Ludwig von Mises, il grande economista della scuola austriaca, dice che il non consumare tutto ciò che viene prodotto è sinonimo di umanità evoluta. Chi invece brucia tutto ciò che produce è un uomo primitivo. L’Umanità evoluta pensa al domani, gli uomini primitivi vivono attimo per attimo. Se ci riferiamo alla situazione per cui un contadino non si mangia i semi da piantare l’anno successivo, mentre un uomo raccoglitore si mette in pancia tutto quello che trova, nel momento in cui lo trova, è facile comprendere il concetto. [Mi spiace per i fan del “carpe diem” ma penso abbia ragione Mises, altrimenti io non sarei davanti alla tastiera di un computer e voi davanti a un monitor]. Il discorso di Mises non è però solo riferito ai semi per coltivare o a bacche e tuberi che si possono raccogliere nella savana, è riferito anche, e soprattutto, al reddito, o profitto, o utile che le persone e le aziende ricavano dalla loro attività lavorativa produttiva, dipendente o autonoma.
Il reddito, l’utile, il profitto che non viene consumato, si chiama risparmio e con esso si possono fare un sacco di cose, non solo tenerlo sottoterra o nel materasso per farci dormire sonni tranquilli. Quando c’è il risparmio si possono fare investimenti per produrre altre cose che la gente desidera e tali investimenti a loro volta, se ben indirizzati, producono altro reddito/profitto/utile e risparmio in un ciclo virtuoso che, più prosegue indisturbato, più incrementa il benessere delle persone e della società nel suo complesso.
Naturalmente i privati non investono direttamente in macchinari produttivi, ma vincolano i loro risparmi (che ricordo, non gli servono per i consumi immediati) e li prestano a chi investe, per ottenere indietro capitale e interesse (che è il prezzo richiesto per i soldi che hanno prestato). Domanda. C’è un limite al come e al dove il risparmio deve essere impiegato e indirizzato? Questo limite esiste, e si chiama rischio. Chi investe rischia, questo lo sanno tutti, e tutti sanno che rischio va di pari passo con paura, ma non tutti sanno che lo Stato, attraverso l’operato delle banche centrali, a cui ha conferito la facoltà di stampare soldi dal nulla, tende a minimizzare il rischio, a eliminare la paura. Non minimizza tanto il rischio degli investimenti individuali, quanto quello degli investimenti imprenditoriali. In pratica stampa denaro e lo scarica a prezzo bassissimo, quasi lo regala, ai grandi imprenditori (non ai piccoli e neanche ai privati).
Ora, l’imprenditore, a cui il denaro appena stampato costa poco o nulla, rischia poco, vale a dire che il limite naturale alla prudenza viene abbassato dallo Stato, quindi se lo gioca in iniziative economiche che non affronterebbe se il denaro derivasse dai suoi utili che ha generato imbroccando il prodotto giusto che i clienti richiedono, al prezzo che essi sono disposti a pagare. Finchè va bene, tutti contenti, quando smette di andare, scoppia la bolla … e tutti giù per terra. L’imprenditore licenzia, fallisce (ma tanto i soldi gli sono costati poco e non ha usato i suoi risparmi che sono ben al sicuro), falliscono le piccole imprese a cui aveva commissionato un sacco di lavoro, i lavoratori perdono il posto e non sanno dove sbattere la testa.
Ci sono poi altri effetti poco piacevoli per le persone comuni, tipo quello che, dopo un certo lasso di tempo, i quattrini dati per prima alle grandi imprese, si spargono e arrivano in tasca a tutti. La gente quindi guadagna di più, in teoria, ma essendoci in giro più moneta, che quindi vale meno, il prezzo dei prodotti sale. Il che equivale a dire che il potere di acquisto diminuisce. Questo scherzetto si chiama inflazione. E impoverisce la gente comune, non i grandi industriali che ricevono i quattrini da subito, quando i prezzi delle merci hanno i vecchi prezzi più bassi. Il trucchetto malefico trasferisce ricchezza dalle classi lavoratrici alla cima della piramide politica, finanziaria e della grande imprenditoria collegata al potere. Ecco perché giornalisti di fama, economisti cattedratici e grandi imprenditori, predicano la sovranità monetaria. Vogliono che la Banca d’Italia riprenda a stampare lire come una volta, perché la BCE non può farlo come desidererebbero. Comunque penso che presto saranno accontentati dalla BCE. Ma proseguiamo.
