di MATTEO CORSINI
Quando fu lanciato il Superbonus 110% venne resa possibile anche la libera circolazione dei crediti d’imposta connessi. Questo rendeva possibile alle imprese operare mediante lo sconto in fattura, con interventi (spesso) a costo zero per i committenti. Le imprese poi vendevano in tutto o in parte i crediti, per lo più a banche, le quali potevano utilizzarli oppure rivenderli.
Un meccanismo del genere rende praticamente certo l’utilizzo dei crediti d’imposta, quindi il corrispondente calo di gettito per l’erario. In sostanza i crediti d’imposta liberamente circolabili diventano una moneta fiscale, parallela a quella emessa dalla banca centrale. È (o dovrebbe essere) lampante che uno strumento del genere, riducendo le entrate fiscali, genera un aumento del deficit a parità di spesa pubblica e una accumulazione di debito.
I fautori della moneta fiscale sostengono però che lo stimolo all’attività economica genera un aumento del Pil, e di conseguenza di gettito fiscale, superiore alla riduzione di gettito connessa alla moneta fiscale. In sostanza una moltiplicazione dei pani e dei pesci che risolverebbe il problema della finanza pubblica, eliminando il vincolo di bilancio.
Il problema è che i conti non tornano, e proprio l’episodio del Superbonus dovrebbe fornire una dimostrazione empirica abbastanza convincente. Non a caso il governo in carica ha progressivamente eliminato la circolazione dei crediti d’imposta, per cercare di limitare i danni, comunque enormi. Tutto questo è bastato a far cambiare idea ai fautori della moneta fiscale? Certo che no.
E allora ecco Giovanni Scanagatta e Stefano Sylos Labini indicare ancora una volta l’uso della moneta fiscale (crediti d’imposta trasferibili) come via all’incremento del Pil tale da abbassare il rapporto tra debito e Pil agendo sul denominatore.
“Certamente la riduzione dei tassi di interesse sarebbe benefica per la nostra economia poiché spingerebbe la domanda di mutui e di prestiti a famiglie e imprese oltre a ridurre l’onere del debito pubblico, aprendo spazi di interventi sul lato della spesa e delle tasse. Ma la Bce si sta muovendo con una prudenza e una lentezza eccessiva di fronte al calo dell’inflazione ormai previsto da tutti gli analisti“, osservano Scanagatta e Sylos Labini.
Par di capire che non si utilizzerebbe la minore spesa per interessi per ridurre il deficit, ma a deficit invariato. E siccome i Paesi del Nord non ne vogliono sapere di fare debito comune, occorre arrangiarsi. E allora come fare per ridurre il rapporto tra debito e Pil?
“Se consideriamo l’approvazione recente della direttiva sulle case green che ci impone di ristrutturare il patrimonio immobiliare per aumentarne l’efficienza energetica, questa può essere una grande opportunità per creare reddito e occupazione. Ma il problema riguarda le modalità di finanziamento e allora bisognerebbe riflettere meglio sulle conseguenze importanti degli sconti fiscali ai fini degli investimenti e della crescita del reddito. In un report recente il «Financial Times» ha sottolineato che l’economia italiana ha registrato la migliore performance post Covid fra tutte le economie europee grazie alla spinta del settore edilizio.” Peccato che l’impatto a scoppio ritardato sul debito sarà tutt’altro che indolore.
Ma perché non riprendere a usare i crediti fiscali trasferibili? Lo fanno anche gli americani.
“Lo strumento dei crediti fiscali trasferibili ora inizia ad essere usato anche negli Stati Uniti per finanziare la transizione ecologica. I crediti d’imposta federali per l’energia pulita sono stati resi trasferibili dall’Inflation Reduction Act, varato nell’agosto del 2022. Si prevede che l’interesse per questa tipologia di crediti d’imposta continuerà per tutto il decennio: JPMorgan prevede che i crediti trasferibili saranno il motore principale degli investimenti con incentivi fiscali.“
Forse Scanagatta e Sylos Labini non si sono accorti che le finanze federali degli Stati Uniti sono in un trend di deterioramento da anni Ottanta italiani. Il Pil viene drogato, ma non avviene nessun miracolo e il debito aumenta più del prodotto. A conferma che i pasti gratis prima o poi qualcuno li deve pagare.