di MATTEO CORSINI
Come ho notato qualche tempo fa, una delle cose che sta facendo impazzire i sinistrorsi (non solo) americani è la svolta trumpiana di diversi miliardari della Silicon Valley, considerati fedeli progressisti che avrebbero contrastato il “nemico” Trump, come in gran parte avvenne durante e soprattutto dopo il primo mandato.
Ero e resto convinto che questi signori agiscano semplicemente con opportunismo, cercando cioè di avere con l’attuale amministrazione un rapporto che consenta alle loro aziende di (continuare a) prosperare.
Dave Lee, opinionista di Bloomberg, è ovviamente tra coloro che stanno impazzendo. A suo parere, “una delle bugie più durature degli ultimi anni è che i conservatori sono censurati in modo scorretto sui social media. L’accusa è che la Silicon Valley, in concerto con i democratici, rimuova sistematicamente o renda non visualizzabili i punti di vista che non condividono dai loro spazi online”.
Il che è effettivamente stato lamentato più volte. Ma secondo Lee “non è vero. Non ci sono prove”. E la stessa recente rivelazione da parte di Mark Zuckerberg delle sfuriate di funzionari dell’amministrazione Biden perché i social networks di Meta non censuravano abbastanza i punti di vista non in linea con i loro desiderata durante la pandemia dimostrerebbe il contrario, ossia che la Silicon Valley non collaborava abbastanza.
Si noti che, per molto meno, Lee e simili griderebbero allo scandalo se l’amministrazione non fosse stata a guida democratica.
Deve comunque riconoscere che “è vero che ci sono dati che suggeriscono che i repubblicani è più probabile che siano soggetti a rimozione dei commenti”, ma questo è dovuto al fatto che “postano disinformazioni”. E il link a sostegno di questa affermazione rimanda a pubblicazioni sinistrorse, che evidentemente per Lee sono prive di bias, tanto da concludere che usare quell’argomento per sostenere che i non progressisti sono più censurati “sarebbe come accusare la bilancia del bagno di essere prevenuta nei confronti delle persone che si abbuffano di hamburger rispetto a quelle che preferiscono l’insalata”.
Adesso Lee è ovviamente allarmato per via dell’annuncio di Trump che il costituendo fondo sovrano statunitense potrebbe partecipare all’acquisto di Tik Tok. E ovviamente è disgustato dalla X (ex Twitter), da cui, come se fosse un attore o un giornalista di sinistra italiano, ci tiene a far sapere di essere uscito da tempo.
Detto che trovo l’idea di costituire un fondo sovrano statunitense non meno balzana delle proposte che circolano a sud delle Alpi, la grande ipocrisia di questi sinistrorsi è che non chiedono allo Stato di non intromettersi mai in attività che dovrebbero essere del tutto private, bensì di non intromettersi solo se al potere non ci sono le persone a cui abitualmente danno il loro voto.
Perché se alla Casa Bianca c’è un presidente del partito democratico, non si tratta di interferire con la libertà e con la privacy delle persone, mentre se c’è un repubblicano si paventa la dittatura. Lo schema è poi lo stesso a tutte le latitudini, e a sud delle Alpi è consolidato da decenni. E di cosa meravigliarsi, d’altra parte?