Uno dei principali motivi per cui le Banche Centrali stampano quattrini, non è solo quello di fornirlo alle banche commerciali che lo danno ai grandi imprenditori i quali lo investono senza paura e, quindi, senza criterio, ma anche perché le banche commerciali, ed altri grossi investitori cosiddetti istituzionali, comprino i titoli di Stato, cioè debito pubblico.
Gli Stati si indebitano senza paura perché c’è sempre una Banca Centrale che stampa soldi e ne garantisce la copertura, anzi i lauti interessi per cui tali titoli non vengono rimborsati ma sempre rinnovati, visto che maturano interessi e sono (erano) senza rischi. Così, ad esempio, non solo lo Stato paga lo stipendio dell’impiegato al catasto che svolge il suo lavoro, ma può assumere altri cinque impiegati nello stesso ufficio (o in altri uffici, tanto non devono lavorare) che, per sdebitarsi, garantiranno voti ai politici che li hanno fatti assumere e puntello al regime al potere. Si chiama democrazia del consenso ed è congegnata in modo tale da potersi tranquillamente chiamare democrazia del voto di scambio. E’ un regime politico però che costa in modo mostruoso.
Ma che succede quando qualcosa o qualcuno impedisce alle banche centrali di stampare senza limiti come nel caso della BCE? Succede che gli acquirenti di titoli di stato non devono mai perdere la fiducia nel debitore, per cui lo Stato cerca di dargli questa fiducia cominciando a spolpare sempre di più la ricchezza di aziende e privati attraverso le tasse sempre più elevate. Usa il rispamio dei suoi cittadini e la capacità di produrre ricchezza per garantire i suoi debiti. Altro che lo – Stato siamo noi! -. Ma se ammazza di tasse la sua economia e confisca i risparmi e i redditi dei suoi cittadini la caduta di fiducia degli acquirenti non si può arrestare, quindi è obbligato a tassare ancora di più, e di più ancora, in una spirale che finisce in… default!
La cura anti default però, non è ritornare a stampare quattrini a tutta birra. Se va bene stampare soldi ti fa solo guadagnare tempo, cioè trasferisce alle generazioni future il problema che diventa sempre più insormontabile. Lo Stato quindi fa esattamente come l’uomo primitivo ecocato da Mises, si riempie la pancia di bacche e tuberi perché non esiste il domani. E vuole che anche il singolo cittadino regredisca al livello primitivo, come quelli che dicono – a che serve risparmiare, tanto me li portano via, me li spendo e non ci penso più -. Ecco perché considero lo Stato un’organizzazione IMMORALE.
La cura antidefault sarebbe quella di “terminare” le Banche Centrali e tornare ad una moneta impossibile da creare dal nulla, impossibile da fotocopiare a volontà, da falsificare e spacciare sul mercato. Oro, Bitcoin, qualunque moneta gradita e accettata da chi produce, compra e vende. E ridurre il potere dello Stato veramente ai minimi termini, limitando il più possibile il freno allo sviluppo umano che esso ha sempre rappresentato man mano che è diventato sempre più invasivo e coercitivo.
Bellissimo articolo di Mauro Gargaglione. Questi concetti inconfutabili entreranno in testa ai tanti sostenitori dell’espansione monetaria, della svalutazione e della “sovranità” valutaria?
Scritto bene.
Molto chiaro.
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