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Miocarditi, pericarditi e la barbarie mediatica

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di PIER GIORGIO MOLINARI

Una gazzetta italiana afferma che la possibilità di avere una grave reazione avversa in seguito al vaccino è simile a quella di essere colpiti da un fulmine. A sostegno di questa perentoria affermazione, cita uno studio americano secondo il quale su due milioni di somministrazioni vi sarebbero stati 20 casi di miocardite e 37 di pericardite.

Il ragionamento pare filare. In effetti, uno ogni trentacinquemila sembrerebbe poco (sperando, naturalmente, che la terza e quarta dose siano innocue). Si dá però il caso che, nella fascia di età tra i 12 e i 30 anni, quella dove sono concentrate queste reazioni avverse, la possibilità di morire per il covid sia praticamente nulla.

Si ritiene dunque normale che persone in salute possano contrarre delle malattie, le cui conseguenze vanno da un’indisposizione di diversi mesi alla morte, a fronte di nessun pericolo? Fino a qualche mese fa si sarebbe detto di no.

Se un giovane di sedici anni o una ragazza di ventidue fossero deceduti in seguito a un trattamento sanitario quasi obbligatorio, vi sarebbero state violente proteste. La sola idea che una cosa del genere potesse accadere avrebbe suscitato un’ondata di sdegno.
Oggi non è così. L’ eventualità che un giovane muoia gratuitamente non sembra turbare nessuno. Nemmeno i suoi genitori.

Si accetta tranquillamente che, nella sola provincia di Treviso, dove la classe d’età tra i 12 e i 35 comprende duecentomila persone, cinque o sei giovani rischino una malattia permanente o addirittura la morte. A qual fine, poi, visto che il vaccino, come è stato detto e ripetuto, non impedisce di contagiare, non è dato sapere.

A questo livello di barbarie ci ha ridotto il bombardamento mediatico in corso da venti mesi.

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