di GIANLUCA MARCHI
Tutto come largamente previsto: le primarie hanno incoronato Matteo Salvini nuovo segretario federale della Lega. Il divario a cui è stato lasciato il vecchio capo Umberto Bossi (82 contro 18%) è stato financo umiliante per il Senatur, e ci si chiede chi cosa l'abbiano spinto a giocare una battaglia persa in partenza. Se l'obiettivo era quello di misurare una componente interna di lealisti bossiani, il risultato è stato assai magro. Perché il 40% dei militanti che non sono andati a votare non possono essere ascritti a una simpatia bossiana, ma semmai a una delusione e a una disullusione verso la Lega stessa, originate sì dagli scandali del 2012, ma irrobustite dalla segreteria Maroni che, se da un lato è stata funzionale alla conquista della presidenza lombarda, dall'altro è stata disastrosa sul fronte dell'identità e delle strategie leghiste.
Salvini deve così ripartire da un panorama di macerie, morali e politiche, che se vogliamo è anche peggiore
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