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Miglio e i rimproveri ai lombardi: basta delegare il potere!

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di CLAUDIO FRANCO Cercare di riassumere un saggio di Gianfranco Miglio, quale è “Vocazione e destino dei lombardi”, è quasi come commettere un delitto. Solo la visione del testo integrale (si può trovare in appendice al suo “Io, Bossi e la Lega” o come introduzione a “La Lombardia moderna (Civiltà di Lombardia)” - pubblicato nel 1989) può evitare la perdita di quei caratteri che, oltre naturalmente al contenuto, rendono questo brano tanto piacevole a leggersi: la scorrevolezza del testo, la profonda erudizione (sempre presente ma mai sfoggiata), la magistrale chiarezza. In questo frangente Miglio si dà l’obiettivo di dimostrare che ”la terra lombarda non genera uomini di Stato”: per raggiungerlo, ci accompagna attraverso i secoli, mostrandoci come nei vari frangenti i lombardi non abbiano mai prediletto il fare politica, preferendo di gran lunga il dedicarsi agli affari e delegando quindi ad altri (il Signore, gli spagnoli, gli austriaci, gli italiani
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