di ARTURO DOILO
La storia si ripete, esattamente come i crimini dello Stato si ripetono. Liberland, comunità libertaria fondata da Vit Jedlicka, che si era insediata in un triangolino di terra non rivendicata dalla Croazia né dalla Serbia (res nullius, appunto), si era autoproclamata proclamata Libera Repubblica di Liberland. Accadeva nel 2015.
Qualche giorno fa, nonostante qualcuno parlasse di riconoscimento internazionale, Liberland è stata aggredita dalle forze dell’ordine croate che hanno demolito tutto ciò che i liberlandesi avevano edificato. (Vedi qui)
- «La nostra posizione giuridica a sostegno della nostra rivendicazione è chiara: il territorio non ha mai fatto parte della Croazia e si trova al di fuori dei suoi confini. Ciò è stato confermato nella loro corrispondenza diplomatica con la Serbia e nella sua totale assenza in tutte le mappe ufficiali pubblicate della Croazia. La polizia di frontiera croata è debitamente autorizzata a svolgere attività volte a salvaguardare sia i confini nazionali della Croazia che i più ampi confini Schengen all’interno di Liberland. Non solo riconosciamo questa autorità, ma la accogliamo anche con favore, poiché i loro sforzi contribuiscono a migliorare la sicurezza complessiva della nostra nazione. Cerchiamo di lavorare con i croati per trovare una soluzione pacifica e reciprocamente vantaggiosa per i nostri paesi. I funzionari di Liberland hanno sempre agito in conformità con il diritto internazionale e per evitare scontri con la polizia di frontiera croata. La nostra posizione è che le persone di Liberland dovrebbero poter visitare e vivere nella zona senza molestie o arresti. I nostri cittadini non costruiscono sul suolo croato, ma nel loro paese, la Libera Repubblica di Liberland, e non rappresentiamo in alcun modo una minaccia o un rischio per la Croazia».
Quanto accaduto a Liberland non può che richiamare alla mente la storia dell’Isola delle Rose.
Tra i libertari di vecchia data (ancor di più se indipendentisti), di Isola delle Rose si parla da almeno un ventennio (Qui un nostro articolo, ad esempio) e da altrettanto tempo la si ricorda, e racconta, come esempio di secessione individuale, antesignana di quel “progetto seasteading” che è tornato di grande attualità nell’ultimo decennio (VEDI QUI).
Ha avuto vita breve, ma per chi ha a cuore la libertà ha segnato una tappa importante per la storia dell’umanità. Oggi, a raccontarne la storia ci ha pensato la televisione con “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose“, tratto dalla storia vera dell’ingegner Giorgio Rosa e di quella micronazione indipendente, fondata nel 1968, al largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali.
L’idea del visionario fondatore di questo microstato, considerato dai più una utopia, era quella di dare vita a un luogo in cui non vi fossero regole imposte, dove gli abitanti potessero convivere in armonia sulla base di un unico, importante valore: la libertà. Era la fine degli anni ’50 quando Rosa diede il via quel progetto incredibile, che trovò i primi ostacoli in alcuni problemi tecnici (superati) e nelle lungaggini della burocrazia italiana (insuperabili). Inoltre, le autorità italiane si erano messe di traverso all’idea di Rosa di fuggire alla legislazione italica ed avevano, da subito, intimato come scusa la rimozione di qualsiasi impedimento che potesse creare fastidi alla navigazione.
Fatto sta che nel 1967 l’isola venne aperta al pubblico e si preparò ad accogliere i suoi abitanti. L’anno seguente, e più precisamente il 1° maggio 1968, venne dichiarata la sua indipendenza e Giorgio Rosa venne eletto Presidente della Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose. La micronazione adottò infatti l’esperanto come lingua ufficiale, una decisione chiaramente volta a sancire la propria sovranità e indipendenza dallo Stato italiano. E i provvedimenti seguenti furono in linea con questa necessità: l’Isola delle Rose si diede un governo, emise la propria moneta e persino dei francobolli.
Ovviamente (quelli erano gli anni della Guerra Fredda) nessuno Stato riconobbe mai la sua indipendenza, e la micronazione durò davvero pochissimo. Dopo appena 55 giorni, il 25 giugno 1968, le forze dell’ordine italiane diedero vita ad un blocco navale e presero possesso della piattaforma, obbligando gli unici due residenti a sbarcare. Ebbe inizio un lungo dibattito tra le varie forze in gioco, ma fu Giorgio Rosa a soccombere: la sua oasi di pace avrebbe dovuto essere smantellata. Fu la Marina Militare ad occuparsi della demolizione, con diverse scariche di esplosivo.
Tornando al piccolo schermo, la produzione di Netflix ha Elio Germano come interprete di Giorgio Rosa, mentre nel cast ci sono Matilda De Angelis, Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti, ma anche François Cluzet (Quasi Amici), Thomas Wlaschiha (Game of Thrones, Rush), Leonardo Lidi, Alberto Astorri e Violetta Zironi. Diretto da Sydney Sibilla, “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” è stato girato tra Rimini, Roma, Bologna e Malta. Il produttore del film, Matteo Rovere, lo ha definito “un progetto unico, ambizioso, una storia di libertà, fratellanza e partecipazione”.
Durò 55 giorni la vita di quell’oasi marina, ma la sua storia non è mai stata dimenticata ed ora anche il grande pubblico potrà venirne a conoscenza. Nonostante le cariche di dinamite, l’Isola delle Rose si ostinò a rimanere in piedi. Servì un’imponente burrasca, che ebbe luogo il 26 febbraio 1969, a farla inabissare e a decretare definitivamente la sua morte fisica, ma non ideologica.
Come scritto sopra, e come trattato da anni su queste pagine, il futuro potrebbe vedere sorgere nuove idee figlie di quella piattaforma ideata da Rosa. L’idea di creare comunità indipendenti e sovrane, affrancati dagli Stati nazionali, è tutt’altro che peregrina per dare vita a nuove forme di convivenza in libertà.
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