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L’inferno fiscale non esiste senza abolizione del contante

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di MATTEO CORSINI

Uno dei refrain usato da diversi anni a questa parte da coloro che vedono satana nel denaro contante consiste nel sostenere l’idea che la limitazione dell’utilizzo del contante favorirebbe una riduzione delle tasse. Si è unito al coro qualche tempo fa Marco Lo Conte su Plus24 del Sole24 Ore.

  • “Ridurre l’uso del cash e compiere transazioni tracciabili, ridurrebbe di molto l’evasione e permetterebbe di ridurre la tassazione in Italia, con benefici molto diffusi. Se ogni tanto ci chiedessimo il perché”.

Credo sia sempre bene distinguere ciò che è possibile da ciò che è probabile. Indubbiamente una riduzione dell’evasione fiscale renderebbe possibile, tramite un aumento del gettito per l’erario, la riduzione delle aliquote.

Credo altrettanto, però, che la riduzione delle aliquote sarebbe improbabile. Il recupero di evasione degli ultimi anni, spesso sbandierato dai governi in carica, non ha mai portato alla riduzione delle tasse. Dubito che un maggiore recupero di gettito via riduzione dei pagamenti in contanti porterebbe a un calo delle tasse. Molto più probabilmente si assisterebbe a un ulteriore incremento della spesa pubblica. Della quale, tra l’altro, in Italia sono intossicati (purtroppo) la maggioranza di chi vota e di chi chiede il voto.

La piena tracciabilità non farebbe altro che peggiorare il contesto da grande fratello orwelliano nel quale, non so quanto consapevolmente, gli italiani già oggi si trovano.

Le già deboli difese contro le pretese predatorie del fisco tenderebbero a sparire del tutto. Dando forza a chi esorta i governanti di turno a finanziare programmi di spesa “andando a prendere i soldi dove sono”, come ha sostenuto più volte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. E’ proprio vero: se ogni tanto ci chiedessimo il perché…

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