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Le navi sui monti: l’incredibile impresa veneziana del 1439

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di PAOLO L. BERNARDINI

La storia della Serenissima nasconde mille episodi mirabili, che per fortuna gli storici di tutto il mondo riscoprono con regolarità, facendoci ogni volta di nuovo comprendere quanto la grandezza di un’amministrazione, la sua sagacia e perché no fantasia, abbiano fatto sì che dal 696, o forse dal 421, per oltre un millennio la Serenissima non solo si sia mantenuta indipendente, ma abbia condizionato le sorti del mondo stesso. Un agile volume di uno storico appassionato e costante come Ettore Beggiato, “Galeas per Montes. Navi attraverso i monti” (Editrice Veneta, Vicenza 2019), ci riporta ad un episodio poco noto, ma non dimenticato.

Il trasporto di una flottiglia di navi da Venezia al Benaco avvenuta all’inizio del 1439, quando la Venezia che sognava di “unire l’Italia”, almeno quella del Nord – nel disegno folle ma non troppo di Francesco Foscari, che se si fosse realizzato avrebbe visto nascere l’Italia repubblicana e federale, invece che centralistica e monarchica come accadde nel 1861 – si trovava a combattere contro Filippo Maria Visconti, che difendeva il Ducato e interessi certamente non italiani, in una guerra ormai lunghissima, complessa, ove i mercenari e le loro truppe la facevano da padroni, passando disinvoltamente al soldo di chi li pagava meglio.

Le navi passarono prima nell’Adige per poi essere trasportate via terra a Torbole, 25 barche grosse, 6 fregate e due galee partirono da Sottomarina in un Adige a secco, e attraverso un percorso misto, acque e monti, con l’arduo superamento del Monte Baldo, giunsero a Torbole, cominciando a formare quella flotta su Garda che non solo ebbe (non subito, però) ragione dei milanesi, facendo del Garda un lago veneziano, ma che ebbe anche un grande ruolo nel futuro (si pensi solo al suo auto-affondamento nelle prime fasi delle guerre della Lega di Cambrai). L’impresa era stata concepita da due interessanti personaggi, tra cui un marinaio cretese, Nicolò Sorbolo, e Biagio De Arboribus (nomen omen!).

Il libro di Beggiato continua una tradizione molto lunga di studi sull’episodio, nessuno esaustivo. Tra i volumi più recenti, Paolo Renier,”Testimonianze sul trasporto delle navi da Venezia al Garda eseguito dai veneziani nel 1439”, Venezia 1967 e Paolo D. Malvinni “La magnifica intrapresa. Galeas per montes conducendo”, Trento 2010. Quest’ultimo lavoro è in realtà una pièce teatrale che ebbe un grandissimo successo negli anni precedenti la pubblicazione del libro. Un articolo di R. Stoppato Badoer, “Galeas per Montes”, pubblicato nel numero 10 del 2011 di “Storia veneta” è forse il riferimento scientifico recente migliore.

Questo è un libro toccante, che inizia con poche bellissime pagine di un altro conoscitore profondo di storia veneziana, Renzo Fogliata, che ci ricorda come nel 1453 l’impresa trovò un imitatore in Maometto II, durante l’assedio di Costantinopoli, pagine non bella per i genovesi, neutrali o traditori, con una sola eccezione, e neanche per i veneziani, che comunque non misero tutta la determinazione di cui di solito erano capaci per difendere quella città così fondamentale per i loro traffici (e la loro storia). Il libro si chiude con quel celebre articolo di Indro Montanelli, “Venezia sovrana. Mai italiana”, su cui si dovrebbe sempre meditare. Sia perché dice sciocchezze – Venezia ambì eccome al predominio italiano, ecco qui proprio Foscari! – sia perché dice cose giuste: “l’Italianità di Venezia è quasi soltanto geografica”. E finalmente perché parla di “secessionismo sbracato e sgangherato come quello della Lega”. Siamo nel 1996 (per la precisione il 24 settembre).

Ma è così bella questa storia, con le navi di legno che passano da quei boschi da cui erano esse stesse nate, congiungendo poeticamente la terraferma e il mare, da sempre unite nella fantasia dei poeti, che vedono nelle mareggiate la nascita di effimeri monti e colline, quasi che il mare mobile volesse rivaleggiare o imitare la terra, ferma (quasi sempre, ma i terremoti fanno della terra un mare). Una storia ricordata nei luoghi, come Torbole, nelle leggende popolari, nell’immaginario collettivo. In fondo la nostra definizione di “lago” per il Garda è molto recente, il Benaco è un mare, allora, anche se mare chiuso, almeno parzialmente. Di “Benaco marino” parlò per primo Virgilio, per Catullo il Garda è un mare, lo sarà in una lunga tradizione culturale almeno fino a Gabriele D’Annunzio.

La Serenissima, nel rigore delle sue leggi, applicò spesso bene il principio della “fantasia al potere”, poi scempiato dal Sessantotto di recente e grottesca memoria. Portare una flotta attraverso i monti! Farla giungere intatta, e abbondonarla peraltro ad una dignitosa sconfitta. Poi poco dopo ribaltata. Se da Venezia presero ispirazione per primi i suoi nemici, come Maometto II, vuol dire davvero che in tutto o quasi tutto quel che fece v’era qualcosa di mirabile. Più ne prenderemo coscienza, più l’indipendenza verrà considerata come qualcosa di naturale, quasi scontato, ed impedito per ora più che altro dall’indolenza degli uomini.

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