio il capitalismo (e la proprietà privata), l’elemento chiave che ha sottratto gran parte del pianeta alla miseria nel torno di pochi decenni, consentendo all’umanità, se non altro, di seguire l’imperativo biblico del “crescete e moltiplicatevi!”.
Ai tempi in cui questa carta igienica per usi promiscui venne prodotta, nel 1941, il mondo ospitava circa 2 miliardi e mezzo di persone, ora sono ben oltre 8. E non perché il socialismo elitario, snob, classista all’estremo, di questi due poveretti si è realizzato, ma perché, grazie a Dio, in gran parte del mondo il comunismo a loro tanto caro è crollato, dando spazio alla libera impresa e all’umanità in crescita.
Che dire? Dal punto di vista del pensiero politico, è documento tanto povero quanto pericoloso. Dal punto di vista del programma europeo, si dice che la “rivoluzione europea” dovrà essere “socialista”. Vd. p. 59 del testo reso pubblico urbi et orbi a spese dei contribuenti italiani con pubblicazione niente meno che del Senato italico, in data 2017, e con prefazione del presidente del medesimo, Grasso, che lo definisce di “straordinaria, pulsante attualità”, forse nel senso che l’Europa non solo come Unione Europea tende verso il socialismo, se non il nazional-socialismo, nella visione di alcuni – che non sbagliano mica del tutto – aspirando a diventare il Quarto Reich (ma la Wehrmacht però non c’è più, hai voglia quanti tagli INPS ci vogliono per rimetterla su), ma anche perché il socialismo di Spinelli e C. non è mai morto, un po’ come avvertiva un marxista puro (ma di ben altra stoffa rispetto a questi due!), Bertold Brecht, concludendo la sua celebre raccolta di poesie sulla guerra con versi profetici, riferiti a Hitler (“Il ventre che ha partorito costui/ è ancora gravido di mostri…”). Aveva ragione! “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio”. O che parole illuminate, che “pulsante” verità (ah quante cose, brutte, ma anche talora belle, “pulsano…”)! Poi devono essere nazionalizzate tutte le imprese che sono in condizione di “sfruttare la massa dei consumatori” (oh, questi intellettuali “organici”, prima che la Storia li gettasse anch’essi nello “organico” dei bidoni della spazzatura, le masse – da cui provenivano, forse memori della pristina miseria – le detestavano proprio!).
E basta diritto di proprietà e anche di…successione! E poi la programmazione, i deliri sulla scuola, le contraddizioni: ma se, povero deficiente, vuoi di fatto abolire i mercati, come fai a scrivere: che la scuola deve formare “per l’avviamento dei diversi mestieri e alle diverse attività liberali e scientifiche, un numero di individui corrispondente alla domanda del mercato…”??? Poi ovviamente da bravi laidi (ops, laici, ma perché la C è così vicina alla D e perfino sulla tastiera del computer…!), bisogna affermare la “supremazia dello stato nella vita civile”, sostenendone il carattere “puramente laico”. Poi occorre “illuminare l’opinione pubblica”, le bestiacce che stanno nella caverna platonica, i “bestioni” di Vico, vagolanti in masse informi come di pipistrelli in un film dell’orrore; e poi occorre anche ovviamente formare un “partito rivoluzionario”, che “deve penetrare con la sua propaganda metodica ovunque vi sieno gli oppressi dell’attuale” (cioè fare quel che “metodicamente” fecero Mussolini e Hitler!): “Pur non trascurando nessuna occasione e nessun campo per seminare la sua parola, esso deve rivolgere la sua operosità in primissimo luogo a quegli ambienti che sono più importanti come centro di diffusione di idee e come centro di reclutamento di uomini combattivi…”.

E via, allora si vada nelle scuole, nei giornali, dagli editori, nelle palestre, nei circoli di tiro a segno, nei dojo ove si praticano arti marziali! Poi si arriverà, come nelle peggiori distopie, ad una “progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento, di istituzioni politiche libere”. Istituzioni li-be-re… Libertà: quando vedo comparire il lemma e la sua famiglia semantica in testi osceni come questo, mi sento come un vegetariano cui sia imbandita una tavola di salumi, porchette e arrosticini; come un omosessuale che sia legato ad una seggiolina puzzolente di un vecchio cinema porno di periferia, e costretto a guardare con gli occhi tenuti aperti da pinze come in “Arancia Meccanica”, le imprese atletiche e ardite di Angelica Bella buonanima e Rocco Siffredi; o come uno che non sappia nuotare e che sia costretto a fare in solitaria, in barca a vela, il giro del mondo. E a cui sia letto – e qui concludo -, come ultime parole di congedo, al momento di prendere il largo, sul molo, a voce alta, dai suoi carnefici ben fissi sulla terraferma, e magari in divisa grigia, quanto scritto in questo allucinante libretto, le sue ultime parole per l’esattezza, proprio memorabili:
“La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma dev’essere percorsa, e lo sarà!” Amen. Pietà.
Da oggi considero la Meloni un troll che ha imparato bene il mestiere.
Voleva sviare l’attenzione da altre incombenze e con questa uscita (del tutto gratuita, poi) ci è riuscita benissimo.
Che cattivi!
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Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. (Mt.10,34)
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Come farebbe l’esegesi dell’opera omnia di un altro scarto dello spirito umano, citando solo questo passo Giorgia (soy una mujer, soy una madre, soy cristiana, no me lo puede quitar) ?
Verosimilmente così:
“Non so che questa è la vostra idea di amore divino, ma certamente non è la mia.”