di MATTEO CORSINI
Warren Mosler, uno dei guru della Modern Money Theory (MMT), è stato intervistato dal Sole 24 Ore; non un trafiletto da due domande, ma una intera pagina. D’altra parte, che in Italia piaccia l’idea che esista una via alla prosperità fatta di creazione di denaro dal nulla per monetizzare la spesa pubblica non è una novità. E sul giornale di Confindustria si appoggiava a denti stretti la necessità di contenere il deficit quando non c’era alcuna sponda a livello europeo per sostenere il contrario.
Ma la sospensione delle norme sulla finanza pubblica inaugurata lo scorso anno con la diffusione del Covid-19 ha risvegliato il keynesismo peninsulare dei cari vecchi anni Settanta. E, a onor del vero, la MMT sta vivendo il suo momento di gloria, dato che è stata praticata ampiamente nell’ultimo biennio, ancorché senza che ciò sia riconosciuto in modo esplicito, quanto meno dalle banche centrali.
Le quali devono mantenere l’etichetta formale di indipendenza e devono continuare a far credere che operano per conseguire la stabilità dei prezzi. Una versione a cui, tra l’altro, finge di credere quella larga fetta di operatori economici e dell’informazione che trae benefici dalla politica monetaria/fiscale in stile MMT.
Secondo Mosler, in Europa la lezione è stata capita e “non ci sono più rischi nel lasciar fluttuare il deficit”. Ora, fluttuare presupporrebbe un alternarsi di espansioni e contrazioni, mentre in pratica per i fautori della MMT la fase di riduzione del deficit è puramente teorica, perché il tempo per porta in essere non è mai quello giusto. Mosler sostiene anche che “tutti gli effetti negativi che si temeva potessero scaturire dall’aumento del deficit non ci sono stati”.
Lo sostiene osservando il livello dei tassi di interesse. I quali è ben difficile che possano salire in un contesto in cui le banche centrali acquistano più titoli di Stato di quanti ne sono emessi. Tuttavia il problema è che la quantità di debito che continua ad accumularsi è un multipli della ricchezza prodotta, il che significa che le cose non vanno poi così bene, in prospettiva.
E’ vero che Fed e Bce impiegheranno molto più tempo a essere messe in discussione rispetto alla banca centrale dello Zimbabwe o del Venezuela, ma è del tutto privo di senso pensare che si possa andare avanti all’infinito a monetizzare spesa pubblica, perché prima o poi la percezione che il denaro creato non abbia più alcun valore si diffonderebbe ovunque.
Sarebbe quindi meglio evitare di continuare a illudersi che esista una via monetaria alla prosperità, perché, se così fosse, la povertà sarebbe stata sconfitta ovunque da secoli. Temo, peraltro, che i venditori di balsamo di tigre non rimarranno mai senza acquirenti.