di REDAZIONE
Il libertarismo è spesso indicato come una teoria politica meritocratica. L’idea alla base di questa attribuzione è che il libero mercato premi i meritevoli. In quest’ottica un povero sarebbe tale per demerito, e la ricchezza sarebbe tanto maggiore quanto maggiore il merito di ciascuno.
Nonostante questa idea, di tanto in tanto, venga sostenuta anche da chi libertario si ritiene, l’associazione della meritocrazia al libertarismo non ha alcun senso.Per citare uno dei grandi padri del libertarismo contemporaneo, Robert Nozick: “A capitalist society does not satisfy the principle of distribution “to each according to his merit or value.” Apart from the gifts, inheritances, and gambling winnings that occur in a free society, the market distributes to those who satisfy the perceived market-expressed demands of others, and how much it so distributes depends on how much is demanded and how great the alternative supply is”.
Il fraintendimento nasce dalla vaghezza del significato attribuito al termine merito. Con il termine merito, in genere, ci si riferisce alle caratteristiche di un’azione che la rendono degna di lode e ammirazione. Si ritiene che a ciò debba far seguito un riconoscimento. Questa caratteristica, però, non è assolutamente propria del libero mercato. Si può essere essere dei virtuosi nello svolgere qualunque compito, ma il mercato non bada a questo.
Si premia, invece, chi propone un bene o un servizio che altri richiedono, e lo propone a un prezzo che sia appetibile. Immagino che costruire una suppellettile a mano, artigianalmente, possa essere molto complesso e richieda delle capacità significative. Ma se quella stessa suppellettile viene realizzata industrialmente e a costi minori, quasi sicuramente i potenziali acquirenti preferiranno un prodotto di qualità inferiore ma di costo più accessibile. Paradossalmente, se il merito nasce dal superamento di difficoltà, dallo sforzo, dall’affrontare avversità per raggiungere un obbiettivo, per quanto possa apparire controintuitivo ai critici del libertarismo, chi si confronta col mercato cercherà di minimizzare le condizioni in cui il merito diventi determinante, essendo queste condizioni sfavorevoli ad una produzione di beni o erogazione di servizi efficiente. Se proprio si devono scavare buche, le si dovrà scavare nel modo più efficiente, non in quello più meritorio. La parola chiave, in questo contesto, non è merito, ma produttività.
Per evitare fraintendimenti, ciò non significa che un libertario non riconosca il merito come un valore, ma, esclusivamente, che il successo economico e l’avanzamento sociale non sono, in un’ottica libertaria, determinate dal merito.
Un aspetto che mi sembra curioso è legato allo scritto di Nozick da cui ho tratto la citazione riportata: “Why Do Intellectuals Oppose Capitalism?”. Uno scritto ironico e un po’ giocoso, ma che mette in evidenza che proprio il fraintendimento, la falsa promessa del merito come motore dell’avanzamento sociale provoca attese che non possono essere soddisfatte e genera la propensione dell’intellettuale a un sordo risentimento nei confronti dell’ingiusta società capitalista.
No, un libertario non considera la povertà come un segno di inferiorità né la ricchezza come un titolo di merito, e il responso del mercato non è quello di un’ordalia.
…a meno che per “merito” non si intenda appunto “capacita’ di produrre qualcosa al prezzo che altri sono disposti a pagare.
in piu, ad esempio, produrre a costi inferiori permette anche al piu’ “povero” di avere risorse e servizi prima riservati solo ai piu’ “ricchi”. Da qui arriva l’elevamento sociale anche dei piu’ poveri, in un sistema libertario.
Chi “merita di meno” non viene lasciato fuori, anzi, beneficera’ comunque, e direttamente, di chi ha “merito”.