di ROMANO BRACALINI
L’Unità chiude ma forse no. Renzi assicura: ”La riapriremo”. Il conto del fallimento lo manderà a noi. L’Italia è il solo paese in Europa e in Occidente dove i giornali di partito, che nessuno legge (e l’Unità è nel mazzo), vengono foraggiati dallo stato, cioè da noi che dobbiamo scucire per sostenere anche le idee contrarie alle nostre. Antonio Gramsci, con straordinario tempismo, fondò l’Unità nel 1924, due anni dopo l’avvento del fascismo; l’anno dopo (1925) Mussolini chiuse tutti i giornali d’opposizione. Per la verità qualche giornalista e intellettuale, che sarebbero diventati comunisti a babbo morto, furono dichiaratamente fascisti (il giornalista Davide Lajolo, lo storico Enzo Santarelli); ma distinguere tra fascista e comunista era solo una questione semantica. Oggi l’Unità chiude, ma che dovrebbe fare un giornale che non vende e costa milioni alla collettività? Dichiarare fallimento e chiudere i battenti!
Dopo che Eugenio Scalfari aveva arruolato i “migliori” per la Repubblica”, all’Unità è rimasta, tra gli altri, tale Maria Novella Oppio, inacidita zitella e dalla foto si capisce il perché. Tempi migliori quando l’Unità stava dalla parte dell’URSS e sputava veleno contro l’imperialismo occidentale. Nella campagna di propaganda non un dubbio, non un tentennamento. Quando Stalin morì nel 1953, Togliatti scrisse sull’Unità: ”Giuseppe Stalin è un gigante del pensiero e dell’azione. Con il suo nome verrà chiamato un secolo intero”. Scoccimarro non fu da meno: ”Scompare con Stalin un gigante del pensiero e dell’azione, una di quella figure che hanno impresso un’orma che nessuno potrà cancellare”. Le azioni erano note. L’Unità coronata d’alloro e drappi neri: ”I comunisti e i lavoratori italiani, inchinano le loro bandiere dinanzi al Capo (maiuscolo) dei lavoratori di tutto il mondo, al difensore della pace (sic), al costruttore della società socialista, all’Uomo (maiuscolo) che più di tutti ha fatto per la liberazione e il progresso del genere umano”. La menzogna eretta a sistema.
In una intervista al Corriere, Emanuele Macaluso, dirigente storico del PCI, ex direttore dell’Unità, approdato al riformismo, col solito ritardo, diceva due cose che si contraddicevano: ”Non è vero che la storia dei Gulag sia ancora un tabù a sinistra, ma è vero che ai tempi del PCI non ci fu il coraggio di trarre le conseguenze dalla condanna dei campi di internamento sovietici per non rompere con il PCUS”. Macaluso non si accorgeva dell’evidente stonatura. Non fu un tabù ma il PCI mancò di denunciarli! Se non è zuppa è pan bagnato. Tutta la storia comunista passa attraverso questa contraddizione. Nella polemica antiamericana (4 luglio 1948), Giancarlo Paletta sull’Unità scriveva: ”Non abbiamo nulla da imparare dai banditi imperialisti, dai banditi dell’imperialismo americano (…) I loro trattori potranno avere una vernice migliore. Ma dietro i nostri trattori c’è una società nuova, c’è una società sana, c’è una società senza sfruttati e senza sfruttatori”. Palmiro Togliatti al Comitato Centrale del PCI, dicembre 1949: ”L’anticomunismo sta diventando il marchio dei deficienti”.
L’Unità d’oggi non ha perso il vizio di ricorrere all’antropologia e alle teorie lombrosiane per insultare i nemici.
Gastone Manacorda, recensendo il libro “Fascismo e anticomunismo”, di Lucio Lombardo Radice, sosteneva la tesi che “l’anticomunismo è antidemocrazia”. Del resto nel 1956 quando i cari armati sovietici schiacciarono l’insurrezione ungherese, Giorgio Napolitano, il presidente che ci meritiamo, non ebbe dubbi da che parte stare, sempre in virtù dell’assioma che “l’anticomunismo era antidemocrazia”, e di converso che il “comunismo era democrazia”. Non solo ma quell’occasione disse che l’URSS aveva salvato la pace mondiale. Quando a Roma si svolse una manifestazione contro la ministra dell’Istruzione, Moratti, con tutti i bambini intruppati in corteo e qualcuno ebbe da ridire, l’on.Ranieri, responsabile scuola dell’allora DS, alla TV disse senza scomporsi che i bambini alle manifestazioni politiche li aveva sempre visti. Certo, nelle dittature, fascista o comunista non importa. Il fascismo aveva i balilla, e dall’altro cantone Stalin aveva i pionieri. I regimi autoritari, di destra e di sinistra, come l’orco cattivo, hanno sempre fatto strage d’innocenza. Del resto i dittatori hanno sempre amato i bambini. Specialmente gli orfani.
L’Unità chiude? Stendiamo un velo pietoso sul servizio che ha reso alla democrazia e alla verità. Ma soprattutto non fateci ancora una volta pagare il conto!
Non ho mai acquistato l’unità.
Ho sempre percepito, fin da ragazzetto, che il comunismo era un cancro maligno.
Il finanziamento pubblico ai giornali di partito e agli altri giornali va abolito.
Se il prodotto piace l’azienda sopravvive.
Diversamente che chiudano.
Ci si può informare in mille modi nella società attuale.
Spezzo una lancia in favore de “L’Unità”: son contento che abbia chiuso – a mai più rivederci! – eppure era ancora la più… innocua. Il lupo travestito da lupo. Spero che il “contagio” si diriga verso i giornaloni. Quelli sono i peggiori: servi della peggior specie, boriosi, hanno il coraggio di inalberarsi quando uno li definisce propaganda di regime.