di FABRIZIO DAL COL
Non passa giorno senza che il Presidente della Bce, Mario Draghi, sia costretto ad intervenire sugli adempimenti ignorati degli stati. Sembra un declino inarrestabile, condizionato anche dalle politiche tedesche, e ora l’italiano rischia di non riuscire più a controllare la moneta unica. I politici incapaci e i burocrati europei, dalla caduta del muro di Berlino in poi, non si erano solo accontentati di fare strame di quello che era il progetto politico europeo originale, ovvero di costituire quella Europa dei popoli che volevano i padri costituenti, ma si erano persino messi in testa di dominare il vecchio continente costituendo uno stato sovranazionale unico.
Oggi, alla luce dei fatti, il progetto di dominare il vecchio continente è fallito, e la crisi economica ha dimostrato che si trattava di un atto imperioso, impopolare e anti democratico, altro che Europa Unita. Ma non è finita qui, gli stati sono stati volutamente indeboliti e spolpati dei loro averi, per costringerli a chiedere aiuto e aderire così al feticcio europeo. E’ di ieri l’intervento di Draghi in un’intervista al quotidiano lituano VersloZinios dove si afferma: la ripresa dell’Eurozona “sembra aver perso slancio di recente” e ci sono “rischi evidenti” posti dalle tensioni geopolitiche e da riforme insufficienti da parte dei governi, che invece devono “agire con decisione”. Il consiglio direttivo della Bce resta “unanimemente determinato” ad adottare “ulteriori misure non convenzionali” per fronteggiare i rischi posti da un periodo troppo lungo di bassa inflazione.
Il bazooka di Draghi è in funzione, ma le risorse che utilizza sono sempre le stesse, quindi si sta cercando di mutuare in Europa tutti i debiti degli stati per costituirei una Europa politica gestita dalla finanza. Negli USA, invece, è notizia recente che la California stia lavorando per raggiungere la propria indipendenza, e chi va in tale direzione lo fa perché consapevole che lo stato federale non rappresenta più un modello ideale per quella situazione. Ora guardate invece all’Europa: è sempre stata un puzzle infinito di modelli, e oggi, grazie ai tecnocrati, agli incapaci e ai burocrati, che la vogliono unificare contro le volontà popolari, si rischia di distruggere le identità plurimillenarie dei popoli che la abitano. In sostanza, mentre anche gli stati federali sono un modello da rivedere perché non bastano più, nel vecchio continente si continua col voler procedere verso la formazione di uno Stato unico.
Le popolazioni europee sempre più in subbuglio stanno a dimostrare che quel progetto è in via di sbriciolamento prima ancora di essere completato. E gli interventi di Draghi tentano di mostrare i muscoli della Ue, ma appaiono invece come gli ultimi tentativi per ribaltare una situazione già perduta, e prova ne sia questa dichiarazione di ieri di Draghi: alcuni dei fattori che le stime della Bce sull’inflazione hanno sottovalutato sono “la disoccupazione elevata e le dimensioni della capacità produttiva inutilizzata”. Il forte apprezzamento dell’euro ha “esacerbato” la caduta del tasso d’inflazione nei mesi passati. Secondo gli investitori queste parole aprono a un’ulteriore svalutazione della moneta unica e infatti l’euro è sceso ieri sotto 1,27 dollari, il minimo da due anni a questa parte.
Quindi l’impressione è che le speranze di salvare quella Europa che si voleva realizzare ai danni dei popoli, stanno per svanire nel nulla, mentre invece sembra sempre più evidente la determinazione dei popoli a proseguire il cammino verso l’indipendenza. Oggi gli unionisti europei non sono più quella maggioranza granitica di ieri, anzi, oggi avanzano sempre di più i popoli che attuano i referendum indipendentisti, ed è il caso della Catalogna che guarda caso ha già deciso di procedere unilateralmente.
Ecco perché ora diventa prioritario che il Veneto e le regioni che vogliono l’indipendenza possano lasciare ogni decidere ai popoli che li compongono. Ciò che tuttavia meraviglia è la scarsa preparazione delle classi dirigenti politiche che governano tali regioni: invece di puntare all’obbiettivo politico del diritto di autodeterminazione, sembrano preoccuparsi solo di salvare il loro potere, gli incarichi istituzionali italiani e le future rielezioni, piuttosto che mettere in campo un percorso fattibile verso l’indipendenza. Insomma, fino ad oggi abbiamo a che fare con poche idee e ben confuse e nessuno che ancora riesca a indicare al popolo un progetto di Stato per il futuro.