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L’italia di prezzolini era divisa in due: i furbi (maggioranza) e i fessi

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bracalini-varesedi REDAZIONE

Un toscano dall’antitalianità viscerale, tanto che si sentì costretto ad emigrare prima negli Usa e poi a Lugano, proprio per “scappare” da quella che considerava una totale mancanza di carattere che faceva dei suoi connazionali una sorta di macchiette all’estero.
Una scelta radicale che gli costò sofferenza, poiché, si disse, fu “frutto di un’amore tradito”. Giuseppe Prezzolini, grande scrittore e intelletuale del ‘900, è stato messo ai “raggi x” nel corso dell’incontro di apertura della sesta edizione del Festival Insubria Terra d’Europa, avvenuto nella Sala Montanari dell’ex Rivoli dove ad ascoltare Romano Bracalini e Alberto Longatti si è radunata una platea d’intenditori, appassionati sì di approfondimento letterario, ma anche curiosi di conoscere il pensiero di una figura variegata e controcorrente.

“E’ stata una buona overture – commenta Paolo Matlhouthi moderatore della serata ed esponente di Terra Insubre -. La sua storia, il suo pensiero, sono quanto mai attuali. Prezzolini si era sforzato di internazionalizzare la cultura italianaa ma si rese conto era vano, proprio per la mancanza di carattere dei suoi cittadini. Partendo da queste considerazioni, che il nostro sodalizio culturale condivide, abbiamo deciso di iniziare il nostro Festival con Prezzolini, uomo contro, mai organico e libero pensatore”.

Un “focus” particolarmente interessante è arrivato grazie al contributo di uno storico come Longatti che partendo dalla sua esperienza di giovane cronista alla “Provincia di Como” ha raccontato il rapporto tra Prezzolini e il quotidiano del capoluogo lariano.
Analizzando la collaborazione dal ’22 al ’27 con un giornale di Provincia ne esce in realtà uno spaccato della società italiana e il suo pensiero in proposito.

“Il primo articolo aveva come tema l’anno precedente, il 1921 – ha detto Longatti -. Aveva rilevato elementi come la pacificazione famigliare, il ritorno dei partiti, il riscatto civile, il ritorno sentimenti patriottici. Poi la formazione di fascisti, liberali, nazionalisti visti da lui, nell’insieme, come un forte partito di destra. Vedeva un nuova destra conservatrice e per lui fu un fatto molto positivo, poiché lo considerava come riscatto etico della nazione. Lui, di destra, vedeva il fascismo come movimento d’ordine, riteneva che in quel periodo c’era ancor un margine di libertà e la usò”.
Un’idea che cambia con la svolta autoritaria del regime, nel 1924. In quell’anno risale un articolo di critica, pubblicato, ma dal quale il giornale prese le distanze.
“Ci fu un momento in cui l’Italia restò in bilico – ha continuato Longatti – Prezzolini diceva quello che pensava con intelligenza critica. Quando lo conobbi, nel dopoguerra, mi confessò che nel periodo precedente alla svolta autoritaria Mussolini, di cui era amico, non gli dispiaceva. “Quell’italia era quella che avrebbe potuto essere se mi avessero dato più retta”, mi disse lui stesso. E concluse:”Vedo questo Paese chiudersi sempre più. L’Italia non la vedo migliorata”.
Per inciso: l’onorificenza conferitagli da Pertini per il suo valore intellettuale non lo convinse a restare in Italia.

Anche Bracalini conobbe Prezzolini a Lugano:” Mi spiegò un secolo di storia d’Italia con gli occhi di chi ci era stato dentro ma con lo spirito di quelli che “non la bevono“. Il suo rapporto con l’Italia fu di amore e odio. Odiava l’Italia perché non la vedeva come lui voleva. Divideva in due la popolazione: furbi la maggioranza e gli altri fessi“.
Come Prezzolini vedeva il Paese lo riporta Bracalini:”Dalle Alpi alla Toscana l’Italia è europea. Dal centro in giù è africano o balcanico, sosteneva. Lui si diceva conservatore, in realtà era scettico, isolato, anarco-conservatore, antitaliano”.
A caratterizzarlo la critica alla massa degli italiani per i quali va bene “l’abito del cortigiano che non li rende fatti per l’autentica democrazia”.
Il suo dispiacere arrivava a proporre di… affittare l’Italia, “che tanto non si può cambiare”.

E allora “Lombardia alla Svizzera; Veneto e Friuli all’Austria; Piemonte alla Francia“.
“Ha conbattuto contro tutto e tutti – ha concluso Bracalini – Non si compromise col fascismo, fu libero e conservatore. Amava la Svizzera, dove si trasferì fino alla morte, perchè è lo Stato dei cittadini e i referendum sono propositivi”.
“Sarò duro – ha concluso Bracalini – ma questa Repubblica è la prosecuzione del fascismo e la Costituzione è un libro dei sogni, eccessivamente ampolloso, in cui si promette tutto e non si mantiene niente. Il dramma è che l’Italia di Prezzolini è identica a quella di adesso: non è cambiata e non cambierà”.

TRATTO DA ININSUBRIA

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2 COMMENTS

  1. Lo “storico” Romano Bracalini, insiste da una vita nel dire che il Sud sia Africa.
    E vabbè!! ma perchè non aggiunge che questo pezzo di Africa non ha fatto l’unità d’Italia e che l’ha subita
    con una guerra durata 7 anni!!!!!

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